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L'intromissione russa che l'America teme di più: quella alla rete elettrica

Eugenio Cau

I consiglieri di Trump premono per prendere provvedimenti contro gli hacker del Cremlino. Le mani sul bottone del black-out

Roma. Mentre l’attenzione della politica e dei media americani è tutta concentrata sulle interferenze russe nella campagna elettorale del 2016 e sulla presunta collusione del clan Trump, i dipartimenti di stato, del Tesoro e della Difesa, sono presi da un altro tipo di interferenza proveniente da Mosca. Ieri il Wall Street Journal ha pubblicato un pezzo in prima pagina per spiegare che alcuni dei principali esponenti della Casa Bianca stanno cercando di convincere il presidente ad approvare una serie di sanzioni dure e misure preventive contro la violazione delle infrastrutture strategiche americane, in particolare la rete elettrica, da parte di hacker di stato soprattutto russi, ma anche cinesi, iraniani e nordcoreani.

 

Fino a relativamente pochi anni fa, q   uesti atti di guerra asimmetrica erano trattati nei libri di fantascienza o negli scenari geopolitici a lunghissimo raggio. L’idea sarebbe che gli hacker di una potenza nemica violino i centri di controllo della rete elettrica americana e la mettano fuori uso, provocando un black-out che potrebbe durare giorni o settimane. Sembra un’eventualità banale, ma in una società come quella occidentale non è previsto vivere senza elettricità per più di poche ore: gli ospedali sarebbero chiusi e i servizi primari interrotti, i mezzi di comunicazione resi inutilizzabili, le metropoli, improvvisamente buie, diventerebbero insicure. Senza controlli chimici gestiti da sistemi a energia elettrica, l’acqua potabile comincerebbe a scarseggiare. Gli esperti dell’Amministrazione dicono che la società americana non è preparata a sostentarsi in caso di un black-out di grandi proporzioni (non lo è nessuna società) e a giugno un gruppo di consiglieri presidenziali riuniti nel National Infrastructure Advisory Council hanno proposto un piano per lo stoccaggio di risorse in caso di catastrofe.

 

Soprattutto, la violazione delle infrastrutture elettriche non è una minaccia remota: è già avvenuta. Il mese scorso il dipartimento della Sicurezza interna ha rivelato un’operazione di violazione della rete elettrica americana che è cominciata nel 2016, proseguita nel 2018 e forse è ancora in corso. Gli autori appartengono a un gruppo di hacker chiamato Dragonfly o Energetic Bear e collegato alle agenzie di stato del Cremlino – che nega tutto, ovviamente. Gli hacker russi hanno dapprima penetrato le difese di alcuni fornitori privati dei gestori della rete, poi sono riusciti ad avere accesso ai controlli centrali. “Hanno avuto accesso al bottone ma non l’hanno premuto”, ha detto Jonathan Homer, il capo dell’analisi dei sistemi di controllo industriale del dipartimento della Sicurezza interna. Significa: tra il 2016 e il 2017, gli hacker russi sponsorizzati dal Cremlino sono già stati in grado di provocare un black-out catastrofico negli Stati Uniti, ma non l’hanno fatto perché sarebbe stato un atto di guerra, e perché hanno preferito accaparrare documenti, password, schemi della rete elettrica, informazioni riservate, per preparare il terreno ad attacchi futuri. Poi c’è l’esempio dell’Ucraina, dove gli hacker di stato russi il bottone l’hanno premuto per davvero, provocando dei black-out limitati ma comunque capaci di fare danni a Kiev e in altre zone.

 

I consiglieri dell’Amministrazione americana stanno anzitutto preparando piani per punire gli autori degli hackeraggi e creare un effetto deterrente. E’ un compito difficile, sia perché gli hacker sono bravi a cancellare le proprie tracce, e dunque è difficile attribuire con certezza le responsabilità, sia perché ogni azione troppo decisa potrebbe provocare una escalation. Alcuni esperti sentiti dal Wall Street Journal non escludono che gli Stati Uniti stiano già facendo azioni punitive, ma per ora non ne sono uscite notizie in pubblico. La strategia di deterrenza prevede un aumento della collaborazione tra le aziende private che gestiscono la rete elettrica e il governo. Poi i singoli hacker devono essere individuati e perseguiti con ogni mezzo, dai mandati di cattura internazionali alle sanzioni. Il problema principale è colpire gli hacker che vorrebbero mettere fuori uso la rete elettrica americana senza colpire i civili, ergo mettere fuori uso le reti elettriche degli altri paesi – cosa di cui senz’altro gli Stati Uniti sarebbero in grado. I media americani dicono che le agenzie governative stanno insistendo molto sul tema con la Casa Bianca, e che la questione è presa sul serio dal presidente Trump. Non dicono, ancora, se l’Amministrazione ha intenzione di prendere provvedimenti.

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  • Eugenio Cau
  • E’ nato a Bologna, si è laureato in Storia, fa parte della redazione del Foglio a Milano. Ha vissuto un periodo in Messico, dove ha deciso di fare il giornalista. E’ un ottimista tecnologico. Per il Foglio cura Silicio, una newsletter settimanale a tema tech, e il Foglio Innovazione, un inserto mensile in cui si parla di tecnologia e progresso. Ha una passione per la Cina e vorrebbe imparare il mandarino.