Benjamin Griveaux (a sinistra) e Mounir Mahjoubi (elaborazione grafica Il Foglio)

Parigi val bene una sfida (all'ultimo sangue) tra i Macron boys

Mauro Zanon

Mancano due anni alle comunali ma i due pasdaran del macronismo Mounir Mahjoubi e Benjamin Griveaux sono già in campagna elettorale

Parigi. Nella Macronia non si parla d’altro. Mounir Mahjoubi, attuale segretario di stato al Digitale del governo francese, punta a conquistare il comune di Parigi, il trampolino politico più concupito di Francia, dove però vuole salire anche un altro macronista, il portavoce dell’esecutivo, Benjamin Griveaux. “Perché non dovrebbe interessarmi? Sono nato qui, sono cresciuto qui, e ho trascorso la mia vita qui. I miei genitori sono arrivati a Parigi e grazie a Parigi sono andato a scuola gratuitamente e ho scoperto internet”, ha dichiarato ai microfoni di Bfm.tv. Mancano due anni alle elezioni comunali, ma nella capitale francese c’è già un sapore di campagna elettorale ed è tutto un bisbigliare sulla grande sfida che va profilandosi tra i due pasdaran del macronismo: da una parte il pariginissimo Griveaux, rampante “Macron Boy” cresciuto nella scuola di Dominique Strauss-Kahn, dall’altra Mahjoubi, il geek figlio della diversité che un mese fa ha fatto coming-out e detta le linee guida della Start-Up Nation dal ministero più cool della République.

 

Il primo ha manifestato le sue ambizioni parigine molto presto. Lo scorso settembre, ha preso l’Eurostar direzione Londra per sedurre le imprese della City in crisi di panico per la Brexit con frasi come “Parigi diventerà la prima piazza finanziaria europea”. Poi, tornato a casa, ha lanciato una serie di frecciatine alla sindaca socialista Anne Hidalgo e pronunciato queste parole sibilline: “Parigi si guarda troppo l’ombelico. Bisogna essere più aperti, parlare ai sindaci delle città della piccola corona (i dipartimenti limitrofi a Parigi, gli Hauts-de-Seine, il Seine-Saint-Denis e il Val-de-Marne, ndr)”.

 

Il secondo, invece, si è palesato a sorpresa dieci giorni fa, in un’intervista a Paris Match, durante la quale ha anche presentato alla Francia il suo compagno, Mickaël Jozefowicz, conosciuto proprio nella capitale. “Se sarò nella situazione di restituire a Parigi tutto ciò che questa città mi ha dato, lo farò”, ha detto Mahjoubi, nato 34 anni fa da un padre imbianchino e una madre donne delle pulizie. Entrambi, ora, dicono che la questione del candidato che difenderà i colori della République en marche (Lrem) non è d’attualità, che prima bisogna strutturare politicamente il partito a Parigi, fare campagna arrondissement per arrondissement, andare a bussare alle porte ai parigini, convincerli che la loro città ha bisogno di un progetto più ambizioso di quello portato avanti dalla Hidalgo, parigini che comunque si erano già espressi a favore della formazione macronista nel corso degli ultimi scrutini (Macron, a Parigi, ha ottenuto il 34,83% dei suffragi al primo turno delle presidenziali e undici deputati parigini su diciotto sono “marcheurs”).

 

Griveaux, tuttavia, sembra essere il più inquieto dei due. Quando gli chiedono cosa ne pensa delle fregole parigine del suo collega al Digitale, risponde che la questione della persona che otterrà l’investitura non gli interessa, ma allo stesso tempo rivendica fermamente “l’anteriorità” del suo progetto. “Fin dall’autunno scorso, ho detto che En Marche! aveva bisogno di un progetto per Parigi e che questo progetto non doveva essere realizzato con Anne Hidalgo. Sono stato ascoltato e abbiamo ricevuto il via libera del presidente della Repubblica per svilupparlo”, ha affermato al Parisien. Ma se è vero che fino a qualche settimana fa Griveaux sembrava essere il prescelto di Macron come candidato sindaco Lrem a Parigi, negli ultimi giorni pare che l’inquilino dell’Eliseo non sia più della stessa idea. E la candidatura improvvisa di Mahjoubi sarebbe la prova.

 

“Mounir Mahjoubi precisa le sue ambizioni per Parigi”, scrive il Figaro. Alcuni fedelissimi avrebbero messo in guardia il capo dello stato dalle ambizioni sfrenate di Griveaux, il quale, a detta di molti, avrebbe in mente di conquistare Parigi per poi puntare molto più in alto. Oltre a questo, i suoi lineamenti spigolosi e la sua freddezza difficilmente sarebbero in grado di federare i parigini. Meglio dunque il volto rotondo e conciliante di Mahjoubi, che a differenza di Griveaux è anche simpatico. “Se vogliamo vincere non dobbiamo portare avanti una candidatura della République en marche, ma una candidatura dei parigini”, ha dichiarato Mahjoubi. E la sua storia, molto più di quella di Griveaux, si presta bene allo storytelling macronista. “Di sicuro, poche persone avrebbero potuto immaginarsi che uno come me potesse desiderare di essere candidato. Questo è il macronismo (…) Un ragazzo figlio di genitori immigrati che è cresciuto a Parigi e diventato ministro a 34 anni può dire a sé stesso che è possibile”. Sì, questo è il macronismo.