Recep Tayyip Erdogan (foto LaPresse)

Erdogan arriva dalla Merkel con l'aria di chi vuole ricucire i rapporti

Daniel Mosseri

Inizia la visita in Germania del presidente turco, che usa toni soft. Un esperto ci spiega perché (c’entrano Trump e la lira)

Berlino. Il tavolo del banchetto allo Schloss Bellevue, residenza del presidente federale Frank-Walter Steinmeier, sarà un po’ più corto del previsto. Alla cena di oggi in onore del presidente turco Recep Tayyip Erdogan non ci saranno alcuni parlamentari contrariati dalla presenza di un politico autoritario che tiene in carcere mezza opposizione, molti giornalisti e anche cinque cittadini tedeschi. In compenso ci saranno molte persone per strada con gli attivisti per i diritti umani e soprattutto i curdi e gli aleviti di Germania a contestare l’arrivo del sultano. Atterrato ieri a Berlino per una visita di stato in compagnia di quattro ministri e del capo dei servizi segreti Hakan Fidan, oltre a Steinmeier Erdogan vedrà la cancelliera Angela Merkel e i rappresentanti di “alcune grandi imprese tedesche”, ha confermato il consigliere del Reis, Mustafa Yeneroglu. Come Siemens e Deutsche Bahn per discutere del progetto miliardario di modernizzazione delle ferrovie turche. Ne ha scritto per primo lo Spiegel parlando di una scelta di continuità: fu un consorzio guidato dalla Deutsche Bank a finanziarie alla fine del XIX secolo la Ferrovia di Baghdad, oltre 1.600 chilometri fra Konya in Turchia e la capitale dell’Iraq. Erdogan, che sabato a Colonia inaugurerà la grande moschea di Ehrenfeld, si è annunciato con un’intervista alla Faz in cui ha detto che è tempo di voltare pagina nelle relazioni turco-tedesche. L’autocrate turco si è fatto di nuovo dialogante? “Non parlerei di un atteggiamento moderato ma certamente Erdogan si sta dimostrando realista”, dice da Istanbul Kristian Brakel, del German Council on Foreign Relations. Secondo l’esperto, sono i pessimi rapporti fra Ankara e la Casa Bianca a spingere la Turchia verso un nuovo rapprochement con l’Europa.

 

Erdogan torna dunque al primo amore: l’Europa e la sua padrona di casa, Angela Merkel. Secondo Brakel, al cuore della visita berlinese di Erdogan c’è “lo stato dell’economia turca: gli indicatori macro non vanno bene”. La lira turca è stabilizzata da pochi giorni ma è precipitata per molte settimane, l’inflazione corre e la disoccupazione è in crescita. “Soprattutto c’è stato un marcato ritiro di investimenti stranieri diretti, per cui i turchi si interrogano su come invertire il trend e stabilizzare la Turchia con l’aiuto dell’Ue: magari aggiornando l’accordo di unione doganale con Bruxelles”. L’interesse è reciproco: ferrovia o no, la Turchia resta un partner commerciale di prima importanza per l’Ue, Germania in testa. L’Ue non si può permettere un crollo definitivo della valuta turca, pena la fine dell’export verso il paese mediorientale, senza dimenticare i rischi in termini di nuovi flussi migratori. Certo, Merkel vorrà qualche concessione sul rispetto dei diritti umani, ma non dovrebbe essere troppo difficile visto lo stato comatoso del settore al momento in Turchia. Sul piano interno, l’aggiustamento della traiettoria verso l’Europa non dovrebbe dare grattacapi al sultano: è vero che fino un anno e mezzo fa Erdogan aveva chiamato “nazisti” i governanti tedeschi, ma è altrettanto vero che la stampa turca è largamente sotto il controllo dell’esecutivo. “In questi giorni i giornali stanno celebrando la nuova alleanza fra la lira e l’euro contro il dollaro”, segnala Brakel, osservando anche che “dopo tanti anni i turchi sono abituati a uno stile di governo che ha sempre bisogno di un nemico esterno da odiare e con cui fare a pace a seconda delle convenienze: è toccato a Israele e alla Russia, ora è il turno degli Stati Uniti”.

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