Il primo ministro macedone, Zoran Zaev, vota con il figlio al referendum consultivo di domenica 30 settembre (foto LaPresse)

Che cosa succede ora in Macedonia?

Micol Flammini

Solo il 37 per cento dei cittadini è andato alle urne, il referendum consultivo non ha raggiunto il quorum. Tra i votanti vince il sì, ma ora il primo ministro Zaev dovrà convincere il Parlamento ad approvare l’accordo sul nome

Solo il 37 per cento dell'elettorato è andato a votare per il referendum consultivo indetto in Macedonia. La consultazione doveva stabilire se il paese fosse pronto a cambiare il suo nome in Repubblica della Macedonia del nord, mettendo fine a una disputa con la Grecia che andava avanti da ventisette anni.

Il quesito recitava: “Sei favorevole a un’adesione all’Ue e alla Nato attraverso l’accettazione dell’accordo tra Macedonia e Grecia?”. E tra chi ha votato, il 90 per cento ha scelto di rispondere sì.

Ma il quorum non è stato raggiunto e ora per il primo ministro, Zoran Zaev, dovrà condurre la sua battaglia in Parlamento, anche se la bassa partecipazione al referendum gli complica l'azione non di poco.

  

 

Il boicottaggio

Giovedì il presidente macedone Gjorge Ivanov aveva invitato i cittadini a boicottare il referendum, visto come un “disonore” dai gruppi nazionalisti che nel paese balcanico hanno molto seguito. A favore del boicottaggio si erano mossi anche i partiti di ultradestra, come Macedonia unita, che avevano cominciato una battaglia contro il voto già prima che il primo ministro Zaev e il collega greco Tsipras firmassero l’accordo. In loro aiuto si era schierata la Russia, per la quale la vittoria del no al referendum rappresenta una questione geopolitica cruciale. In quell’area ha già perso il Montenegro, entrato nella Nato nel 2016, e per evitare che anche la Macedonia venga assorbita dall’area di influenza occidentale ha messo in moto una campagna per promuovere il boicottaggio con l’hashtag #boijkotiram, io boicotto. Account falsi e centinaia di siti riconducibili a hacker russi hanno iniziato da tempo a diffondere notizie false sulle conseguenze della vittoria del sì.

 

Il piano di Zaev in Parlamento

Il primo ministro Zoran Zaev, prima del voto, aveva chiesto agli elettori di fare una scelta responsabile perché non si sarebbe ripresentata un'altra possibilità per la Macedonia. Zaev sperava in un risultato positivo e la bassa affluenza sarà un ulteriore ostacolo per il premier che ora dovrà convincere il Parlamento, già scettico, ad accettare l’accordo sul nome. In conferenza stampa il premier ha sottolineato che il 90 per cento dei cittadini ha votato per il sì. “La Macedonia europea ha ottenuto più voti di chiunque altro nella storia della Macedonia indipendente”, ha detto in conferenza stampa Zaev, che ora spera di raggiungere in Aula un accordo con il partito del presidente Ivanov, VMRO-DPMNE.

Il referendum era solo consultivo e, per ottenere che il cambio del nome venga approvato dai parlamentari, il premier ha bisogno di una maggioranza di almeno due terzi. Al momento, i deputati a favore sono 71 su 120.

 

Da Bruxelles

“Mi congratulo con i cittadini che hanno votato il referendum consultivo e si sono avvalsi delle loro libertà democratiche”, ha scritto su Twitter Johannes Hahn, commissario per l’Allargamento dell’Unione europea. “Mi aspetto che tutti i leader politici rispettino questa decisione e la portino avanti con il massimo della responsabilità nell’interesse del paese”.

Ma sul risultato del referendum pesano i voti non dati. L’ultima parola spetta al Parlamento macedone, “non ci sarà un altro accordo con la Grecia”, ha ribadito Zaev per cercare di sensibilizzare i partiti di opposizione che hanno risposto: “Quelli che hanno votato no e quelli che non sono andati alle urne hanno inviato i messaggio più forte”.

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