L'Europarlamento in seduta plenaria a Strasburgo (foto LaPresse)

A Bruxelles il Selmayrgate ci ripropone errori e abusi della bolla europea

David Carretta

La "House of Cards" brusselese continua e alcuni deputati europei minacciano una mozione di censura contro Juncker come quella che portò alla caduta della Commissione di Jacques Santer

Strasburgo. Il Parlamento europeo ieri ha compiuto il passo poco consueto di dibattere sulla nomina di un alto funzionario della Commissione, aprendo la strada a un possibile conflitto istituzionale prima delle elezioni europee del 2019. Secondo Guy Verohfstadt, capogruppo dei liberali, “se la Commissione Juncker non starà attenta, farà la stessa fine della Commissione Santer”, che nel 1999 fu costretta a dimettersi per aver gestito male un caso di nepotismo. Sul banco degli imputati c'è l’ex capogabinetto di Jean-Claude Juncker, il tedesco Martin Selmayr, che il 21 febbraio scorso è stato promosso segretario generale della Commissione con un colpo di mano che getta un’ombra sulla reputazione dell’esecutivo comunitario. Nomina lampo imposta dal presidente, collegio dei commissari tenuto all’oscuro fino all’ultimo minuto, forzatura delle procedure per selezionare i candidati: la House of Cards brussellese fa correre un rischio a Juncker e alla sua “Commissione dell’ultima chance”.

  

Non avendo più nulla da perdere a fine legislatura, alcuni deputati europei minacciano una mozione di censura come quella che portò alla caduta della Commissione di Jacques Santer, a causa dell’amico dentista assunto come consigliere scientifico nel gabinetto della commissaria francese Edith Cresson. Jean Quatremer, giornalista di Libération che aveva contribuito a svelare alcuni scandali della Commissione Santer, si è risvegliato da un lungo letargo ed è di nuovo in prima linea per denunciare le malefatte dell’esecutivo Juncker e del sistema Selmayr. Il mediatore europeo, che ha competenza sui casi di cattiva amministrazione delle istituzioni Ue, ieri ha annunciato che sta analizzando due esposti.

 

Da giorni, per bocca dei suoi portavoce, la Commissione risponde che le regole sono state rispettate “religiosamente”. Ma non passa giorno senza che emergano nuovi dettagli imbarazzanti, documenti tenuti riservati o book fotografici del futuro segretario generale che l’allora capo-gabinetto di Juncker ha fatto caricare sul sito internet della Commissione dieci giorni prima della nomina, ma anche prima di passare i colloqui obbligatori per arrivare a occupare il posto più importante dell’amministrazione comunitaria. Se la palla di neve si sta trasformando in valanga è perché, aldilà dei formalismi, la scelta di Selmayr è altamente politica e solleva un grande interrogativo che circonda l’esecutivo Juncker sin dall’inizio del suo mandato: la Commissione è diretta dal suo presidente e dagli altri 27 commissari sulla base del principio della collegialità come previsto dal Trattato oppure tutto il potere è nelle mani di un funzionario non eletto e del clan che si è costruito sulla base della fedeltà e degli interessi di potere?

 

A 63 anni, Juncker è acciaccato da alcuni guai fisici (abuso di alcol, calcoli renali, sciatica), ma è soprattutto politicamente vecchio. Cresciuto nell’Ue di Helmut Kohl e François Mitterrand che aspirava a “un’Unione sempre più stretta”, si è ritrovato a fare i conti con i Viktor Orban e i Sebastian Kurz nell’era dei nazionalismi e dei populismi galoppanti. Il suo slogan “small on small, big on big” si è concretizzato in un vuoto di nuove iniziative legislative e nell’inazione quando si tratta di applicare le leggi esistenti. La volontà dichiarata di essere una Commissione politica ha portato l’Unione europea a fare concessioni oltre il limite della legalità su un’infinità di dossier (dalla flessibilità all’Italia sul Patto di Stabilità e Crescita al pedaggio autostradale riservato ai non-tedeschi in Germania). Ogni decisione è stata presa con un ruolo preponderante di Selmayr, il più delle volte sopra la testa dei commissari responsabili o dell’intero collegio. Nessuno ha avuto da ridire fino a quando Selmayr ha svolto la funzione di capogabinetto di Juncker, che di fatto aveva delegato al tedesco l’esercizio del suo mandato. Ma con la nomina a segretario generale, che in più pretende di continuare a fare il capogabinetto ombra, Selmayr ha superato i limiti di quel che è considerato istituzionalmente e democraticamente accettabile. Quello di Selmayr è “abuso di potere politico”, ha detto al Foglio l’eurodeputato catalano Ramon Tremosa. Come ha detto ieri l’europarlamentare francese del Partito popolare europeo, Françoise Grossetête, “le istituzioni europee non appartengono agli alti funzionario, appartengono ai cittadini. Gli alti funzionari sono lì per servire i cittadini e non per servire se stessi”. Per il bene dell’Ue, la non presidenza Juncker e la presidenza Selmayr devono finire il più presto possibile.