Un'immagine del sito dell'edizione russa di Forbes

Ops, dall'ultimo numero di Forbes Russia è scomparso un articolo compromettente

Micol Flammini

Una serie di errori, che errori non sono, intorno ai media

Roma. Come spesso succede in Russia, tragedia e commedia si fondono. Creano storie complesse, amare e goffe. Reazioni esasperate di fronte a eventi che rimarranno irrisolti. Così una mattina la redazione di Forbes Russia, una delle pubblicazioni più importanti della famiglia Forbes, si ritrova a sfogliare il numero di agosto fresco di stampa e si accorge che è scomparso un articolo. Il più importante, l’inchiesta sul miliardario Ziayavudin Magomedov, arrestato a marzo per appropriazione indebita di fondi statali. L’inchiesta non c’era, non si trattava di un errore della tipografia, nessuno ne sapeva nulla. Così il direttore della rivista, Nikolai Mazurin, prende la decisione di pubblicare l’articolo online. E’ un’ inchiesta dettagliata, il giornalista Sergei Titov ha ricostruito la vicenda dell’arresto di Ziayavudin Magomedov e di suo fratello maggiore, e Mazurin, forse confidando che si trattasse di un errore, ha deciso di metterla online. Eppure, la sera prima della chiusura del numero, la rivista era completa e proprio quell’articolo era stato ricontrollato più volte. In Russia le cose non nascono come errori, ma lo diventano per convenienza, e così Mazurin, conscio del suo ruolo di direttore di una delle testate più indipendenti in Russia, decide di denunciare l’accaduto. Le conseguenze, benché attese, sono state rapide: lui è stato rimosso, alla sede di Forbes è stata staccata la corrente elettrica e i giornalisti non hanno ricevuto l’ultimo stipendio.

 

Forbes Russia è stato aperto nel 2003. Vantava le firme di Paul Khlebnikov, giornalista nato negli Stati Uniti e assassinato tre mesi dopo il lancio della rivista, Leonid Bershindsky, oggi firma importantissima di Bloomberg, e Maxim Kashulinsky, che guidò la pubblicazione per sette anni a partire dalla morte di Khlebnikov. Forbes in Russia, come nel resto del mondo, doveva occuparsi di economia e business e sin dall’inizio divenne il tormento degli oligarchi e quindi del Cremlino, che comunque aveva deciso di convivere con le inchieste. Convivere fino a un certo punto, l’omicidio di Khlebnikov è una di quelle morti che in Russia non hanno un colpevole, un errore. Dalla sua nascita Forbes attira moltissima pubblicità, è il riflesso e il risultato del successo dell’economia russa, che in quegli anni è alimentato dai prezzi del petrolio, la rivista diventa il testimone ufficiale di questa crescita che coincide con i primi due mandati di Vladimir Putin. Ne racconta i lati strabilianti e quelli più oscuri. Diventa il castigatore degli oligarchi seguendo le pratiche del giornalismo investigativo americano. Il Cremlino e Forbes sono nemici, si tengono d’occhio ma si rispettano. La rivista è la prima a pubblicare interviste a miliardari e a collaboratori del presidente russo e ha scoperto anche la storia di Yevgeny Progozhin, il cuoco di Putin che ha creato la fabbrica dei troll russi di San Pietroburgo e messo su l’esercito di mercenari che combatte tutte le guerre che l’esercito regolare non può combattere.

 

Dal 2015 qualcosa è cambiato, il nuovo editore, Alexander Fedotov, ha rilevato la testata. Da quel momento una serie di errori hanno segnato la storia della rivista fino a oggi: giornalisti non pagati o rimossi e due direttori licenziati, l’ultimo è Nikolai Mazurin, ma prima di lui era stato cacciato Nikolai Uskov. “Non si presentava durante l’orario di lavoro”, ha detto l’editore. “Non è vero”, ha risposto la redazione. Come scrive la direttrice del sito russo The Bell, Elizaveta Osetinskaya, ex redattrice della testata, quello che sta accadendo a Forbes dovrebbe interessare tutti. Le inchieste della rivista sono servite a tutti, soprattutto agli Stati Uniti. Quando a gennaio il dipartimento di stato stilò la lista dei russi da sanzionare per le interferenze nella politica americana, dei 210, 96 erano uomini di affari. “Sembra che gli americani abbiano copiato l’elenco telefonico”, aveva ironizzato Mosca. No, Washington si era limitata a pescare i nomi dalla classifica degli uomini più ricchi in Russia. E chi aveva stilato la classifica se non la redazione moscovita di Forbes?

Di più su questi argomenti: