Capire l'Europa unita stando nel terminal di un aeroporto

Edoardo Chiti

Rapporti, movimenti, viaggi. Osservare la costruzione continua di un grande sogno chiacchierando al gate

Nell’aeroporto di Madrid Barajas, Elena e Lucia, due studentesse italiane che stanno trascorrendo un periodo di studio presso la Universidad “Carlos II”I, aspettano il loro volo per Atene. E’ venerdì mattina e hanno deciso di prendersi un fine settimana lungo per visitare l’Acropoli e vedere le cariatidi del tempio Eretteo e la Nike di Callimaco. Sono grandi appassionate della cultura greca. E poi: cosa c’è di meglio che un salto ad Atene all’inizio del nuovo anno?

 

Elena, la più estroversa delle due, ha attaccato discorso con un ragazzo spagnolo in partenza per Tolosa, di nome Luis. “Si viaggia per scoprire il passato, per capire da dove veniamo!” dice lei, accalorandosi. “Ma no”, ribatte lui: “El viaje siempre es al futuro! Basta cattedrali, musei e città antiche. Dobbiamo andare in luoghi che ci dicono come sarà il futuro. Specialmente noi giovani. Dovremmo andare a Seul, nella Silicon Valley, in posti che ci diano delle immagini del mondo che verrà”.

 

Lucia ascolta distrattamente la conversazione. E’ più interessata alla vita dell’aeroporto. Madrid Barajas le appare, infatti, come una piccola miniera.

 

Mentre segue con lo sguardo un gruppetto di olandesi che camminano rapidamente parlando ad alta voce, l’occhio le cade su un manifesto appeso a un muro poco distante. Il manifesto la informa che l’aeroporto di Madrid Barajas è il quinto tra quelli europei per il numero di passeggeri (49 milioni solo nel 2016); che il numero di voli giornalieri negli aeroporti dell’Unione europea è aumentato, tra il 1992 e il 2017, da 10 mila a 29 mila; che tra il 1993 e il 2017 il numero annuale di passeggeri del settore aereo è cresciuto da 360 milioni a un miliardo; che sono trenta le principali linee aeree europee attualmente operative; che la gestione del traffico aereo, sempre più complessa, è un problema comune ai vari paesi dell’Unione, affrontato nel contesto dell’iniziativa “Cielo unico europeo”.

 

Non è il tipo di persona interessata ai dati, ma questi la colpiscono. Cerca qualche informazione in più sul tablet che porta con sé. E scopre che l’aumento degli spostamenti è legato alla liberalizzazione del traffico aereo, che l’Unione europea ha avviato nel 1992, ponendo le condizioni per il passaggio da mercati nazionali monopolistici a un mercato europeo concorrenziale. Ma scopre anche il processo è ancora in corso. E’ la stessa Commissione europea a lamentare l’incompiutezza del “Cielo unico europeo” e a spingere per avere un quadro normativo europeo più efficace e moderno di quello attuale. I costi degli spostamenti aerei in Europa restano più cari di circa il 35 per cento rispetto a quelli negli Stati Uniti. Occorre rendere sostenibile la crescita del settore aereo, investendo sulle infrastrutture di tutti i grandi aeroporti europei. Bisogna migliorare la sicurezza, che resta un problema fondamentale. Anche i diritti dei passeggeri, pensa Lucia, non sono poi così forti. O meglio, come dice la Corte dei conti europea, i diritti ci sarebbero, ma il problema è che i passeggeri devono lottare duramente per farli valere. Anche su questo versante, resta molto da fare, conclude Lucia.

 

Ma poi, mentre immagina il cielo europeo come un atlante di aeroporti e rotte aeree, realizza che questo atlante è solo parziale. Le persone non viaggiano solo in aereo, e neppure le merci. Si spostano anche in auto, in treno, per nave. La mappa europea dei trasporti, allora, diventa ancora più complicata e intricata. Lucia intravede i nodi principali, alcuni collegamenti, le relazioni tra i diversi modi di trasporto. Il tablet la aiuta di nuovo, perché le fa vedere la direzione complessiva del processo in corso. L’Unione europea sta lavorando alla costruzione di Ten-T, una rete di trasporto multimodale il cui scopo è permettere la circolazione rapida delle persone e delle merci in tutto il territorio europeo. L’obiettivo è realizzarne la struttura di fondo entro il 2030. Per il 2050, però, la rete dovrà garantire la piena accessibilità a tutte le regioni dell’Unione. La cosiddetta ‘rete centrale’, quella alla quale l’Unione sta lavorando adesso, è organizzata in nove corridoi, che tagliano il territorio europeo in molte direzioni: ad esempio, da Helsinki a Palermo, da Lisbona a Mannheim, dalla baia di Gibilterra a Budapest. Nella figura che ha trovato su internet, ciascun corridoio ha un suo colore. A Lucia sembra la mappa di una grande metropolitana europea. Solo che è incompleta. Non arriva ancora dappertutto, la crisi del 2008 ha portato a una riduzione degli investimenti degli Stati nelle infrastrutture di trasporto, il raggiungimento degli obiettivi è ancora lontano.

 

Peraltro, si chiede Lucia, quali saranno i costi di tutto questo? Non pensa tanto alla sostenibilità finanziaria, quanto alle conseguenze ambientali e sociali della rete che vede dipanarsi sotto i suoi occhi. Scopre subito che l’Agenzia europea per l’ambiente ha dato l’allarme: le emissioni prodotte dai trasporti sono aumentate in modo preoccupante tra il 1990 e il 2007, per diminuire fino al 2014 e tornare a crescere negli ultimi anni. Questo impedisce di realizzare l’obiettivo generale di decarbonizzazione che l’Unione si è data nell’ambito della propria politica ambientale. Le iniziative relative ai biocarburanti sembrano poco incisive. E non è risolutivo neppure il trasferimento delle merci dal trasporto su strada a quello ferroviario e marittimo. Il problema ambientale, insomma, è ancora aperto. E non è l’unico. La realizzazione di un sistema di trasporto paneuropeo richiede inevitabilmente ‘sistemi intelligenti’, tecnologie dell’informazione e della comunicazione volte a gestire i vari aspetti del trasporto. E’ il caso, ad esempio, del Sistema globale europeo di navigazione satellitare chiamato Galileo e del Sistema informativo per la gestione del traffico navale. Ma in tutto questo, si chiede Lucia, come saranno gestiti i dati personali? E quale tutela avrà la nostra vita privata?

 

La voce dell’altoparlante, che coglie Lucia assorta nei suoi pensieri, informa che il volo per Atene è in partenza e invita ad affrettarsi al gate. “I musei sono stati inventati in onore delle muse, non puoi stare fuori dal flusso della storia!”, sta dicendo Elena, che ha perso ormai ogni freno. “El pasado es un país muy peligroso”, insiste lui, non ci resta che il futuro.

 

I due ragazzi si salutano scambiandosi un abbraccio (come sono strani gli aeroporti, dove si può diventare amici in così poco tempo). Mentre raccoglie lo zaino, Lucia pensa che non c’è contraddizione tra il punto di vista di Elena (il passato, il passato!) e quello di Luis (il futuro, il futuro!). Un’idea del viaggio non esclude l’altra. Però, pensa anche che viaggiare sia soprattutto stare nel presente, nel farsi delle cose, dentro alle trasformazioni. Da questo punto di vista, l’aeroporto non è affatto un luogo di passaggio. E’ un punto a partire dal quale si può osservare lo svolgimento di rapporti, movimenti, istituzioni e regole attraverso le quali i paesi europei cooperano e si aprono reciprocamente, incontrando molte difficoltà e cogliendo qualche successo. Un piccolo Aleph, pensa Lucia, dal quale osservare il farsi dell’Europa. “Your boarding card, please”, dice la voce un po’ spazientita della persona al gate, con il tono di chi deve rimediare alla lentezza del passeggero. Lucia ha un momento di incertezza, poi mostra la carte d’imbarco. Non va di fretta, lei è già in viaggio.

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