Guaidó e Maduro si fanno la guerra anche con la musica

I sostenitori del presidente dell'Assemblea nazionale organizzano il Venezuela Aid Live. Quelli del dittatore si riuniscono al concerto “Manos fuera de Venezuela”

Maurizio Stefanini

Da sempre Maduro ha problemi con la musica. Già quando nell’estate del 2017 scoppiò la rivolta della Guarimba, a sostegno dell’erede di Chávez si schierarono gente del calibro di Oliver Stone e Diego Armado Maradona, mentre dalla parte dei ribelli si pronunciarono diverse pop star come Juanes, Miguel Bosé, Shakira, Rubén Blades. Ora anche nello scontro con Guaidó, Maduro ha avuto dalla sua parte un appello di 70 intellettuali promosso dal noto linguistica – e ancor più noto No Global – Noam Chomsky. Per il presidente dell’Assemblea nazionale, invece, ci sono Miguel Bosé (di nuovo) e poi Alejandro Sanz, Juan Luis Guerra, Aracely Arámbula, Don Omar, Carlos Ponce, Olga Tañón, David Bisbal, Maluma, Sebastián Yatra, Luis Fonsi, Daddy Yankee.

   

Proprio sul fronte musicale il magnate Richard Branson, fondatore del Virgin Group e filantropo, ha annunciato un concerto a sostegno dell'ingresso degli aiuti umanitari in Venezuela. Nome: Venezuela Aid Live. Il luogo è Cúcuta, la città di confine in Colombia che è uno dei punti in cui gli aiuti umanitari si stanno accumulando, bloccati dal regime di Maduro. Data prevista: venerdì 22 febbraio, il giorno prima che si scateni la “valanga umanitaria” promessa da Guaidó. “Il regime di Nicolás Maduro, responsabile di questa crisi, rifiuta che l’aiuto entri al paese”, ha spiegato Branson, che agisce su richiesta di Guaidó e di Leopoldo López, ancora prigioniero politico. “Dobbiamo interrompere questo vicolo cieco o molti venezuelani si ritroveranno al limite dell’inedia e della morte”. Alejandro Sanz è stato tra i primi a dare la sua disponibilità. Ci sarà gran parte del Gotha della musica latina: Paulina Rubio, Camilo Echeverri, Maluma, Carlos Baute, ‘Cholo’ Valderrama, Reinaldo Armas, Gussi, José Luis Rodríguez ‘El Puma’, Carlos Vives, Luis Fonsi, Nacho, Ricardo Montaner, Lele Pons, Fonseca, Maná, Juanes, Anitta, Mau y Ricky, Danny Ocean, Alesso Dj, Marko, Rudy Mancuso. Ma la più attesa è una outsider: Reymar Amoroso, espatriata venezuelana che ha raccontato la dolorosa vicenda della sua emigrazione nella canzone “Me fui”. Una canzone dal testo allo stesso tempo tenero e violento, fino alla volgarità. Una libera traduzione potrebbe essere:

 

“Costringevo i miei occhi a non vedere la realtà/ creando scuse per non ascoltare/ mi facevo scudo, non reagivo/ ma presto o tardi dovevo andarmene/ e mia madre mi aiutò al vuoto mi lanciò/ mi disse: mia bellina è con buona intenzione/ perché sono tua madre e voglio vederti volare alto/ e non lo farai se ti tengo tra le mie braccia/ e io dicevo: come cazzo si fa?/ lasciare la mia casa, la mia famiglia, i miei affetti/ lasciare la mia terra e i miei amici/ perché non tutti vengono con me/ e io piansi, gridai e protestai/ ma la vita mi fece capire/ io presi la mia chitarra e il mio bagaglio/ e dissi: Maduro vattene affanculo!”.

 

 

Invece di accogliere l’invito, il presidente venezuelano prova a rispondere a tono, cioè anche lui in musica. “Manos fuera de Venezuela” è il concerto da lui annunciato per giovedì e venerdì alla frontiera con la Colombia, al ponte Simón Bolívar. Lo scopo non è solo quello di fare concorrenza all’evento di Cúcuta, ma anche quello di anticiparlo di un giorno. “Abbiamo accolto una proposta di una grande quantità di artisti venezuelani che hanno chiesto di fare un incontro culturale, un grande concerto per la pace, per la vita”, ha annunciato il ministro dell’Informazione, Jorge Rodríguez, parlando al canale tv di stato Vtv. Non ha però spiegato chi saranno i cantanti presenti, il che lascia intendere che non ci saranno nomi di grandissimo richiamo.

 

D’atra parte, è la rivolta contro Maduro che sta producendo una grossa effervescenza musicale. Da uno slogan di Guaidó, ad esempio, con l’apporto di musica, parole e voci del presentatore Daniel Somaro, della cantante folk Fátima Sulbarán, del rapper Rafa TRB, del chitarrista Carlos Eduardo Arellano e dei giornalisti Sergio Novelli, Caterina Valentino y Alba Cecilia Mújica è nata “Vamos bien”, che è una specie di inno della protesta. Ovviamente assieme a “Gloria al Bravo Pueblo”, l’inno nazionale venezuelano.

 

 

Un’altra hit è quella delle “Canciones Informativas” create dal 27enne commediante, giornalista, musicista e attivista per i diritti umani Ricado Del Bufalo per aggirare i blocchi di Twitter e Instagram. Sulla stessa melodia canta alla radio le notizie del giorno che sono state censurate dal regime. 

 

Sempre ai venezuelani esuli è dedicata “Eres tú”, creata su YouTube da Jhoabeat e Manuel Rangel. Il 22enne rapper e artista plastico Legansterino ha invece scritto “Perseguido”, una canzone dedicata ai detenuti politici. Era stata composta per Jorman Ortiz, detenuto al Helicoide, famigerato centro di reclusione della polizia politica Sebin.

 

Singolare mescolanza di cultura alta e bassa è infine quella proposta della famosa pianista venezuelana di fama internazionale Gabriela Montero. La sua suonata è infatti un raffinato arrangiamento in musica del grido dei manifestanti: “Maduro coño su madre”. Cioè, appunto, “Maduro vaffanculo!”, ma anche “Maduro figlio di puttana” (le traduzioni vanno bene entrambe).

 

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