Muhammad V era un re molto apprezzato dai cittadini, a leggere i commenti online. Qualcuno dice che è così solo perché si rischia la denuncia a parlarne male (LaPresse)

The Malaysian Connection

Giulia Pompili

Il re sparisce, rinuncia al trono e si sposa con Miss Mosca. Ma ogni abdicazione porta con sé parecchi guai. Tra sesso, soldi e potere, la monarchia è solo l’ultimo dei problemi di Kuala Lumpur

Il re fugge con la modella. Rinuncia al trono per una giovane russa. Sposa la ex Miss Mosca di nascosto e lascia il regno. Guarda le foto dell’ultima conquista del re! Clicca qui! I titoli delle ultime settimane sull’abdicazione a sorpresa di Muhammad V, re della Malaysia, di certo avranno attirato molti utenti che si informano su internet (anzi forse nessuno, abituati come siamo a leggere solo quelli). La rinuncia al trono del quindicesimo regnante della Malaysia, nell’unica monarchia del mondo in cui il re viene eletto, è stata ufficializzata il 6 gennaio scorso, ma già da qualche giorno erano in giro, online, le fotografie che immortalavano le nozze di Muhammad V con Oksana Voevodina, 25 anni, conosciuta un anno e mezzo prima. Matrimonio di cui, come nelle migliori famiglie, a quanto pare nessuno sapeva niente: ufficialmente Muhammad era in congedo per motivi di salute sin da novembre, e sarebbe dovuto rientrare a Kuala Lumpur il 1° di gennaio. Una cosa è certa: la storia del sovrano che avrebbe dovuto regnare per altri due anni e rinuncia a tutto– prestigio, soldi, onore – per metter su famiglia con la giovane modella russa potrebbe essere tranquillamente derubricata tra quelle favole d’amore con il lieto fine e che si leggono solo nei romanzetti rosa, se non fosse che ogni abdicazione si porta dietro parecchi problemi, soprattutto se in quello stesso posto, in quello stesso periodo, si indaga pure sulla frode finanziaria più colossale che il mondo abbia mai affrontato (solo che, peccato, non esistono titoli a effetto per riassumerla).

 

Ufficialmente Muhammad era in congedo per motivi di salute sin da novembre, e sarebbe dovuto rientrare “al lavoro” il 1° gennaio

Un’abdicazione è una faccenda complessa. Secondo alcune lettere desecretate non molti anni fa “per non turbare la famiglia reale”, neppure Churchill perdonò mai a Edoardo VIII la crisi dell’abdicazione nel 1936. Churchill all’epoca aveva dichiarato di sostenere le decisioni del governo, guidato da Stanley Baldwin: un re sposato con una divorziata come Wallis Simpson era uno scandalo troppo grosso per la Corona. Pur avendo mantenuto sempre molta discrezione sul più grave scandalo che aveva colpito la storia del Regno Unito (del resto non erano ancora arrivate Diana Spencer e Camilla Shand, e nemmeno Sarah Ferguson) una volta tornato primo ministro, nelle lettere scritte all’ex sovrano e soprattutto nei riguardi delle presunte amicizie con i vertici della Germania nazista, Churchill avrebbe scritto al duca di Windsor: “Non accetto consigli da chi ha rinunciato al trono più importante del mondo”. Più di recente, le abdicazioni sono diventate meno scandalose. Per esempio, quella del re di Spagna Juan Carlos, com’è nello spirito del tempo, è iniziata dopo che online è iniziata a circolare una sua fotografia accanto a un elefante ucciso durante una battuta di caccia in Botswana. Era il 2014, al trono di Spagna è poi salito Filippo VI che ha riportato un po’ di istituzionalità (leggi alla voce “noia”) al trono, addirittura difendendo la Spagna unita nel periodo del referendum per l’indipendenza della Catalogna. Più di recente, l’ultraottantenne imperatore del Giappone Akihito ha annunciato di essere “troppo stanco e troppo vecchio”, e lascerà il Trono del Crisantemo a suo figlio Naruhito nel corso della prossima primavera: per i giapponesi nessuno scandalo, anzi. La legittima stanchezza di Akihito non ha fatto altro che provocare una riflessione seria e ponderata sulla necessità di uno svecchiamento dell’istituzione.

 

Il nuovo re verrà eletto la prossima settimana. Sembra “Il Trono di Spade”, ma il nome che circola di più è di un dirigente Fifa

All’inizio di gennaio, quando le voci sulle dimissioni del re della Malaysia si facevano sempre più insistenti – del resto sarebbe dovuto rientrare il 1° gennaio, e non lo aveva ancora fatto – durante un incontro con i giornalisti il primo ministro della Malaysia Mahathir Mohamad ha detto di non sapere niente dell’abdicazione: “Come voi ho sentito alcuni pettegolezzi, ma non ho ricevuto nessuna comunicazione ufficiale”. Poco prima, però, aveva pubblicato su Facebook un lunghissimo post intitolato “The Rule Of Law”, lo stato di diritto, al quale, secondo Mahathir, nemmeno i reali della Malaysia potranno mai sottrarsi perché l’unica legge è quella della Costituzione: “Tra gli obiettivi più importanti del Pakatan Harapan (la coalizione al governo in Malaysia guidata da Mahathir, che fino al maggio del 2018 era all’opposizione, ndr), mentre combatteva per rovesciare il governo cleptocratico di Najib Razak, c’era la restaurazione dello stato di diritto. Najib ignorava la legge quando gli conveniva. Le leggi furono usate per opprimere la popolazione. Invece di proteggere le persone, lui le usava per esporle alla paura”. E quindi, oltre a quella contro i reali, la sferzata come al solito il vecchio Mahathir la dà contro Najib Razak, l’ex primo ministro della Malaysia dal 2009 al 2018, definito da Trump il suo “primo ministro preferito”, il cui potere è iniziato a scricchiolare nel 2015, quando è scoppiato lo scandalo della 1Malaysia Development Berhad. Breve riassunto: il fondo strategico 1Mdb, fortemente voluto da Najib che ne era anche presidente, fondato nel 2009, da quattro anni è sotto inchiesta per riciclaggio, frode e sottrazione di capitali in vari paesi. L’inchiesta più grossa è quella che arriva dal dipartimento di Giustizia americano, che ha trovato mancati pagamenti per 11 miliardi di dollari. Secondo varie inchieste giornalistiche, il denaro sarebbe andato a finanziare le campagne elettorali di Najib e i suoi conti personali. Nello scandalo è finita anche Goldman Sachs – e ogni giorno le cronache finanziarie aggiungono tasselli in più sulla questione – ma soprattutto la bella vita di Hollywood. Sul finanziere malay Jho Low, l’uomo di punta della 1Mdb in America, è uscito un libro pochi mesi fa scritto dai giornalisti del Wall Street Journal Tom Wright e Bradley Hope, “Billion Dollar Whale”, che è un film nel film: grazie a un modello da scatole cinesi, Low era riuscito a entrare in tutti i business dell’entertainment americani, producendo film, frequentando attori come Leonado DiCaprio e starlette come Paris Hilton. A un suo compleanno dalla torta è uscita Britney Spears, e possedendo una quota sostanziosa di Emi music, sembra che una volta disse al rapper Busta Rhymes: “Sei di mia proprietà, puttana!”. Lo stile di vita di Najib non era da meno: quando ha perso le elezioni, la prima cosa che ha fatto il nuovo primo ministro Mahathir è stata riaprire l’inchiesta sulla 1Mdb. Quando sono arrivati i sequestri, le autorità hanno trovato proprietà immobiliari di lusso, yatch, ma anche quadri di valore, gemme preziose, borse piene di contanti, e soprattutto borse– costosissime, tutte di proprietà della moglie di Najib, Rosmah Mansor, che ora si trova sotto inchiesta con il marito. Secondo gli osservatori internazionali, uno dei motivi della sonora sconfitta di Najib alle elezioni del 2018 riguarda anche la sottrazione indebita di fondi dalla 1Mdb, che avrebbe permesso ai Najib e al suo cerchio magico questo stile di vita sregolato, sopra le righe.

 

“Come voi ho sentito alcuni pettegolezzi, ma non ho ricevuto nessuna comunicazione ufficiale”, ha detto il primo ministro

Il re Muhammad V e Oksana Voevodina si sarebbero sposati a Mosca, la città dove è cresciuta Oksana, che secondo i tabloid avrebbe anche una laurea nella prestigiosissima Università russa di economia Plekhanov. Una festa piuttosto sobria, senza alcol, e ancora nessuno sa se il matrimonio vale anche in Malaysia. Qualche giorno fa il quotidiano russo Komsomól’skaja Pravda ha intervistato il padre di Oksana, Andrei Gorbatenko, che è un medico traumatologo originario di Rostov sul Don, e ha rassicurato tutte le malelingue: “Ho incontrato Muhammad in primavera, ma non vi darò dettagli particolari: io ho la mia vita, loro fanno la loro. Una cosa posso dirvi con sicurezza, da medico: appena l’ho visto, inconsciamente mi sono tranquillizzato. Ho sentito subito che Oksana sarebbe stata bene con lui. Quando mia figlia si è convertita all’islam, ho deciso di studiare meglio la questione e mi sono rivolto ai miei amici musulmani. E’ una grande religione. E Oksana ha fatto la scelta giusta – una moglie deve sempre seguire suo marito”. Secondo la Komsomól’skaja Pravda a fine dicembre i due si sarebbero recati per qualche giorno anche in Germania, in una clinica per la fertilità, dicono i tabloid pettegoli, perché Oksana sarebbe già incinta o vorrebbe averne uno prestissimo. Anche perché c’è lui, Muhammad, che a quarantanove anni ha già un matrimonio alle spalle, finito dieci anni fa, ma nessun figlio.

 

Il giorno in cui l’abdicazione è stata confermata da Kuala Lumpur, mentre il primo ministro Mahathir probabilmente rifletteva sulle ripercussioni politiche e si teneva lontano dalle polemiche, indovinate un po’ chi è che ha augurato lunga vita al re per primo? L’ex primo ministro caduto in disgrazia Najib Razak, noto per aver avuto sempre un ottimo rapporto con Muhammad V e in generale con i monarchi della Malaysia. Ed è qui che l’abdicazione diventa ben più di una storia d’amore tra un re e una bellissima russa senza sangue blu, una torbida storia di politica, alleanze, tradimenti e tanti, tantissimi soldi. Il primo ministro malay Mahathir, che oggi ha 93 anni ed è un veterano della politica di Kuala Lumpur, avendo già governato per ventidue anni di fila dal 1981 al 2003 – col pugno di ferro – non ha mai tollerato i reali malay. La monarchia della Malaysia è relativamente giovane, istituita nel 1957, quando la federazione degli stati malay ha ottenuto l’indipendenza dal Regno Unito. La federazione si compone di nove stati monarchici e quattro governatorati. Ogni cinque anni si riuniscono nella Conferenza dei governanti ed eleggono lo Yang di-Pertuan Agong, un’espressione che significa più o meno “il sovrano dei sovrani che è stato eletto”. Ogni stato monarchico, però, ha la propria procedura per la successione al trono, e con ogni sovrano in passato Mahathir ha avuto degli scontri. Negli anni Ottanta si aprì una crisi costituzionale storica in Malaysia perché l’allora primo ministro aveva intenzione di togliere potere ai re, e ci tornò sopra negli anni Novanta, quando tolse loro l’immunità penale. Le dimissioni di Muhammad V, secondo qualcuno, potrebbero essere state una vendetta contro il vecchio premier tornato al potere. Del resto frizioni tra i due c’erano state sin dall’inizio: il giorno del giuramento di Mahathir come nuovo primo ministro, nel maggio dello scorso anno, il re avrebbe ritardato di molto la cerimonia. Quando qualcuno ha domandato a Mahathir se il ritardo fosse dovuto “al fatto che non gli sta simpatico”, il primo ministro aveva risposto: “Non lo so, non mi interessa, i cittadini hanno deciso e la Costituzione vuole che siano loro a decidere”. Come a dire: non abbiamo bisogno del Palazzo. Ma non è esattamente così, e infatti nelle ultime settimane Mahathir ha fatto un giro da alcuni regnanti federali, che hanno ringraziato festosamente la visita inaspettata, sperando “di poter lavorare presto insieme”. Del resto, ora che Muhammad V è felice nella sua nuova vita con la giovane sposa russa, a Kuala Lumpur le cose si fanno serie: il prossimo re dovrà essere deciso il 24 gennaio. Ed eleggere il sovrano in Malaysia è un po’ come eleggere il Papa – e infatti il re gestisce anche tutto ciò che riguarda la religione di stato, l’islam. Il Consiglio dei governanti si riunisce in una sorta di conclave, dove si vota su carta, e se uno dei presenti raggiunge almeno cinque voti allora gli viene offerto il ruolo di Yang di-Pertuan Agong. Il re-designato a quel punto può scegliere se accettare o no, e quindi riceve l’incarico per i successivi cinque anni. Poi le schede vengono bruciate. Secondo molte voci, e ormai ferrati sull’argomento grazie a molte puntate del “Trono di Spade”, il prossimo re della Malaysia dovrebbe essere Abdullah di Pahang, che soltanto pochi giorni fa è diventato re dello stato di Pahang dopo la rispettiva abdicazione del padre – una mossa propedeutica alla sua elezione dentro al Consiglio dei governanti. Abdullah è un personaggio interessante, che da tempo frequenta l’establishment del calcio mondiale: è membro del comitato esecutivo della Fifa e presidente della Federazione malay di calcio. Ha già detto che la Malaysia dovrebbe candidarsi per ospitare i Mondiali di calcio del 2034 e il suo nome circola anche per la presidenza della Federazione di calcio dei paesi Asean. Abdullah di Pahang, che oggi a sessant’anni, nel 1993 in seconde nozze ha sposato l’ex attrice malay Julia Rais, tra il primo e il secondo matrimonio ha fatto undici figli. Pure se dovesse innamorarsi di una russa, almeno la stirpe è salva.

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.