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Macron fa la corte ai cacciatori per contenere i gilet gialli

Mauro Zanon

Un libro racconta il patto clandestino e molto politico che ha permesso al presidente francese di strappare un corposo bacino elettorale alla destra conservatrice

Parigi. Nessun presidente della Quinta Repubblica prima di Emmanuel Macron aveva mai assistito alla cerimonia del tableau de chasse, l’esposizione dei trofei di caccia alla fine di una battuta, rituale monarchico per eccellenza.

  

 

Nessuno, soprattutto, lo aveva fatto al castello di Chambord, la residenza costruita da Francesco I nella prima metà del Sedicesimo secolo per poter organizzare grandi battute di caccia nel cuore della Loira e sfruttare i 5.400 ettari della tenuta. Ma se Macron, il weekend del 15 dicembre 2017, decise di andare proprio lì, a Chambord, per festeggiare i suoi 40 anni, non è stato soltanto per curare la postura monarchica cui tanto tiene, in barba alle critiche acide di una certa sinistra, ma anche per ingraziarsi un corposo bacino elettorale che gli sarebbe servito durante tutto il quinquennio: quello dei cacciatori, con cui l’attuale presidente strinse un “patto segreto”, come scrive Emilie Lanez nel suo ultimo libro “Noël à Chambord” (Grasset).

 

In quel weekend di due anni fa, Macron, facendo gli occhi dolci alla potentissima Fédération nationale des chasseurs (Fnc) e al suo istrionico presidente, Willy Schraen, si assicurò la simpatia elettorale degli 1,2 milioni di cacciatori che posseggono una licenza valida in Francia e le molte centinaia di migliaia che considerano la caccia una tradizione intoccabile (è il terzo hobby preferito dai francesi, dietro il calcio e la pesca). Emilie Lanez, non a caso, parla di “patto di Chambord”, descrivendolo come un patto clandestino e molto politico che ha permesso a Macron di intascarsi un elettorato che abitualmente vota per la destra conservatrice, e di cui l’inquilino dell’Eliseo si è servito astutamente per contenere la valanga dei gilet gialli, che avrebbe potuto fare più danni.

  

Su quest’ultimo punto è lo stesso Willy Schraen a dichiarare all’autrice del libro che il periodo buio dei gilet, l’autunno del 2018, sarebbe stato molto più violento, e addirittura sanguinoso, se non avesse convinto i cacciatori a non andare a manifestare. Nel novembre 2018, al culmine della protesta, il presidente della Fnc riceve centinaia di chiamate da parte dei suoi iscritti che si dicono pronti a occupare le rotatorie. “Se non li avessi stoppati subito, sarebbero stati in 500mila sulle rotatorie e ci sarebbero stati dei tipi armati. Ho parlato e scritto molto, i miei ragazzi erano tutti gilet gialli all’inizio, tutti. Ma avevano anche dei fucili”, ha detto Schraen alla giornalista. Macron, insomma, aveva capito subito l’importanza di diventare “l’amico dei cacciatori”, grazie anche ai preziosi consigli del suo fedele Thierry Coste, il lobbysta dei cacciatori, uomo della ruralità con ottime entrature in tutti i circoli che contano. Tra l’altro, fu proprio la presenza di Coste a una riunione all’Eliseo a mandare fuori di senno Nicolas Hulot, l’ex ministro dell’Ambiente e nemico numero uno dei cacciatori, e a spingerlo alle dimissioni, come raccontato dal Figaro. I cacciatori, sottolinea Emilie Lanez nel suo libro, hanno aiutato Macron anche alle elezioni europee, dando in maggioranza il loro voto alla lista della République en marche guidata da Nathalie Loiseau. 

  

Il presidente francese, oltre a salutare il contributo della caccia tradizionale alla biodiversità, a dirsi favorevole a tutte le forme consentite compresa la vénerie (caccia a cavallo) e ad affermare che fa parte del patrimonio nazionale – “fa parte del nostro stile di vita, è un legame con la nostra letteratura e le nostre tradizioni”, ha dichiarato nel febbraio 2018 – ha fatto anche molte cose concrete per migliorare la vita dei cacciatori: ha dimezzato il costo annuale della licenza di caccia, da 400 a 200 euro, ha introdotto il reato di disturbo all’attività venatoria (si rischia fino a un anno di carcere e una sanzione pecuniaria di 30mila euro) e ora, nel quadro della futura riforma della caccia, è pronto a ufficializzare la nascita dell’Ufficio nazionale della biodiversità, di cui faranno parte gli ecologisti, gli agricoltori ma anche i cacciatori. È l’amore tra Jupiter e Artémis, scrive la stampa parigina.

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