Nel gorgo di Hormuz. I Pasdaran sequestrano una petroliera inglese

Gabriele Moccia

Perché la guerriglia navale e aerea tra Stati Uniti e Iran nello Stretto trascina il petrolio e inguaia l’Europa

Roma. L’aria di guerra attorno a uno dei principali nodi geopolitici globali, lo Stretto di Hormuz, porta l’attenzione sulla contesa commerciale per il controllo del mercato petrolifero, che, al di là del continuo braccio di ferro navale, è il bottino della strategia dei due principali attori in campo, Stati Uniti e Iran. Parlando in occasione della festa nazionale dei lavoratori, il presidente iraniano Hassan Rohani non poteva essere più chiaro: “L’Iran continuerà a esportare petrolio e gli Stati Uniti scopriranno che è un errore pensare che le esportazioni di greggio iraniano possano essere fermate”.

 

  

Un appello rivolto all’Opec, il principale cartello dei paesi produttori di petrolio, accusato proprio da Teheran, che ne fa parte, di avere assunto una linea schiacciata sulle posizioni di Arabia Saudita ed Emirati arabi che vorrebbero definitivamente azzoppare la capacità produttiva petrolifera degli ayatollah con la sponda esterna di Washington. Al contrario, Teheran è tornata a poter contare sull’appoggio del suo alleato più importante, la Russia. Mosca, in una nota del ministero degli Esteri, ha chiesto a tutti i paesi di ignorare l’inasprimento delle sanzioni americane contro l’Iran, continuando a comprare prodotti iraniani, soprattutto energetici. Una posizione rafforzata dalle indiscrezioni riportate dal Financial Times, secondo cui il Cremlino avrebbe segnalato alle cancellerie di Berlino e Parigi la sua disponibilità ad aderire a Instex, il veicolo europeo costituito nei mesi scorsi per alimentare i traffici commerciali non energetici tra l’Unione europea e l’Iran.

 

Nonostante gli auspici del ministro dell’Economia francese, Bruno Le Maire, Instex non è mai decollato davvero. Uno degli aspetti più dibattuti riguarda l’uso di Instex per regolare gli scambi energetici, a partire dagli idrocarburi. Mentre Washington vedrebbe l’ipotesi come un atto ostile, al momento Bruxelles pare non considerarla così remota. Nei giorni scorsi, Nathalie Tocci, consigliere speciale dell’Alto rappresentante per la politica estera Ue, Federica Mogherini, in un’intervista al canale televisivo Euronews, ha riferito come l’idea sia quella di creare un triangolo tra l’Unione e la Russia, per permettere all’Iran di esportare risorse energetiche in Russia, che sarebbero poi contrattate attraverso Instex, consentendo così l’esportazione dei prodotti europei in Iran.

 

Ma proprio nelle ore in cui si decidono le sorti del nuovo assetto istituzionale dell’Unione europea alcuni stati membri, tra i quali la Polonia e l’Italia, sembrano voler rallentare, come è emerso nel corso dell’ultima riunione del Consiglio affari esteri. Se Instex può rappresentare nel medio periodo un elemento di attrito nei rapporti tra Stati Uniti e Vecchio continente, il gorgo di Hormuz potrebbe fare esplodere il mercato petrolifero nei prossimi giorni. Provocazioni militari corrono lungo entrambi i lati dello Stretto.

 

Giovedì è stato abbattuto un drone iraniano da parte della portaelicotteri americana Uss Boxer e venerdì sera i Pasdaran hanno annunciato il sequestro e dirottamento della petroliera inglese Stena Impero. L’allarme l’ha lanciato il capo dell’Agenzia internazionale dell’energia, Fatih Birol, “significativamente” preoccupato per le tensioni geopolitiche regionali sullo Stretto. Un report di S&P Global Platts, ha criticato l’approccio militare delle potenze occidentali, come gli Stati Uniti e il Regno Unito: la soluzione non è quella di riempire lo Stretto di navi militari, ma avviare l’esplorazione di nuove rotte per fornire alternative pacifiche a questo passaggio strategico di sole 21 miglia dominato dalle Guardie della rivoluzione islamica.