Herbert Kickl (foto LaPresse)

Non parlate con quei giornalisti! Il caso austriaco e un appello europeo

Paola Peduzzi

Il caso di Herbert Kickl, ministro dell’Fpö, e il discorso della commissaria Ue, Vera Jourova

Milano. Ci sono dei media con cui va bene parlare e altri con cui bisogna avere rapporti “limitati, ridotti al minimo”, in quanto sono “pieni di pregiudizi”, hanno un approccio “negativo” e “ignorano fatti e spiegazioni”. Queste raccomandazioni fanno parte di una lettera di quattro pagine che è stata diramata la settimana scorsa dal ministero dell’Interno austriaco – guidato da Herbert Kickl, esponente del partito di estrema destra Fpö – alle forze dell’ordine: il testo completo è filtrato sui giornali, in particolare Kurier e Standard, che sono naturalmente due dei media con cui il ministero vuole ridurre al minimo i rapporti. Ci sono invece tv e giornali con cui si può collaborare, in particolare l’emittente Atv che il prossimo anno inizierà a trasmettere una serie, “Live Pd”, che è un reality sulle forze di polizia: ma controllate bene ogni puntata, dice il ministro, è importante che non ci siano sbavature. E quando parlate di reati, in particolare di reati sessuali, suggerisce il ministro, dite bene di che nazionalità sono i colpevoli e se sono richiedenti asilo, perché spesso i media tendono a omettere questi dettagli importanti. In realtà c’è una procedura, introdotta nel 2014 dal ministero della Giustizia austriaco, che dice di dare soltanto notizie pertinenti sull’identità di chi commette reati, soprattutto se si tratta di presunti colpevoli.

 

Da quando la lettera è diventata pubblica, ci sono state molte smentite, non abbiamo ricevuto nulla dicono alcuni, non si tratta di raccomandazioni, dicono altri, semmai è soltanto un modo per armonizzare la comunicazione della polizia. Ma l’esistenza della lettera non è stata smentita, e l’elenco dei media con cui parlare e quelli da evitare c’è. Non è nemmeno una novità: c’è un presidente americano che rifiuta le domande in conferenza stampa dai giornalisti di alcune testate “spazzatura”, e senza andare troppo lontano anche in Italia, il governo giallo-verde minaccia di abolire l’ordine dei giornalisti come rappresaglia per il trattamento riservato dalla stampa all’affaire Casalino e il regolamento dei conti contro i giornali ostili. Il confine tra la libertà d’espressione e la “caccia alle streghe”, come la definisce lo stesso Donald Trump, è diventato un fronte su cui si combatte una guerra in cui ognuno – media e politici – ha delle responsabilità. O meglio: dovrebbe assumersele. Ieri la commissaria europea per la Giustizia, Vera Jourova, ha tenuto un discorso a Vienna che è suonato come un appello: usciamo tutti dalle nostre bolle, perché se stiamo barricati si deteriorerà ogni cosa, politici, media, le nostre vite. “Definire i media ‘nemici del popolo’ o prendersela con individui o minoranze per la crisi migratoria e quella economica non è una cosa che accadeva negli anni Trenta, ce l’ho io nei miei ricordi”, ha detto la commissaria proveniente dalla Repubblica ceca, chiedendo ai politici di cambiare il loro linguaggio e di mostrare “compostezza”, perché gli eccessi “giustificano” reazioni ingiustificabili nei cittadini. Ma lo stesso vale per i media: l’esempio più facile è quello della Brexit, ricordate i giudici sulla copertina del Daily Mail “nemici del popolo”? O la settimana scorsa gli europei definiti “dirty rats” perché avevano bocciato le proposte inglesi sulla Brexit? “I media devono costruire una cultura del dialogo invece che tessere divisioni, far circolare notizie manipolate e incoraggiare l’esclusione”.

 

La Jourova ha aggiunto che saranno introdotte delle nuove regole e questo è l’aspetto meno convincente del suo appello. Assumersi la responsabilità è invece il punto cruciale: l’immigrazione è il caso scuola di questa stagione, trattata come una emergenza quando l’emergenza non c’è. E quando ci sarà – con la battaglia di Idlib in Siria, per esempio – saremo assuefatti e distratti e abituati a vedere navi cariche di migranti girovagare da un porto chiuso all’altro. Bisogna rimanere composti sì, ma soprattutto lucidi. Come scrive Yuval Noah Harari nel suo ultimo, imprescindibile libro, “21 lezioni per il XXI secolo”, la lucidità è potere, “se sognate una società in cui la verità regna sovrana e i miti sono ignorati, le vostre aspettative nei confronti di Homo sapiens sono malriposte. Potreste aver miglior fortuna con gli scimpanzè”.

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi