Attivisti di Amnesty International attendono Liu Xia, moglie di Liu Xiaobo, all'aeroporto Tegel di Berlin (foto LaPresse)

La libertà di Liu Xia è una vittoria idealista della Merkel, ma non solo

Eugenio Cau

La moglie del dissidente cinese Liu Xiaobo è arrivata a Berlino dopo anni di detenzione. I sospetti sulla trade war

Roma. Il governo cinese ha consentito a Liu Xia, moglie del dissidente politico Liu Xiaobo e prigioniera politica lei stessa, di lasciare il paese e andare in Germania, dopo otto anni di arresti domiciliari, isolamento e umiliazioni. Liu Xia era stata arrestata il 10 ottobre del 2010: due giorni prima, suo marito aveva vinto il premio Nobel per la Pace per la sua lotta per la democrazia, primo e unico cittadino cinese a ottenere il riconoscimento, e lei, Liu Xia, aveva viaggiato fino alla prigione di Jinzhou per annunciarglielo. Di ritorno a Pechino, fu messa agli arresti domiciliari. Da quel momento entrambi, marito e moglie, sono diventati i primi obiettivi dell’oppressione del regime.

 

Un'immagine di Liu Xia, moglie del dissidente politico Liu Xiaobo 

 

Liu Xiaobo, che era stato condannato nel 2008 a undici anni di prigione per “sovversione del regime statale”, è morto agli arresti il 13 luglio del 2017, dando alla Cina un ulteriore, triste primato: è stato il secondo Nobel per la Pace a morire in prigionia dopo Carl von Ossietzky, oppositore del regime nazista. Era malato da tempo di cancro al fegato, e quando la malattia aveva raggiunto uno stadio avanzato i governi di tutto il mondo avevano chiesto a Pechino di consentire a Liu di ottenere cure mediche all’estero, senza successo.

 

Mentre Liu Xiaobo era in prigione, sua moglie Liu Xia era tenuta ai domiciliari senza alcuna accusa ufficiale, con il telefono e internet staccati, pochissimi contatti con l’esterno e il governo che diceva: Liu Xia è libera di muoversi e fare ciò che crede – mentre invece le guardie le impedivano ogni movimento. Marito e moglie potevano vedersi raramente, e a lei fu consentito di riunirsi con il marito in ospedale negli ultimi giorni. Dopo la morte di Liu Xiaobo, Liu Xia fu trasferita per un periodo nella remota provincia dello Yunnan, a migliaia di chilometri da Pechino, e tenuta in isolamento, prima di ritornare a Pechino quando la commozione per la morte di Xiaobo si fu calmata. Liu Xia era agli arresti da anni, e il suo stato di salute è andato deteriorandosi fino a sfociare in una grave depressione clinica. Prima di ieri, l’ultima volta che il mondo aveva avuto notizie di Liu Xia era stato lo scorso aprile in una telefonata con Liao Yiwu, un amico e attivista, in cui Liu Xia aveva detto di essere pronta a morire: “Se non me ne posso andare [dalla Cina, ndr] morirò a casa. Xiaobo se n’è andato, non c’è più niente per me in questo mondo. Morire è più facile che vivere – non c’ è niente di più facile per me che testimoniare la mia dissidenza con la morte”. Ieri, invece, un fotografo dell’Afp l’ha ritratta in una foto iconica, sorridente e con le braccia spalancate, mentre aspettava all’aeroporto di Helsinki la coincidenza che l’avrebbe portata a Berlino.

 

 

Liu Xiaobo e la moglie Liu Xia in un'immagine d'archivio

 

La liberazione di Liu Xia è stata un successo diplomatico notevole, frutto di un lavorìo durato mesi da parte della Germania, che ha ripreso il (timido) tentativo di liberazione fatto dagli Stati Uniti l’anno scorso e l’ha portato a compimento in mesi di trattative ad alto livello che hanno coinvolto Angela Merkel, uno dei pochissimi leader occidentali a invocare la liberazione di Liu Xia e a fare pressioni direttamente sul presidente cinese Xi Jinping durante una visita lo scorso maggio. Merkel riconferma la sua fama di leader del mondo libero, e Berlino si riconferma un porto sicuro per i dissidenti democratici: Liu Xia si unirà all’artista Ai Weiwei e al già citato Liao Yiwu, entrambi nella capitale tedesca. Con abituale ipocrisia, il ministero degli Esteri cinese ha fatto sapere che Liu Xia ha lasciato la Cina “di sua volontà” e “per cure mediche”.

 

La cancelliera tedesca è stata uno dei pochissimi leader occidentali a invocare la liberazione di Liu Xia e a fare pressioni ad alto livello, e si conferma “leader del mondo libero”. Ma Pechino potrebbe aver acconsentito per trovare un alleato potente mentre affronta la guerra commerciale di Trump

 

La liberazione di Liu Xia è anche un successo diplomatico raro. Negli anni Novanta, quando i rapporti di forza tra Cina e occidente erano differenti, la liberazione di prigionieri politici, per esempio in occasione di visite di stato importanti, era relativamente frequente. Man mano che Pechino ha acquistato potere a livello internazionale, tuttavia, le liberazioni si sono fatte più rare. L’ultima è stata quella dell’avvocato per i diritti civili Cheng Guangcheng nel 2012, e non è dipesa da Pechino: Cheng scappò dagli arresti domiciliari e riuscì a rifugiarsi nell’ambasciata americana, e soltanto dopo lunghi giorni di stallo fu affidato all’allora segretario di stato Hillary Clinton e portato negli Stati Uniti.

 

Allora perché Liu Xia è stata liberata? Molti hanno ricollegato la sua partenza alla visita a Berlino del premier cinese Li Keqiang, durante la quale Germania e Cina, i due principali obiettivi della guerra commerciale di Donald Trump, hanno rinnovato la loro partnership commerciale. Pechino ha annunciato l’apertura di una gigafabbrica di batterie elettriche nel land della Turingia, in cui Bmw investirà 4 miliardi di dollari, e al tempo stesso ha riaperto il suo mercato alle esportazioni di pollame. Soprattutto, lunedì Merkel e Li hanno tenuto una conferenza stampa congiunta in cui hanno rinnovato il loro impegno a favore della libertà dei commerci e di un ordine mondiale multilaterale, un messaggio indirizzato a Washington. Colpita dai dazi dell’Amministrazione Trump, la Cina cerca appoggi in Germania (e in generale in tutta l’Europa), e alcuni analisti sospettano che la liberazione di un prigioniero politico di altissimo profilo come Liu Xia sia un modo per rendere più rapido l’avvicinamento tra i due paesi. Il tempismo della liberazione è stato perfetto per un’altra ragione: tra due giorni, il 13 luglio, ricorrerà il primo anniversario della morte di Liu Xiaobo, e Pechino ha studiato i tempi per placare le prevedibili proteste.

 

 

Il Partito comunista è convinto di avere poco da temere da Liu Xia e probabilmente spera di usare come deterrente contro futuri fastidi suo fratello minore, Liu Hui, rimasto in Cina e condannato per un abuso edilizio che molti considerano pretestuoso. Per il Partito Liu Xia, infragilita e sull’orlo del collasso dopo anni di detenzione, non è più un pericolo. Lei stessa ha sempre detto che quello forte nella coppia era suo marito Liu Xiaobo. In realtà, Liu Xia è sempre stata fortissima. Ha sposato Liu Xiaobo nel 1996, mentre lui si trovava detenuto in un “campo di lavoro” dopo una delle infinite proteste. Le guardie – ricorda il giornalista Evan Osnos – le chiesero: ma davvero vuoi sposarlo? Lei rispose: “Sì, voglio sposare proprio lui, questo nemico dello stato”.

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  • Eugenio Cau
  • E’ nato a Bologna, si è laureato in Storia, fa parte della redazione del Foglio a Milano. Ha vissuto un periodo in Messico, dove ha deciso di fare il giornalista. E’ un ottimista tecnologico. Per il Foglio cura Silicio, una newsletter settimanale a tema tech, e il Foglio Innovazione, un inserto mensile in cui si parla di tecnologia e progresso. Ha una passione per la Cina e vorrebbe imparare il mandarino.