Emmanuel Macron e, a destra, il premier Edouard Philippe (foto LaPresse)

Il governo di Macron è immobilizzato e sconvolto dalle liti

Mauro Zanon

Il rimpasto avrebbe dovuto essere martedì, ma tutto è saltato. Dissidi tra presidente e premier, e un appeal politico che rischia di svanire

Parigi. Il Monde evoca un “duello sordo” che nei prossimi mesi potrebbe diventare spietatissimo. Da una settimana non si parla d’altro a Parigi, la crisi politica tra l’Eliseo e Matignon, ossia tra il presidente Emmanuel Macron e il premier Edouard Philippe, è profonda e palpabile, e il rimpasto ministeriale che non arriva alimenta le malelingue sulle fragilità della macronia e sulle ambizioni smisurate dell’ex braccio destro di Alain Juppé, che secondo l’ultimo indice di gradimento è ampiamente davanti al suo boss (è il 55 per cento dei francesi ad aver fiducia in lui, contro il 29 per cento che crede nell’inquilino dell’Eliseo). Doveva essere annunciato lunedì, poi martedì, anzi mercoledì mattina prima dell’abituale consiglio dei ministri, e invece il “remaniement” potrebbe arrivare soltanto domani, o addirittura all’inizio della prossima settimana, perché sui nomi ci sono ancora disaccordi tra il capo dello stato e il primo ministro.

 

Un rimpasto da non sbagliare

Un giornalista di lungo corso come Alain Duhamel, accorto osservatore della politica francese, ha scritto che “azzeccare il rimpasto è molto più difficile di comporre un governo”. Macron lo sa bene, e sa soprattutto che questo rimpasto dovrà garantire una ripartenza significativa del motore della République, inceppato in questa rentrée dai mille imprevisti. E’ il rimpasto che lancia “l’anno II del quinquennio”, come ripete incessantemente Richard Ferrand, pilastro della macronia, e non può essere sbagliato. Per questo Macron, che ha trascorso tre giorni in Armenia lontano dalle turbolenze della capitale, ha detto che “bisogna fare le cose con calma e con metodo” e che incontrerà faccia a faccia i futuri ministri, per “conoscerli bene” e assicurarsi che “la pensino allo stesso modo”, come “in ogni organizzazione di vita umana, imprese e associazioni”. Sfuggire alla “tirannia dell’immediatezza”, secondo le sue stesse parole, per trovare nuovi fedelissimi.

 

La lotta di influenze tra gli staff di Macron e Philippe

Dietro i vetri dell’Eliseo e di Matignon, è in corso una lotta di influenze inedita dall’inizio del quinquennio, con i collaboratori di Macron e Philippe al lavoro per spostare da una parte o dall’altra l’equilibrio dell’esecutivo. La destra juppéista spinge affinché il suo referente, Philippe, faccia entrare nel governo altri ministri con l’etichetta Lr, Les Républicains, e l’ex premier Jean-Pierre Raffarin, secondo il Monde, sarebbe molto attivo in queste ore per piazzare alcune figure a lui gradite. Si è parlato di Jean Castex, ex vicesegretario generale dell’Eliseo sotto Nicolas Sarkozy, come “favorito” per il ministero dell’Interno, ma una volta apparsa la notizia, sul Journal du dimanche, accanto a un articolo in cui si evocava la possibile “rivincita di Edouard Philippe”, il primo cerchio della macronia si sarebbe subito allarmato. “Tentano un putsch, ma non ci riusciranno”, ha detto uno stretto consigliere del capo dello stato riguardo ai tentativi di destabilizzazione dei philippisti. Questa lotta dietro le quinte “lascerà delle tracce”, ha commentato un consigliere di un ministero di destra, “siamo stufi di sentire i marcheurs reclamare un riequilibrio a sinistra in occasione di ogni rimpasto”.

 

Il ministero dell’Interno alla destra? “Un suicidio”, dice un fedelissimo di Macron

Il vero pomo della discordia è la nomina del nuovo inquilino di Place Beauvau, ossia del nuovo ministro dell’Interno, dopo l’addio polemico di Gérard Collomb. Philippe, consigliato da Raffarin, avrebbe proposto il duo formato da Gérald Darmanin, attuale ministro dell’Azione e dei conti pubblici, e da Frédéric Péchenard, uno dei superpoliziotti della sarkozia. A Macron, pare sia andato il caffè di traverso quando ha sentito la proposta del suo primo ministro. E anche i suoi primi consiglieri sono dell’idea che consegnare alla destra il dicastero più importante e strategico di Francia, covo di segreti e dossier, sia una pessima idea. “Dare le chiavi di Beauvau alla destra, alla luce di tutto ciò che accade in questo ministero, sarebbe un suicidio”, ha commentato un consigliere sul Monde, ancora traumatizzato dall’affaire Benalla.

 

Secondo il Canard enchaîné, oltre alla scelta complicata del ministero dell’Interno, il rimpasto sarebbe stato ritardato dalle proposte “molto a destra” di Philippe per gli altri ministeri traballanti: sia Christophe Béchu, sindaco di Angers ex Lr, suggerito per sostituire Jacques Mézard alla Coesione dei territori, sia Sébastien Lecornu, altro ex Lr, proposto per rimpiazzare Stéphane Travert all’Agricoltura, sarebbero stati respinti da Macron. “Sono io il capo. Voglio una squadra professionale e unita, senza problemi di etichette”, avrebbe aggiunto.

 

La macronia senza appeal e le mattane di Castaner

I più perfidi, a Parigi, dicono che la macronia non faccia più sognare come i primi tempi, dato che cinque potenziali ministri hanno rifiutato di entrare nell’esecutivo, e che sette addii sono tanti in soli diciotto mesi. Non è il record negativo nella storia della Quinta Repubblica, certo, ma non sono pochi, e anche per questo motivo Macron vuole scegliere bene i suoi prossimi compagni di viaggio. Il Parisien ha pubblicato una short list che era valida ad inizio settimana, ma ora potrebbe già non esserlo più.

Christophe Castaner, attuale presidente della République en marche e ministro per le Relazioni con il Parlamento, è favorito per diventare assieme a Péchenard il ministro dell’Interno, secondo le ultime informazioni di Marianne. “Casta”, avrebbe addirittura minacciato di dimettersi in caso di mancata promozione a Place Beauvau, un addio che il presidente non può permettersi.

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