Un manifestante palestinese nella West Bank (foto LaPresse)

Gli utili idioti di Hamas

Giulio Meotti

“Il dilemma di Israele è difendersi senza perdere l’occidente”. Interviste con Halevi e Yemini

Roma. “Il vittimismo come visione della storia stabilisce automaticamente la giustizia dalla parte dei perdenti anche se questi sono gli aggressori e hanno un piano per distruggere coloro che, a oggi, appaiono come i più forti”. Così Yossi Klein Halevi, senior fellow allo Shalem Center di Gerusalemme e commentatore ospitato sui principali media internazionali, come Wall Street Journal e New York Times, commenta i tragici fatti di Gaza di venerdì scorso, quando sedici palestinesi (di cui almeno dieci terroristi di Hamas e del Jihad islamico) sono rimasti uccisi negli scontri con l’esercito israeliano. “Il politicamente corretto ha preso il posto del pensiero critico” continua Halevi al Foglio. “E Israele, circondato da terroristi che vogliono annichilirlo e che ha di fronte la prospettiva di un assalto di massa, è ritratto dai media come l’aggressore”. E’ il dilemma di Gerusalemme: “Come restare forte in medio oriente e indebolirsi in occidente”. Il giorno dopo Gaza, i giornali di tutto il mondo hanno capovolto quei fatti. “Gli scontri di Gaza non sono sui ‘due stati e due popoli’, ma sulla sostituzione di Israele con uno stato palestinese dal Giordano al Mediterraneo” dice Halevi. “Io rispetto i palestinesi e ascolto i loro leader quando dicono di volermi distruggere, anche se non hanno quel potere oggi. E Israele deve fare di tutto per impedire che lo ottengano. Perché l’occidente non lo comprende? Spero che il giudizio europeo su Israele ogni volta che si difende provenga da una sorta di stupidità e non da qualcosa di peggio, qualcosa che viene dal cuore oscuro del XX secolo”. L’opposizione occidentale a Israele nasce da un modello antitetico? “C’è una differenza essenziale fra Israele e i paesi occidentali: noi viviamo in una regione dove i confini difendibili sono un imperativo politico e morale”, conclude Halevi. “Gli israeliani non chiederanno scusa per difendersi. Preferisco stare al sicuro che avere la simpatia europea”.

 

Sabato, sul maggiore quotidiano israeliano Yedioth Ahronoth, Ben-Dror Yemini ha scritto una lettera aperta ai vicini palestinesi. “Non sono sorpreso da questi media occidentali, dai Corbyn, dai Sanders e dalla Ue, che simpatizzano con Hamas e li considerano ‘pacifici dimostranti’, mentre a Gaza gridavano ‘Khaybar Khaybar ya Yahud’, uccidi gli ebrei” dice al Foglio Yemini. “Agli utili idioti di Hamas dico: condannateli, ordinate loro di disarmare e abbandonare l’odio. Sono queste élite progressiste che controllano i media a rendermi furioso, quelli che cantavano ‘pace e umanità’ e stavano con Stalin, che come Foucault adorarono Khomeini, che come Chomsky elogiavano i Khmer rossi e ora hanno Hamas”. Il dilemma di Israele per Yemini è una condanna, quasi: “Israele sta vincendo la battaglia ma sta perdendo la guerra dell’opinione pubblica. I leader palestinesi non parlano di pace, ma di distruzione. E’ il jihad che, dalla Somalia a Gaza, dalla Nigeria al Pakistan, porta ovunque sia distruzione e guadagna adepti in occidente. E’ questo che dirò la prossima settimana parlando al Parlamento europeo”. Perché chi vuole fare la pelle a Israele non sta assiepato soltanto a Gaza, ma anche nei palazzi del potere e nelle desk room.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.