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La marcia delle donne contro Trump ha un problema enorme di antisemitismo

Daniele Raineri

Il Partito democratico ha ritirato il suo appoggio dopo che sono uscite rivelazioni su alcune delle leader, con due anni di ritardo

New York. Il giorno dopo l’inaugurazione del presidente Donald Trump a Washington nel gennaio 2017 molte donne americane parteciparono a un corteo di protesta contro di lui che fu chiamato Women’s March, la marcia delle donne. La folla che si unì alla marcia fu molto più grande della folla che aveva voluto vedere la cerimonia con Trump e per giorni il presidente si affannò a dire in televisione che non era vero, era tutta una bugia dei media, c’erano molte più persone al suo evento. L’opposizione era molto contenta: la Women’s March era il primo segnale di vita dopo il trauma di novembre, la sconfitta di Hillary, era stata un successo in molte città, costringeva il presidente sulla difensiva ed era un serbatoio elettorale da cui ripartire: quelle che pensano che a Trump siano stati condonati comportamenti verso le donne che avrebbero stroncato la carriera di qualsiasi altro candidato (per esempio l’audio “grab’em by the pussy”). Domani è il giorno della terza Women’s March, ma il clima è molto cambiato. Il Partito democratico ha appena ritirato la sua adesione perché è inorridito dall’ideologia delle organizzatrici e dalle loro uscite antisemite, e così hanno fatto molti altri sponsor. A New York, dove la marcia è sempre stata molto forte, l’organizzazione si è spaccata a causa delle frasi antisemite e ora i due tronconi stanno litigando perché l’autorizzazione è stata data a una parte soltanto.

 

Per capire cosa è successo bisogna andare alla sera del 2016 in cui le donne fondatrici si incontrarono per organizzare la prima marcia. Tra loro c’era Vanessa Wruble, un’attivista di Brooklyn che fece l’errore di dire alle altre di essere ebrea e che questo la motivava a voler riparare i torti nel mondo. A quel punto un’attivista di colore per il controllo delle armi, Tamika Mallory, e una latina che lotta per la riforma della giustizia, Carmen Perez, dissero a Wruble che prima di pensare alle donne avrebbe dovuto pensare al razzismo degli ebrei. E poi proseguirono a concionare, dicendo che gli ebrei fanno profitti nel sistema privato delle carceri e che gli ebrei erano stati tra i principali sfruttatori della tratta degli schiavi. Un’altra attivista presente quella sera dice che il rimorso più grande della sua vita è non essere intervenuta quando si accorse con orrore la piega che stava prendendo l’incontro. Continuavano a dire cose come “voi avete tutta la ricchezza” e io capii – ricorda – che intendevano “voi ebrei”. Wruble andò a casa, presa da sensi di colpa cominciò a cercare su Google e trovò subito la fonte delle accuse: un libello scritto nel 1991 da Louis Farrakhan, “La relazione segreta tra ebrei e neri”, che incolpa gli ebrei per la condizione dei neri e che un professore e critico letterario di Harvard, Henry Louis Gates Jr., ha definito “la Bibbia del nuovo antisemitismo”. Farrakhan è il predicatore che guida la Nation of Islam ed è molto criticato per i suoi sermoni antisemiti e omofobici.

 

Da quella sera del 2016 è stato tutto un cadere verso il basso, ma la storia è stata coperta dall’entusiasmo che la Women’s March generava nell’opposizione. Mallory ha partecipato a un evento con Farrakhan, che lei definisce “the GOAT”, “the greatest of all time”, e ha chiesto a Wruble di farsi da parte perché alla marcia avrebbero partecipato anche gruppi come Black Lives Matter, che erano nati per protestare contro la brutalità della polizia ma poi hanno adottato anche la causa palestinese e quindi sarebbe stato sconveniente se una donna ebrea fosse stata al centro della marcia. Quando Wruble, che in un primo tempo accettò tutto perché teneva al successo della manifestazione, chiese chi si sarebbe occupato della sicurezza le risposero che ci avrebbero pensato i volontari di Nation of Islam. Al suo posto fu messa Linda Sarsour, la più famosa delle attiviste musulmane d’America, che guida anche la campagna di boicottaggio contro Israele. La marcia delle donne proclama di essere inclusiva e aperta a tutte le minoranze, ma una delle fondatrici è stata esclusa perché ebrea – roba imbarazzante, ma il New York Times nei giorni scorsi ha titolato in modo molto neutro: “Perché a New York ci sono due marce per le donne”. E questo spiega perché, quando tutte queste storie dietro le quinte e represse sono venute fuori, c’è stato un fuggi fuggi generale.

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  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)