Alexander Gauland, leader di Afd (foto LaPresse)

AfD vorrebbe darsi una ripulita, ma è risucchiata dalla sua stessa violenza

Daniel Mosseri

Il partito sovranista tedesco ha ripudiato l’uscita dall’euro, ma continua a essere protagonista di episodi di odio ed estremismo

Berlino. Alla convention dello scorso fine settimana a Riesa, in Sassonia, la dirigenza di Alternative für Deutschland si è impegnata a cucirsi addosso una veste spendibile in vista delle prossime elezioni europee, ma il tentativo di rinnovamento dell’AfD è stato rovinato dal vortice della sua stessa violenza, verbale e non solo. Da giorni circolava la voce che il partito xenofobo nato nel 2013 nel segno dell’euroscetticismo si sarebbe dato un obiettivo inaudito nella Germania dei Kohl, degli Schröder e di Angela Merkel: l’uscita dall’Unione europea. Il lungo travaglio della Brexit che appassiona i media ma atterrisce gli industriali tedeschi sembrava aver fatto breccia anche in casa di Alexander Gauland. Invece no. Il 76enne politico ex Cdu alla testa della formazione sovranista ha messo la “Dexit” in frigo, pur senza cancellarla dall’orizzonte politico di AfD. Per evitare l’uscita dall’Ue, “malata dalla testa ai piedi”, basterà abolire l’Europarlamento, quello per cui i delegati a Riesa hanno sgomitato per tre giorni di fila. Per Gauland è l’unico modo per rafforzare gli stati-nazione, i soli competenti a legiferare. Una scelta coerente per un partito che ha sempre detto di credere nella democrazia diretta, ché quella rappresentativa fa tanto Ancien Régime. Gauland ha infine concluso la convention con una serie di no: a politiche di difesa ed esteri in comune, all’esercito europeo, alle direttive su inquinamento e protezione dei consumatori; tutte competenze che devono tornare in Germania. Per tutto il resto, permanenza dell’euro inclusa, si proceda per referendum.

 

Peccato che a rovinare la festa sia sopraggiunta una serie infinita di magagne per AfD. Già giorni prima la polizia di Brema aveva diffuso un video in cui l’aggressione al deputato di AfD Frank Magnitz condannata dallo stesso presidente federale Frank-Walter Steinmeier come “un attacco allo stato di diritto” veniva retrocessa a borseggio con caduta accidentale della vittima. Magnitz aveva raccontato di essere stato preso a bastonate e a calci da tre assalitori motivati politicamente, ma non era vero.

 

Poi è venuto il turno di Manuel Ochsenreiter, impiegato del gruppo di AfD al Bundestag e condirettore di un giornale berlinese, Zuerst!, estremista e revisionista. L’uomo è stato accusato da uno degli imputati in un processo in corso in Polonia di essere il mandante di un incendio doloso a Uzhorod in Ucraina, appiccato per screditare il governo di Kiev. Secondo la stampa tedesca, l’imputato avrebbe mostrato ai giudici tracce dei messaggi e dei pagamenti ricevuti da Ochsenreiter. Come se non bastasse, un tribunale ha condannato il deputato di AfD Jens Maier a risarcire Noah Becker, figlio dell’ex campione di tennis Boris Becker, con 15 mila euro dopo averlo definito un anno fa su Twitter “un mezzo negretto” dopo che questi si era lamentato di Berlino, definendola una città “troppo bianca”. La ciliegina sulla torta ce l’ha messa il Bfv, l’intelligence tedesca contro terrorismo ed estremismo, il cui capo Thomas Haldenwang ha annunciato una maggiore attenzione nei confronti di AfD “che con il suo linguaggio anti immigrati raccoglie consensi anche negli ambienti radicali”. Una decisione che sotto il predecessore di Haldenwang, Hans-Georg Maassen, non sarebbe mai avvenuta, si è lamentata la co-presidente di AfD Alice Weidel dandosi la zappa sui piedi. Maassen è stato sollevato dalla guida del Bfv proprio per una sua presunta vicinanza ad AfD. L’inchiesta dei servizi e la recente scissione subita sul fianco a opera del deputato della Sassonia-Anhalt, André Poggenburg, offrono due opportunità al partito di liberarsi dalla sua componente estremista. Le imminenti elezioni per Strasburgo seguite da quello per quattro Länder sembrano però indicare che AfD declinerà l’offerta.

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