Theresa May (foto LaPresse)

Londra è pronta a un'azione autonoma contro Mosca

Anna Zafesova

Tra le alternative di Theresa May contro Vladimir Putin ce n’è una più simbolica delle altre. E dopo Skripal c'è un altro russo morto

Milano. A pochi giorni dalla quarta rielezione di Vladimir Putin alla presidenza della Russia, tra Londra e Mosca si sta aprendo una crisi senza precedenti, dopo che Theresa May ha accusato i servizi segreti russi di aver avvelenato l’ex spia russa Sergei Skripal e sua figlia Yulia. La coppia rimane in ospedale, in condizioni “critiche ma stabili”, e intere zone del centro di Salisbury, sono stati probabilmente avvelenati in un ristorante italiano, sono chiuse al pubblico, mentre si segnalano sintomi di intossicazione anche tra i poliziotti e i medici che li hanno soccorsi. Per May infatti non si tratta soltanto di un episodio di guerre tra spie – Skripal era stato condannato in Russia per essere passato con l’MI6, ottenendo poi l’asilo in Inghilterra, e Putin qualche giorno fa ha dichiarato che non perdona il tradimento – ma di un “attacco indiscriminato e sfacciato contro il Regno Unito, che ha messo a rischio vite innocenti”. I chimici britannici hanno identificato il veleno come l’agente paralizzante Novichok di produzione russa, e il primo ministro aspetta spiegazioni dal Cremlino entro oggi, in assenza delle quali verranno prese “vaste misure” contro la Russia, colpevole di “uso illegale della violenza” in territorio britannico.

 

L’ambasciatore russo a Londra è stato convocato da Boris Johnson, che non gli ha nemmeno stretto la mano, esigendo tutte le informazioni sul Novichok, che peraltro la Russia dichiara di non possedere, dopo l’annuncio del settembre scorso di aver distrutto tutte le armi chimiche. Il ministro degli Esteri Sergei Lavrov replica che la Russia dovrebbe prima ricevere, in base ai trattati internazionali, un campione della sostanza incriminata. La portavoce della diplomazia russa è stata meno formale, parlando di “spettacolo da circo”: “Nessuno può dare un ultimatum di 24 ore a una potenza nucleare come la Russia”. La presidente del Senato Valentina Matvienko è convinta che l’affare Skripal sia una “fake news” confezionata per le elezioni. Per il presidente della Duma Vladimir Volodin sono stati gli stessi britannici ad avvelenare la loro ex talpa, ricordando altri casi di russi che avevano chiesto asilo a Sua Maestà: “E’ evidente che non vogliono che quelli usati cinicamente da loro tornino in Russia a raccontare come è andata”.

 

Londra resta la capitale europea più ai ferri corti con Mosca, in uno spy game storico. Da quando, nel 1978, il dissidente bulgaro Georgi Markov venne ucciso sul ponte di Waterloo dalla puntura di un ombrello avvelenato, le morti inquietanti sul suolo inglese sono state numerose, con la più clamorosa, l’avvelenamento con il polonio di Alexandr Litvinenko, nel 2006, in circostanze simili a quelle di Skripal. Il suo datore di lavoro, l’ex oligarca Boris Berezovsky, morì con segni di corda al collo nel 2013, e proprio ieri è stato trovato morto nella sua casa londinese un altro nemico di Putin e amico di Berezovsky, Nikola Glushkov, l’ex direttore dell’Aeroflot. Il Sun sostiene che anche Glushkov avrebbe segni di corda al collo, e che sulla sua morte sta indagando l’antiterrorismo britannico (è pure possibile che si sia sucidiato: avrebbe dovuto presentarsi a un’udienza nella quale Aeroflot gli chiedeva circa 100 milioni di danni, e aveva già venduto la casa per pagare gli avvocati). Le relazioni tra Mosca e Londra dopo il caso Litvinenko rimasero gelide per anni, e ora rischiano di precipitare sotto lo zero. Il Regno Unito ha già ottenuto la solidarietà di Washington, con Donald Trump che ha dichiarato di accettare “le conclusioni degli inglesi come dei fatti”. Sono in corso consultazioni con i partner europei, ma è improbabile che gli inglesi cerchino una ritorsione in ambito europeo, troppo macchinosa e fuori luogo nel contesto della Brexit. E Londra ha già fatto sapere che, pur interpretando l’avvelenamento di Skripal come un attacco straniero, non invocherà l’aiuto degli alleati della Nato.

 

Si tratterà quindi di un’azione autonoma, al massimo con il sostegno degli Stati Uniti. Dalla durezza delle accuse di May sembra improbabile che ci si limiti all’ordinaria amministrazione delle espulsioni reciproche dei diplomatici. A Londra si parla di ridurre al minimo le relazioni diplomatiche, con il ritiro dell’ambasciatore russo, e di misure contro i media della propaganda russa come la tv Rt, già dichiarata “agente straniero” dagli americani. Difficile che venga colpita la nutrita comunità di espatriati russi, il famigerato Londongrad, non solo perché formato sia da putiniani sia da dissidenti, ma soprattutto perché tra college per i figli, shopping delle mogli e delle amanti, investimenti immobiliari che non hanno mai fatto sentire l’eco della crisi a Kensington e dintorni e affari nella City, portano troppe sterline. Più facile un’azione mirata, sanzioni contro singoli individui, entità e società della Russia, forse un’equivalente inglese del Magnitsky Act degli americani, una lista aggiornabile di individui e organismi ritenuti responsabili dell’avvelenamento. Mosca ha già promesso di rispondere con ulteriori ritorsioni. E così la premier May riconfermerà il ruolo di Londra come campione della democrazia mondiale e della lotta alle dittature. E Putin, nell’ultima settimana di una campagna elettorale improntata alla sfida all’occidente, potrà dimostrare ai russi che sono circondati da nemici, odiati e temuti all’estero, e che lui e i suoi missili sono l’unica barriera contro un mondo ostile.