Una manifestazione a Varsavia a sostegno di Malgorzata Gersdorf. Foto LaPresse

Nella Polonia nazionalista che protesta c'è tanto europeismo

Micol Flammini

I cittadini manifestano contro le riforme autoritarie del PiS da quasi un mese e per le strade gridano: “Europa intervieni”

Roma. Quello che la Polonia sta vivendo in queste settimane è frutto di una contraddizione esistenziale. La Polonia di Visegrád e quella di Bruxelles, l’euroscettica e l’europeista a confronto. In questi giorni, in Polonia sta accadendo qualcosa di mai visto. I cittadini protestano da quasi un mese. Chiedono al governo di porre fine al processo di riforma del sistema giudiziario che sta rendendo il paese sempre più autoritario, e all’Europa di prendere provvedimenti contro il governo del PiS, il partito Diritto e giustizia. Il PiS sta accelerando i tempi, sa che l’Ue si sta preparando per intervenire, e vuole che la nuova legge sulla Corte suprema venga approvata prima che Bruxelles riesca a bloccarla. All’inizio di luglio era entrata in vigore la riforma che abbassa retroattivamente l’età pensionabile dei giudici della Corte suprema – anche la presidente Malgorzata Gersdorf è stata mandata via – il numero dei magistrati dell’organo è stato invece aumentato da 74 a 120 e sarà il governo a fare le nuove nomine. Con l’emendamento approvato mercoledì, sarà sempre l’esecutivo a eleggere il futuro presidente della Corte, venendo meno al principio della separazione dei poteri che è alla base di tutte le democrazie europee. Bruxelles vuole intervenire, ma prendere delle decisioni e avviare un processo sanzionatorio contro uno dei paesi dell’Unione non è semplice, bisognerebbe agire all’unanimità e Varsavia può contare sull’appoggio dei suoi alleati di Visegrád. E’ difficile immaginare che gli stessi cittadini che da un mese per le strade manifestano davanti ai tribunali, al Parlamento, al palazzo del presidente gridando “Polonia libera” o “Europa intervieni”, abbiano votato uno dei governi più euroscettici dell’Ue. Il PiS non ha mai nascosto la sua vocazione nazionalista, è stato votato proprio per questo, perché prometteva di ridare la Polonia ai polacchi, inizialmente vagheggiava anche una Polexit, ma la Brexit è stata un segnale importante e il governo si è presto accorto che tirarsi fuori da Schengen e rinunciare ai sussidi di Bruxelles avrebbe portato la Polonia al collasso. Che anche se la crisi economica ha fatto male a tutta l’Europa è meglio vivere tutti insieme dentro la stessa crisi che da soli in una crisi senza aiuti europei. Il partito di Jaroslaw Kaczynski si è adattato a un europeismo di convenienza, pronto a trarre solo i profitti dello status di paese membro.

  

Questa settimana, il Senato ha respinto il referendum proposto dal presidente della Repubblica, Andrzej Duda, anche lui del PiS, che intendeva sottoporre ai polacchi vari quesiti. I principali avrebbero dovuto riguardare l’uscita dall’Ue. La decisione del Senato, che probabilmente creerà una frattura all’interno di Diritto e giustizia – Kaczynski non sta tanto bene, il premier Mateusz Morawiecki diventa sempre più importante e Duda sogna di prendersi il partito –, è la conferma che Varsavia di separarsi da Bruxelles non ha nessuna intenzione. Il governo è animato da un europeismo pragmatico, perché essere europeisti conviene, ma è per le strade che i cittadini invece sembrano aver riscoperto l’europeismo identitario. La passione per quel sistema di valori, di garanzie sulle quali si è fondata l’Unione. Insomma, sembra che Varsavia sia uscita dalla sbornia nazionalista e gli analisti ritengono che il PiS lo sappia. Sa anche che alle prossime elezioni probabilmente non vincerà e per questo starebbe creando la struttura istituzionale ad hoc che gli consentirebbe di avere delle garanzie anche dopo le prossime parlamentari che saranno nel 2019. Giovedì, ci sono anche stati degli scontri tra i manifestanti e la polizia, ma in un’Unione europea in attesa, un po’ spaesata, questo mese polacco di proteste pieno di invocazioni all’Ue e ai suoi valori, sono un segnale: uno dei paesi più euroscettici di Europa chiede più Europa. L’europeismo, proprio là dove sembrava essere stato soffocato, è vivo.

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