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Lavorate meno!

Redazione

Il Giappone alle prese con la riforma del lavoro che è rivoluzione culturale

Da una parte di mondo c’è chi cerca il reddito di cittadinanza per lavorare il meno possibile. Dall’altra parte del mondo, invece, c’è un paese sottosopra. Il primo ministro giapponese Shinzo Abe sta cercando da mesi di far passare una riforma del lavoro – approvata qualche giorno fa dalla commissione Lavoro della Camera bassa del Parlamento – e che era stata già rimandata al mittente all’inizio della primavera per numerosi errori di calcolo contenuti nel testo. La legge è una specie di eredità politica fondamentale per Abe, uno degli atti legislativi più importanti del suo mandato. Tra le misure più importanti c’è quella della parità salariale tra dipendenti regolari e non regolari e l’introduzione di un tetto agli straordinari ammissibili annuali (360 ore). Quello che il Partito liberal-democratico al governo intende fare è rivoluzionare il mercato dei salaryman giapponesi, e rendere il mercato del lavoro più flessibile. I problemi però sono tantissimi, e legati soprattutto alla cultura nipponica: il 40 per cento del lavoro dipendente in Giappone è fatto di impiegati non regolari, e parificare i loro stipendi – secondo l’opposizione – vorrebbe dire più impiegati irregolari. Il disastro arriva soprattutto dalla crisi demografica: gli impiegati a tempo, part-time, precari, in Giappone sono perlopiù pensionati che sono costretti ad arrotondare. Ma per rendere il lavoro più adatto alle esigenze contemporanee, il governo di Abe vuole introdurre un’esenzione sul tetto degli straordinari per i “colletti bianchi”, cioè per gli impiegati altamente qualificati che devono poter gestire il proprio lavoro come vogliono. Ecco: per un giapponese, questo non significa provare a fregare il datore di lavoro, magari segnando delle ore non svolte. No, questo significa lavorare sempre. Nel paese in cui il governo deve obbligare i suoi dipendenti ad andare in ferie, nel paese che ha dato un nome alla “morte per troppo lavoro” – karoshi, una condizione ormai riconosciuta e studiata internazionalmente – il lavoro è una ossessione. E la devozione completa al lavoro sarebbe anche una delle cause del declino demografico e del calo dei consumi (se sei sempre al lavoro non fai figli, e non consumi). Per cambiare il mercato del lavoro serve cambiare la cultura di un paese.

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