Luglio 2014, militari filorussi pattugliano i resti del Boeing MH17 della Malaysia Airlines

Le voci del Cremlino e le ultime prove contro Mosca sull'abbattimento del volo MH17

Micol Flammini

Le intercettazioni sul “mandato” della difesa russa

Roma. Le indagini sull’abbattimento nel 2014 del volo MH17 della Malaysia Airlines nell’Ucraina orientale diventano sempre più precise. Hanno rivelato prima la nazionalità del missile che colpì l’aereo, era russo. Poi i nomi dei responsabili, tre russi legati ai servizi di intelligence e un separatista ucraino. Giovedì i pubblici ministeri hanno pubblicato le conversazioni telefoniche che collegano i combattenti del Donbass coinvolti nell’abbattimento a funzionari molto vicini al Cremlino. La commissione ha concluso che le chiamate “hanno mostrato che i leader del gruppo armato” della Repubblica popolare di Donetsk hanno “portato avanti contatti con i funzionari del governo russo in merito al sostegno militare russo”, che sia Mosca sia i ribelli dell’est dell’Ucraina hanno sempre negato. Le telefonate sono con Vladislav Surkov, uno dei collaboratori più stretti del presidente russo, si sentono discussioni su “un mandato” del ministro della Difesa, Sergei Shoigu, e di azioni di coordinamente con l’Fsb, i servizi segreti. Nelle chiamate i ribelli definiscono Surkov “il nostro uomo al Cremlino”, parlano di equipaggiamenti, di munizioni, di aiuti militari da concordare con l’intelligence, di ordini da eseguire.

    

I progressi del gruppo investigativo Jit stanno delimitando un cerchio attorno a Mosca e aprono alla possibilità di nuove indagini che portano a un passo dal Cremlino e escludono che tra la Russia e i separatisti delle repubbliche filorusse di Donetsk e Lugansk non ci fosse alcun legame. I nuovi elementi forniti potrebbero complicare i colloqui di pace tra Vladimir Putin e il suo omologo ucraino Volodymyr Zelensky. I due hanno manifestato volontà di apertura forti, Zelensky, prima di venire risucchiato dalla telefonata con Donald Trump e dalla richiesta “do me a favor”, era disposto a molto pur di liberare la parte orientale del paese dal guerra. A settembre, durante uno scambio di prigionieri, aveva anche acconsentito a consegnare a Mosca Volodymyr Tsemach, separatista coinvolto nell’abbattimento del volo. Secondo diversi analisti, la decisione di rilasciare le conversazioni in questo momento, conversazioni che sfiorano, toccano e coinvolgono alcuni degli uomini più vicini al presidente russo, riflette la volontà di aumentare la pressione su Mosca.

   

Su quel volo che il 17 luglio viaggiava da Amsterdam a Kuala Lumpur morirono 298 persone, il processo comincerà il 9 marzo all’Aia e molto probabilmente si svolgerà nell’assenza dei quattro incriminati, la Russia non ha intenzione di cederli e la pubblicazione di conversazioni che rivelano che la vicinanza e la collaborazione dei separatisti con funzionari come il ministro della Difesa sono il tentativo di imbarazzare Mosca. Di costringerla a una resa o alla collaborazione. In questi anni, nonostante le pressioni, le accuse, le incriminazioni, la Russia ha continuato a far finta di nulla e forse a riassumere bene il senso di immunità, di protezione nonostante tutto – nonostante le prove, la rabbia, le vittime – ci ha pensato Oleg Sentsov, regista ucraino, originario della Crimea, incarcerato in Russia con l’accusa di terrorismo e scarcerato durante lo scambio di prigionieri di settembre.

   

Sentsov a Londra ha cercato di descrivere il concetto di Unione sovietica 2.0 che Vladimir Putin è riuscito a erigere negli anni. Di questo progetto fanno parte la bugia istituzionalizzata e una forte propaganda che rende l’evidenza irrilevante. Sentsov, invitato a parlare in Gran Bretagna, non si riferiva all’abbattimento del volo, ma al caso di Sergei Skripal, l’ex spia avvelenata con un agente nervino all’inizio dello scorso anno da due agenti del Gru, l’intelligence militare russa. Possono esserci le prove, ma nessuno ci farà caso. L’Mh17 è stato abbattuto da un missile russo, dietro al coordinamento di funzionari russi. Manca il nome di chi ha premuto il pulsante, ma la commissione internazionale è a un passo dalla verità. Mosca ancora non ha commentato, ma non è detto che serva.

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