"Il sogno", dipinto da Pablo Picasso a Parigi nel 1932 (foto via Pinterest)

Gli anni erotici e scorretti di Picasso in mostra. Sconsigliata ai moralisti

Cristina Marconi

La Tate di Londra e l'amore per Marie-Thérèse Walter: chi si scandalizza davanti a Balthus non è il benvenuto. Si lanci un bell’hashtag bellicoso

Londra. Fanno una mostra su Picasso e sulla sua musa ragazzina, quella Marie-Thérèse Walter incontrata fuori dai grandi magazzini a 17 anni e subito fermata – aveva il profilo greco, d’altronde – e subito una nipote s’affretta a dire: nonno non era un mostro, nonna non avrebbe aderito al #MeToo. Però i tempi sono quello che sono e se uno vuole raccontare il 1932 di Pablo Picasso, “année erotique” nel sottotitolo della mostra parigina dell’anno scorso, “amore, fama e tragedia” in quello dell’evento della più pruriginosa Tate Modern, tocca affrontare pure questi temi. Anche un magazine rispettato come Artlyst si è lanciato in un titolo amletico – “Picasso: Genio o ennesimo maiale misogino?” – prima di concludere amaramente che ormai l’unico artista a cui è consentito essere “cattivo” in senso morale è “preferibilmente un artista morto molto vecchio”. E cosa fare allora di tutti quelli che da Jonathan Franzen in giù raccontano del frisson che provano davanti a un’opera del Caravaggio, assassino operativo più di quattrocento anni fa? “Picasso è, effettivamente, problematico. Ma possiamo guardarlo oggi senza un certo disagio? Forse c’è sempre stato”, scrive il critico del Guardian per mettere le mani avanti qualora qualche collega si dedicasse a mettere in croce chiunque abbia anche solo un po’ apprezzato l’intensità e la bellezza di quello che si vede nelle grandi sale sul Tamigi.

 

La mostra della Tate, la prima dedicata interamente a Picasso dalla ex centrale elettrica diventata meta inaggirabile del turismo dell’arte contemporanea, anche e sopratutto di quello low cost e un po’ distratto, potrebbe però segnare un momento di svolta e di rivendicazione per il settore dell’arte, visto che fin dall’immagine scelta per pubblicizzarla si mettono le cose in chiaro: qui i moralisti che si scandalizzano davanti alle bambine di Balthus non sono i benvenuti, e se volete lanciare un bell’hashtag bellicoso fatelo subito perché la locandina è “Il Sogno”, un ritratto di Marie-Thérèse che dorme con il caschetto biondo reclinato sulla poltrona rossa e il suo profilo diventa un dolce volto a cuore grazie a un pene che ne completa l’ovale.

 

“Parliamo di circa 85 anni fa. Tendiamo a trasferire i codici morali e sessuali di oggi indietro nel tempo e non credo sia un bene per l’arte”, ha tenuto a precisare la direttrice della Tate, Francis Morris, qualora qualcuno decidesse di boicottare la mostra in quanto esempio lampante di patriarcato: “Penso che dobbiamo vedere l’arte libera dalla prospettiva contemporanea”. E vediamola. Cento opere fatte in appena un anno da un Picasso cinquantenne all’apice della sua fama, diviso tra l’appartamento a due passi dagli Champs Elysées e un castello appena comprato, alle prese con il suo catalogo ragionato e in procinto di vedere aperta la prima retrospettiva sul suo lavoro, ma anche tallonato da Matisse e dai surrealisti, in crisi con Olga Khokhlova, la ballerina con cui è sposato da tempo e da cui ha avuto un figlio, Paulo. E soprattutto divorato da una relazione che dura da cinque anni, quella con Marie-Thérèse, la musa atletica e bionda, l’ossessione sessuale, la nuotatrice forte che però quell’anno rischia una volta di affogare, il corpo che ritorna in ogni quadro, con tre ritratti dipinti in cinque giorni, con quella ciocca dorata che la distingue dalle altre e quel profilo che dipinge, scolpisce, disegna. “Hai un viso interessante. Io sono Picasso. Tu ed io faremo grandi cose insieme”, le aveva detto incontrandola che andava a comprarsi un colletto da scolaretta e i polsini da metterci insieme, pure loro mai dimenticati. Come dice Rachel Campbell Johnson sul Times, “questi lavori sono una celebrazione della passione fisica: pura e semplice, sporca e complessa”.

 

Prima del 1932 non aveva ancora iniziato a dipingerla esplicitamente, a renderla così riconoscibile, e in quell’anno terribile e splendido, con l’Europa alle prese con la sua calata agli inferi, Marie-Thérèse viene allo scoperto con la sua zazzera bionda e quei ritratti che continuano a parlare – uno è stato venduto per 49,8 milioni di sterline pochi giorni fa – e come dice la nipote Diana Widmaier-Picasso quello è rispetto, è la trasformazione della donna in “una figura di pace e di libertà”.

 

Pochi anni dopo avranno una figlia, Maya, e pochi mesi dopo lui la lascerà per Dora Maar, aprendo un nuovo capitolo della sua vita e della sua arte. Quando il pittore è morto, novantunenne, nel 1973, a Marie-Thérèse non è stato permesso di andare ai funerali. Quattro anni dopo si è suicidata. La mostra rimarrà aperta fino all’8 settembre.

Di più su questi argomenti: