Un'immagine del cartone animato della Disney di Alice nel paese delle meraviglie

Dopo 150 anni Alice meraviglia ancora e moltiplica le sue edizioni

Antonio Gurrado
Indagine sul mistero editoriale del capolavoro di Carroll. La questione dell’autore di Alice è intricatissima e Rizzoli è la casa che l’ha resa meglio attraverso lo specchio di varie edizioni che anziché soppiantarsi si sono affiancate mescolandosi. E’ un caleidoscopio.

I misteri dell’editoria non sono le cabale congetturate dietro le quinte dello Strega ma le impalpabili circostanze che mutano il senso di un catalogo. Ad esempio: in questi giorni, centocinquant’anni fa, veniva pubblicato “Alice nel Paese delle Meraviglie” e l’anniversario trova Rizzoli prontissima con due uscite simultanee: un’edizione d’arte fuori collana e una che inaugura i Classici Bur Deluxe. Teoricamente il libro è lo stesso: il titolo coincide e la traduzione è sempre quella magistrale di Masolino D’Amico. I dubbi sorgono riguardo all’autore. Sull’edizione d’arte risalta il nome di Rébecca Dautremer promossa da illustratrice a coautrice, vista la preponderanza dell’apparato iconografico; quanto alla Bur Deluxe, si tratta dell’edizione nostrana di “The Annotated Alice” (Norton) il cui autore è Martin Gardner. Il libro è stato scritto più da lui che da Carroll, in effetti, sia per la dimensione delle note che fagocitano il testo (sei pagine per spiegare la poesia “Jabberwocky”, tutte necessarie) sia perché l’opera è talmente celebre che un lettore di media cultura può anche leggere solo il paratesto ricavandone erudizione e diletto più che sufficienti. Rizzoli smercia due Alici insieme perché con gli autori cambia il senso dell’opera: una serve a chi vuol vedere, l’altra a chi vuol capire. Sembrano uguali ma sono due libri diversi.

 

La questione dell’autore di Alice è intricatissima e Rizzoli è la casa che l’ha resa meglio attraverso lo specchio di varie edizioni che anziché soppiantarsi si sono affiancate mescolandosi. E’ un caleidoscopio editoriale. La prima Alice italiana risale al 1966, con la traduzione di Tommaso Giglio che è rimasta di riferimento fino al 2010, quando si verificò il primo sdoppiamento: questo vecchio testo fu mantenuto a supporto delle nuove illustrazioni di Anne Herbauts per la prima infanzia ma contemporaneamente l’innovativa versione di D’Amico (già apparsa nel 2006 nella raccolta “Il mondo di Alice”) accompagnò le tradizionalissime xilografie di John Tenniel che decoravano l’edizione inglese del 1865. Come se non bastasse, nel 2013 Bur rilevò da Feltrinelli la traduzione che Aldo Busi aveva originariamente curato per Mondadori, altrettanto bella ma diversissima: D’Amico si scatena sui nonsense, Busi su calembour come “larvato consiglio di un bruco”. Così annoveriamo sette diverse Alici griffate Rizzoli.

 

Le prime parole di Alice sono: “A cosa serve un libro senza figure?”. Infatti la scelta dell’illustratore è altrettanto dirimente. Tenniel lavorava gomito a gomito con Carroll, al punto da influenzarlo nella trama e fargli sopprimere episodi che non riusciva a disegnare. Il personaggio del Cavaliere Bianco, unanimemente identificato in Carroll dalla critica, fu disegnato da Tenniel con le proprie fattezze per dire che si riteneva autore anche lui. Carroll stesso inventò le edizioni plurime del capolavoro, giungendo all’eccesso di far pubblicare una “Nursery Alice” in cui il testo fu rimaneggiato e tagliato affinché venissero ingrandite e colorate tutte le illustrazioni di Tenniel. Inoltre immaginando Alice ci viene in mente una ragazzina dai lunghi capelli biondi, sembiante che la Disney ha ripreso dalla prima edizione e che sull’ultima copertina della versione di Busi Iacopo Bruno rende con venature manga e fenicottero al petto. Se però guardiamo Alice Pleasance Liddell, la ragazzina che ispirò Carroll, notiamo che ha il caschetto nero esattamente come l’Alice melanconica e visionaria della Dautremer.

 

[**Video_box_2**]Il mistero è che questo gioco editoriale sembra condotto apposta da un appassionato di Alice allusivo e colto per scatenare eruditi e curiosi prolungando di un secolo e mezzo le sottili ambiguità principiate dall’autore; se non che, a quanto la Rizzoli ha dichiarato al Foglio, non è frutto di un disegno ma del lavoro parallelo di redazioni indipendenti, ciascuna delle quali ha voluto perseguire la propria Alice ideale e diversa, ricreando sdoppiamenti e gemmazioni che Lewis Carroll non avrebbe saputo imbastire meglio. Così Rizzoli ha reso un gran servizio a un classico: far sì che il lettore non lo trovi scontato ma, davanti ad Alice, come il bruco sia portato a chiedere “Cosa essere tu?”.
Antonio Gurrado

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