Foto tratta dalla pagina Facebook di Volodymyr Zelenski

Spettacoli, social e vaffa. Anche l'Ucraina ha il suo comico che fa politica

Micol Flammini

Volodymyr Zelenski piace ai giovani e ai filorussi ma non a Mosca

Roma. A ognuno il suo comico, a ciascun comico i suoi comizi. A ogni comizio i suoi bersagli, che più sono soggetti politici, più susciteranno rabbia, indignazione e risate incattivite. Questo copione, a noi già noto, è arrivato in Ucraina. La scorsa settimana Julia Tymoshenko ha formalizzato la sua candidatura alle elezioni presidenziali di marzo, questa volta con gli occhiali e senza treccia. Martedì è stato invece il presidente Petro Poroshenko ad assicurare la sua presenza alla corsa elettorale. Tra i due, che pensavano di essere i protagonisti indiscussi del voto, si è intromesso un personaggio che infastidisce un po’ tutti, persino Mosca. Il terzo incomodo si chiama Volodymyr Zelenski. E’ un personaggio arcinoto al pubblico ucraino non perché sia un politico, ma proprio perché di politico non ha nulla. E’ un comico, un attore che già nella finzione, in una serie televisiva dal titolo “Il servitore del popolo”, è diventato presidente, interpretando il ruolo di un professore che dopo aver pronunciato un discorso sulla democrazia e sui valori delle libertà individuali, messo sui social dai suoi studenti, si è ritrovato tra i candidati alle elezioni presidenziali. Zelenski non aveva scherzato quando il 31 dicembre aveva tolto la scena al presidente Poroshenko annunciando che, proprio come il suo eroe televisivo, si sarebbe candidato.

 

La sua campagna elettorale sta andando avanti, è forte e determinata, non ha freni, fa ridere e fa arrabbiare, è contro tutto e tutti. Contro Poroshenko, contro Tymoshenko, contro l’Europa, contro l’Fmi, contro la Russia. Senza alcuna esperienza politica, Zelenski ha guadagnato consenso con rapidità, nei sondaggi è al secondo posto rispettando quella tendenza globale che porta gli elettori a votare chi si presenta come amico del popolo e contro le élite. Qualche commentatore generoso ha accostato la figura di Zelenski a quella di Donald Trump, qualcuno, un po’ più realista, a quella di Beppe Grillo o al comico sloveno Marjan Sarec, diventato primo ministro nel 2017. Tra i suoi sponsor ci sarebbe un oligarca, Igor Kolomoiski, proprietario anche di alcuni canali televisivi che hanno trasmesso molte performance dell’attore, qualcuno ha insinuato che il vero candidato sarebbe proprio Kolomoiski, che manda avanti Zelenski per sbarazzarsi degli altri candidati. Ma dal suo atteggiamento, il comico sembra tutto fuorché un fantoccio. E negli ultimi interventi stanno anche emergendo i fronti sui quali vuole sfidare i suoi rivali. La Tymoshenko ha un elettorato solido, quindi è più semplice portare via i voti a Poroshenko e anche al candidato filorusso, Boiko. Zelenski viene dalla città di Kryvyi Rihn, nella regione orientale del Dnipro, si esprime spesso, anche nei suoi spettacoli, in lingua russa, è stato anche accusato dai nazionalisti di caricaturizzare gli ucraini e di essere uno dei fautori dell’occupazione culturale di Mosca. Dopo Euromaidan si è pronunciato contro la rottura dei rapporti con la Russia, ha denunciato la violazione dei diritti degli ucraini russofoni. Senza saltare mai sul carro dei separatisti, ha sempre prestato attenzione alla guerra nel Donbass, dove dal 2014 si scontrano ucraini e forze filorusse, sostenendo che l’unica via d’uscita sarebbe un referendum popolare, come in Crimea. Ma queste dichiarazioni, anziché far felice il Cremlino, stanno indispettendo i russi che hanno già il loro candidato da sostenere. Yuri Boiko, un uomo con poco appeal ma che garantisce a Mosca una grande tranquillità.

 

Il dopo Euromaidan, la rivoluzione ucraina dal sapore europeista che ha costretto l’ex presidente Yanukovich alla fuga, ha però rotto il legame tra classe politica ed elettori, che speravano che davvero la nazione sarebbe cambiata e avrebbe intrapreso il cammino europeo. A cinque anni di distanza la popolazione è ancora più stanca dei suoi politici, si sono accentuate le spinte populiste e le divisioni nazionaliste, l’élite politica postrivoluzionaria che ha disatteso le aspettative ha avvelenato anche il ricordo della rivoluzione, dei suoi princìpi e delle sue speranze. Non sono emersi nuovi leader nazionali, e Zelenski è la prima novità. Dopo anni di spettacoli comici e di comizi politici corrosivi contro i politici di maggioranza e opposizione, l’attore si è trasformato nel simbolo del cambiamento. Il cambiamento che pretende di arrivare dalla porta accanto rischia però, ed è già sulla strada, di inserirsi nel lungo elenco dei movimenti populisti che nascono fuori e dentro l’Europa. Zelenski usa la televisione, i teatri e i social, è diretto, sa essere accomodante e arrabbiato quando serve. Il rischio è che nessuno si chieda se davvero questo ragazzo dalla faccia pulita sappia cosa voglia dire stare in politica, ma che riuscirà ad attirare le attenzioni di uno strambo elettorato: i giovani delusi da Euromaidan e gli ucraini filorussi.

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