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Se in Europa vince la narrativa di Orbán

Micol Flammini

Secondo Politico, il discorso di Juncker sullo stato dell'Unione, avrebbe legittimato molte delle pretese che il premier ungherese muoveva già da alcuni anni

Forse nelle nuove politiche europee c’è un’eco delle volontà di Viktor Orbán. Lo suggerisce, a bassa voce, Politico che, analizzando il discorso sullo stato dell’Unione di Jean-Claude Juncker e osservando le svolte delle politiche dei principali paesi europei, fa sapere che forse Orbán sta vincendo il dibattito sull’immigrazione.

  

ll primo ministro ungherese è tra i leader europei più odiati proprio per il totale rifiuto che ha dimostrato finora nell’accogliere i migranti e per aver sigillato la rotta balcanica con un muro, ma se si guarda con attenzione a come le nazioni stanno affrontando il tema dell’immigrazione all’evoluzione delle politiche d’accoglienza dal 2015 a oggi, si nota, in sottofondo, una nota “Orbániana”.

  

Nel discorso di Junker all’Europarlamento sembrava risuonassero molte delle richieste che Orbán aveva avanzato già qualche anno fa: potenziare i controlli alle frontiere, aiutare i migranti in Africa, implementare la politica dei rimpatri. Alcune delle frasi del presidente della Commissione europea, citate nell’articolo di Politico, riprendevano proprio le tematiche care al gruppo di Visegrad.

  

Ungheria e Slovacchia hanno perso la lotta con Bruxelles quando la Corte di Giustizia dell’Unione europea ha imposto alle due nazioni le quote di ricollocamento dei migranti. Però, potrebbero aver vinto una battaglia di valori. Francia, Germania e Italia, stanno inseguendo, con toni più pacati e politiche meno aggressive, la narrativa di Orbán e l’Europa sta apprezzando, come dimostra l’elogio che Juncker ha fatto della “generosità” del governo italiano che è riuscito a bloccare i flussi migratori. Gli sforzi delle maggiori potenze europee, incluso quello italiano di bloccare le Ong, i tentativi di stringere degli accordi con i governi africani, sembrano rientrare proprio nella logica di Orbán.  

   

L'ipotesi di un tale cambiamento di rotta, secondo Politico, è che con i paesi dell’Europa orientale che continuano a fare resistenza e a rigettare le quote di migranti che gli vengono assegnate, le altre nazioni sono riuscite a trovare un fronte comune. Trovare un nemico nei quattro di Visegrad, ha offerto a tutti gli altri un modo per colmare le divisioni e ritrovare un progetto unitario. Fino a due anni fa sarebbe stato impensabile che la Francia potesse chiedere ai governi di Niger e Chad di creare dei centri per migranti, la proposta sarebbe stata osteggiata in ogni modo dai gruppi umanitari, così come il codice che l’Italia ha imposto alle Ong. Tutti dati che sembrano indicare come la narrativa di Viktor Orbán stia, silenziosamente e lentamente, prevalendo.

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