La fine dei "Beatles" spiega come è stata vinta la guerra all'Isis
Curdi e Cia catturano in Siria gli ultimi due fuggitivi del gruppo di assassini e propagandisti dello Stato islamico
Roma. Torturare prigionieri e assassinarli davanti a una telecamera e produrre video in alta definizione con minacce in inglese è più facile che vincere la guerra, come alla fine hanno scoperto anche tutti e quattro i membri dei Beatles, la cellula dello Stato islamico che si è occupata del rapimento, della detenzione e dell’uccisione degli ostaggi occidentali in Siria. Il giornalista Adam Goldman del New York Times ha fatto uno scoop e ha scoperto da fonti del Pentagono che le forze curdo-siriane (Sdf) hanno catturato gli ultimi due membri della cellula a gennaio e li hanno portati a Rumelan, estremo est della Siria, in un vecchio sito per l’estrazione del petrolio riconvertito in base militare per i curdi e per i soldati americani. Non avevano capito subito chi avevano preso, ci sono arrivati assieme agli specialisti della Cia che lavorano assieme a loro e che dopo avere identificato i due inglesi li hanno interrogati perché rivelassero dettagli utili sulla leadership del gruppo terroristico (sono arrivati anche agenti dell’intelligence britannica, del resto il governo aveva mandato un distaccamento di forze speciali del Sas con il compito preciso di trovarli). Si era pensato che potessero essere tra le migliaia di foreign fighters uccisi nella sequenza di battaglie perse dallo Stato islamico nel 2017, e quindi finiti sotto i detriti di qualche edificio bombardato. Invece erano vivi e stavano salendo di rango fino a occupare ruoli mai ricoperti da stranieri non arabi ed erano diventati parte dell’intelligence dello Stato islamico, scrive l’esperto iracheno Hisham al Hashimi, prima di essere intercettati – e questo spiega per esempio perché non erano mai più apparsi in fotografie o video.
E’ una fine simbolica per il gruppo di volontari stranieri (tutti di West London) che ha avuto il ruolo più simbolico di questa guerra al terrorismo. Sono stati i Beatles a far conoscere al mondo lo Stato islamico quando nell’agosto 2014 girarono il video della decapitazione del reporter americano James Foley, sequestrato due anni prima. Un mese dopo quel video cominciarono i bombardamenti occidentali. La débâcle dei quattro è una rappresentazione fedele di come è stata vinta la guerra allo Stato islamico in Siria: la star e leader del gruppo Mohammed Emwazi, “Jihadi John”, è stata uccisa da un drone americano a Raqqa – fu individuato e seguito per giorni, un missile Hellfire colpì l’automobile che lo aspettava soltanto tre passi fuori dal portone di un palazzo che affaccia sulla piazza dell’orologio di Raqqa nel novembre 2015; il secondo, Aine Davis, è stato catturato in Turchia lo stesso mese ed è sotto processo per terrorismo; gli ultimi due, Alexandar Kotey e El Shafee Elsheikh, sono stati presi dagli stessi curdi che Washington ha finanziato, armato e appoggiato per due anni. Quindi uno ucciso dai droni, uno preso in Turchia e due dagli alleati curdi, a chiarire ancora una volta che se il conflitto è stato vinto (per ora) è grazie a una campagna di guerra e d’intelligence molto macchinosa e costosa messa in moto dall’America nel 2014 assieme agli alleati arabi e occidentali. La Russia, che a dicembre ha annunciato il terzo finto ritiro dalla Siria mentre continua a inviare più soldati e più mezzi, per ora non può dire altrettanto perché è stata più concentrata su altri obiettivi – politici soprattutto – che sullo Stato islamico.
Secondo la Bbc almeno uno dei due, Kotey, è stato di sicuro preso nella campagna attorno a Raqqa mentre tentava di raggiungere la Turchia grazie ad alcuni suoi contatti dall’altra parte del confine. Se fosse confermato, sarebbe un punto della storia molto interessante: i Beatles sapevano di essere tra i più ricercati di tutta la guerra, avevano un posto dentro la gerarchia dello Stato islamico, eppure hanno tentato l’ultima fuga, dopo avere partecipato all’esecuzione fanatica di almeno 27 prigionieri e dopo i video di minacce inesorabili contro l’occidente. La traiettoria della loro storia potrebbe essere utile. Infliggere sconfitte cocenti, come sanno molti esperti di terrorismo, è il miglior programma di deradicalizzazione.
la sconfitta del dittatore