Perché Trump blocca il più grande deal dell'anno? Chiedere a Pechino

Eugenio Cau

Se i dazi sono lo strumento con cui il presidente americano vuole sparigliare gli equilibri commerciali globali, il Cfius è lo scudo con cui parare i fendenti della Cina. Il caso Broadcom-Qualcomm

Roma. Perché mai Donald Trump dovrebbe osteggiare il più grande deal economico dell’anno? Il deal è quello in cui Broadcom, produttore di chip di Singapore, ha fatto un’offerta ancora non ufficiale per comprare Qualcomm, concorrente americano, per la cifra astronomica di 117 miliardi di dollari. Sarebbe una delle acquisizioni più grandi degli ultimi anni, e la più grande della storia nel settore della tecnologia. Broadcom, pur essendo di Singapore, proprio per propiziare il deal l’anno scorso ha aperto un secondo quartier generale in California, ha una buona parte della dirigenza americana e ha promesso che, in caso di acquisizione di Qualcomm, i posti di lavoro e gli investimenti rimarrebbero negli Stati Uniti. Qualcomm ha detto che l’offerta è troppo bassa, ma Broadcom l’ha già alzata una volta, è plausibile che lo faccia ancora e che alla fine l’affare vada in porto.

 

Ma l’Amministrazione Trump è contraria. Tanto che, con una mossa fuori protocollo, ha invocato un’indagine sull’accordo prima ancora della sua formalizzazione (di solito avviene il contrario: prima viene presentato il deal, e l’indagine viene avviata solo successivamente, in caso di irregolarità). A indagare sarà il Cfius, la Commissione per gli investimenti esteri negli Stati Uniti, un organo composto da membri di vari dipartimenti governativi. La ragione dell’indagine, sostiene il Cfius, è la più grave possibile: il deal tecnologico più grande della storia è una minaccia per la sicurezza nazionale americana. E la ragione principale è che il deal potrebbe indebolire l’America e favorire il più grande concorrente di Washington nella corsa al dominio tecnologico globale: la Cina, ovviamente.

 

Cosa c’entra la Cina? Broadcom è una società di Singapore. E’ vero, ma ha ampi (e ovvi) contatti d’affari con aziende e governo cinesi. Soprattutto, il Cfius – dunque l’Amministrazione Trump – teme che l’acquisizione da parte di Broadcom possa indebolire la leadership di Qualcomm sul mercato e lasciare spazio alla concorrenza cinese di aziende come Huawei. Poi c’è lo scenario più temuto dall’Amministrazione, quello in cui, una volta svincolata dal controllo americano, la nuova azienda formata dall’unione tra Broadcom e Qualcomm è infine inghiottita da un qualche conglomerato cinese legato al regime comunista, uno dei tanti che negli ultimi anni ha conquistato, a suon di miliardi, alcuni dei gioielli tecnologici americani ed europei. Per l’America, Qualcomm ha un valore strategico. Non solo produce i chip di moltissimi device in circolazione (se avete uno smartphone Android, è probabile che dentro ci sia un chip Qualcomm), ma ha una posizione di leadership nel settore strategico delle reti 5G, che per Washington sono così importanti che per un periodo, qualche mese fa, nello Studio Ovale si è perfino pensato a una nazionalizzazione. Broadcom ieri ha promesso investimenti nel 5G americano e di creare un fondo miliardario per formare ingegneri locali, ma difficilmente basterà.

 

L’inchiesta proattiva del Cfius, la prima di questo tipo nella storia del poco conosciuto ente governativo, è un elemento fondamentale della strategia commerciale dell’Amministrazione Trump. Se i dazi sono la spada, lo strumento d’attacco con cui Trump vuole sparigliare gli equilibri commerciali globali (e, tendenzialmente, peggiorarli: vedi l’articolo in pagina) il Cfius è la difesa, lo scudo con cui parare i fendenti altrui, dove dietro ad “altrui” bisogna leggere: la Cina. Con frequenza crescente a partire dalla fine dell’Amministrazione Obama, e in maniera definitiva con l’avvento di Trump, il Cfius è passato dall’essere un ufficio burocratico alla “principale arma dell’arsenale protezionistico di Trump”, ha detto un analista di JP Morgan al New York Times. Di recente ha bloccato l’acquisizione dell’americana Moneygram da parte della cinese Ant Financial e quella di Lattice Semiconductor (un’altra azienda che produce chip, come Qualcomm) da parte di Canyon Bridge Capital, fondo finanziato in gran parte da yuan cinesi. Qualche giorno fa, ha bloccato l’acquisizione dell’azienda di robotica Xcerra da parte di un fondo controllato dal governo di Pechino.

 

Insomma, mentre la Cina è chiaramente all’attacco, e da anni usa il suo muscolo finanziario per ottenere tecnologia e know-how strategici, l’Amministrazione Trump (ma il trend era iniziato negli ultimi anni di Obama, che già nel 2016 aveva bloccato l’acquisizione cinese di Aixtron) ha deciso che la fedeltà alla teoria liberomercatista è meno importante della sicurezza nazionale e delle prospettive di leadership futura negli ambiti tecnologici fondamentali. La situazione non può che aggravarsi: al Congresso è in corso di studio una legge bipartisan che ingrandisce e rafforza i poteri del Cfius.

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  • Eugenio Cau
  • E’ nato a Bologna, si è laureato in Storia, fa parte della redazione del Foglio a Milano. Ha vissuto un periodo in Messico, dove ha deciso di fare il giornalista. E’ un ottimista tecnologico. Per il Foglio cura Silicio, una newsletter settimanale a tema tech, e il Foglio Innovazione, un inserto mensile in cui si parla di tecnologia e progresso. Ha una passione per la Cina e vorrebbe imparare il mandarino.