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Che fallimento la legge Schiappa antimolestie, lo dicono anche le femministe

Mauro Zanon

Solo 713 multe in dodici mesi: numeri ben al di sotto delle aspettative, nonostante il ministro parli di “risultati incoraggianti”. Tre problemi che complicano l’applicabilità del decreto

Parigi. Anche le femministe più accanite, quelle che un anno fa annunciavano la rivoluzione etica del maschio francese e la cancellazione dei molestatori dalle strade, sono costrette ad ammettere che il bilancio è terribilmente “modesto”. La legge contro le violenze sessuali e sessiste, promossa dal ministro per le Pari opportunità Marlène Schiappa ed entrata in vigore nell’agosto 2018, ha prodotto soltanto 713 multe in dodici mesi: numeri ben al di sotto delle aspettative, nonostante il ministro parli di “risultati incoraggianti”. La principale critica mossa dalle femministe francesi riguarda la difficile applicabilità della legge, dato che i molestatori devono essere colti in flagranza di reato. “Anche se i molestatori non sono molto intelligenti, di certo non agiscono davanti a un agente di polizia!”, ha tuonato Anaïs Bourdet, militante marsigliese che si è fatta un nome creando “Paye ta shnek”, piattaforma online dove dal 2012 raccoglie le testimonianze di donne vittime dei molestatori di strada. “Bisogna andare all’origine del problema, mettendo l’accento sulla prevenzione, per cambiare le mentalità fin dalle scuole elementari. Altrimenti è soltanto un piccolo cerotto su una ferita aperta”, ha aggiunto la Bourdet. Per lei, come per le altre vestali del femminismo d’oltralpe, la legge Schiappa è stata più una trovata di “comunicazione” da parte del governo che un solido tentativo di risolvere il problema delle molestie. “Le cifre di queste verbalizzazioni non devono diventare le cifre ufficiali che servono a quantificare il fenomeno”, ha sottolineato la fondatrice di “Paye ta shnek”, un fenomeno molto più diffuso delle 713 multe, da 90 a 1500 euro, inflitte ai molestatori.

 

L’altro problema avanzato dagli scettici della prima ora è legato al significato di “oltraggio sessista”, che dalle cinque deputate gosciste all’origine del testo era stato descritto così lo scorso anno: “comportamento che costituisce un attacco alla libertà di circolazione delle donne negli spazi pubblici e arreca un danno alla stima di sé e al diritto alla sicurezza”. Una definizione molto nebbiosa – anche un fischio o un complimento al fisico può essere passibile di ammenda – che naturalmente ha creato molti problemi alla polizia del costume sguinzagliata dalla Schiappa in giro per le città. “Il presidente vuole creare un reato di oltraggio sessista. E che ne sarà dei pensieri lubrichi e gli sguardi concupiscenti?”, attaccò Elisabeth Levy, direttrice di Causeur, quando la legge non era ancora stata approvata, suscitando reazioni stizzite da parte della gauche. Ora, però, è una parte di quella stessa sinistra a salire sul suo carro, constatando l’inefficacia del provvedimento firmato dalla Schiappa.

 

Come sottolineato dal Monde, c’è anche un terzo problema a complicare l’applicabilità della legge antimolestie: il comportamento passivo dei testimoni delle aggressioni. Per provare a compensare questa passività, alcune militanti femministe hanno lanciato nel 2016 un’applicazione per smartphone battezzata “HandsAway”, giù le mani. Applicazione che permette a una donna di lanciare l’allarme attraverso il sistema di geolocalizzazione e di avvertire gli utilizzatori che si trovano nelle vicinanze della presenza di un molestatore. Secondo quanto spiegato dal Monde, la vittima può ricevere dei messaggi di sostegno o un aiuto fisico grazie all’applicazione che oggi conta circa 40 mila iscritti. Quantomeno, è un tentativo realistico di lotta contro le molestie. Il bilancio deludente della legge Schiappa dà invece ragione a chi parlava di provvedimento “utopistico”.

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