Le atlete Eleanor Simmonds (in alto) e Ellie Robinson si sfidano nei 400 metri stile libero allo Stadio Olimpico di Aquatics durante il sesto giorno dei Giochi Paralimpici di Rio 2016 (foto LaPresse)

Chi gioca con l'antisemitismo gioca con la nostra libertà. Appello per le Paralimpiadi

Laura Coccia

Il premier malese calpesta i diritti dei disabili in nome del fanatismo ideologico e religioso. Sarebbe bello se l’International paralympic committee cancellasse l’evento

Al direttore - Una decisione politica che con lo sport non ha nulla a che vedere, ma che usa una competizione per mandare un messaggio forte al mondo: gli atleti paralimpici israeliani non potranno partecipare all’evento organizzato dal Comitato paralimpico internazionale in Malaysia, valido per le qualificazioni alle Paralimpiadi di Tokyo del prossimo anno. Una decisione che lascia basiti. Non è certo la prima volta che la politica irrompe nelle competizioni sportive, basti pensare al pugno guantato al boicottaggio dei Giochi di Mosca 1980 o al portabandiera dell’Ucraina che ha sfilato da solo spingendo la sua carrozzina durante la cerimonia di apertura delle Paralimpiadi di Sochi, per protesta contro l’invasione della Crimea di qualche settimana prima. Solo per fare qualche esempio tra i più recenti.

  

Ma scegliere lo sport paralimpico ha un significato in più. Lo sport paralimpico nasce da un’intuizione del medico tedesco Ludwig Guttmann, di religione ebraica, per riabilitare i reduci che avevano combattuto al fronte durante la Seconda guerra mondiale, in modo innovativo. Lo sport, a differenza della fisioterapia, infatti, non ha il compito primario di curare le persone, ma di porre alle persone con disabilità un obiettivo diverso, concreto, identificabile con un traguardo da raggiungere in modo tangibile e non un aleatorio percorso di miglioramento. Questo approccio mentale fa raggiungere traguardi insperati: chi avrebbe mai potuto pensare che un atleta senza una gamba come Markus Rehm potesse arrivare ad insidiare il record mondiale di salto in lungo dei cosiddetti “normodotati”?

  

Lo sport insegna che sulla linea di partenza gli atleti sono tutti uguali, con le stesse regole e valori, ma uno sport senza atleti non ha senso. Ma tutto questo il presidente malese fa finta di ignorarlo per una personale battaglia politica, che rischia di creare un pericoloso precedente. Sarebbe bello se l’International paralympic committee decidesse di cancellare o annullare l’evento in calendario, o le altre nazioni portassero avanti iniziative forti di solidarietà.

   
Laura Coccia, ex atleta paralimpica ed ex deputata Pd


  

Ha ragione Israele quando dice che il divieto che la Malaysia ha imposto agli sportivi israeliani di partecipare alle gare sul suo territorio, e in particolare il divieto imposto alla squadra di nuoto di Israele di gareggiare in Malaysia in una competizione valida per le Paralimpiadi di Tokyo 2020, è un divieto ispirato dall’antisemitismo del premier malese che calpesta i diritti dei disabili in nome del fanatismo ideologico e religioso. Si è fatto molto chiasso, giustamente, per una Supercoppa italiana organizzata in un paese che non rispetta i diritti delle donne. Sarebbe il caso di fare un po’ di chiasso, e ritirare per esempio le proprie delegazioni, per dimostrare che chi gioca con l’antisemitismo gioca con la nostra libertà. Che cosa aspettiamo?

  

Claudio Cerasa

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