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Il turismo digitale a Milano fa boom, ma siamo indietro. Ci aiuterà il mondo lgbt

Gianluca Ferraris

Se oggi il 79% di ricerche, prenotazioni e organizzazione itinerari verso l’Italia avviene in rete, per il turismo lgbt si sale all’87%, con search data e frequenze di viaggio che sono più del doppio di quelle tradizionali

Fra l’Ema e la Consob spuntano iil loro indotto sia più trascurabile. Lo scorso 6 settembre Milano è stata scelta dall’Enit, l’Ente nazionale per il turismo, come candidata italiana a ospitare nel 2020 la convention organizzata dal-l’International gay and lesbian travel association che fra due anni e mezzo potrebbe portare qui centinaia di imprese specializzate, oltre alle istituzioni di più di 80 paesi (il sindaco di Londra Sadiq Kahn e il premier canadese Justin Trudeau sono habitué della manifestazione). L’application punta a rafforzare la posizione cittadina in un ambito che non riguarda banalmente i viaggi, ma il marketing digitale legato alla scelta e alla fruizione delle mete: se oggi infatti il 79% di ricerche, prenotazioni e organizzazione itinerari verso l’Italia avviene in rete, per il turismo lgbt si sale all’87%, con search data e frequenze di viaggio che sono più del doppio di quelle tradizionali. E soprattutto con una spesa media che può raggiungere il 29% in più.

Sono dati messi in fila da una ricerca di Sonders&Beach per Eurisko presen-tata all’ultima Bit, ma se abbinati a quelli di Marketing01, partner di Google in Italia per l’indicizzazione di alberghi e ristoranti sul motore di ricerca, ci dicono qualcos’altro di importante. Ovvero che in un comparto come quello del turi-smo digitale sul quale si gioca il futuro del turismo, Milano può rafforzare una leadership italiana già evidente e incrementare il proprio vantaggio nei confronti di Roma.

 

Se nella Capitale il panorama è sconfortante – solo il 32% delle strutture romane è considerato responsive dal punto di vista digitale, e nella metà dei casi si tratta di catene di alberghi – qui l’offerta è molto più ricettiva, interattiva e internazionalizzata – è responsive il 53% delle aziende, anche se il divario con altre mete resta importante. Meglio dunque non riposare sugli allori rappresentati dai 3 milioni di visitatori del primo semestre 2017 (+13,1% sullo stesso periodo del 2016) e concentrarsi sulle criticità che rendono ancora irraggiungibili metropoli come Parigi, Berlino e Londra sul fronte della promozione e gestione digitale dei viaggiatori in arrivo. Marketing01 ne elenca alcuni, figli della catti-va politica o del capitalismo di tipo familiare che ancora contraddistingue l’alberghiero e la ristorazione italiana. Le strutture sono ancora troppo parcellizzate e raramente fanno rete tra loro. L’assenza di un portale unico in grado di proporsi sia come vetrina che come hub per le prenotazioni, poi, non consente di profilare al meglio la domanda, nono-stante i dati mostrino che il canale diretto sia in crescita del 10% su base annua, e di incrociarla con gli eventi meno noti. Contemporaneamente, questa situazione rende l’offerta troppo dipendente da colossi come Expedia, Booking e TripAdvisor, mandando in sofferenza i margini. Milano arranca, seppur meno del resto d’Italia, anche sulle competenze linguistiche e sul social media marketing.

 

Infine c’è il capitolo AirBnb. L’indagine Ospitalità alternativa a Milano dell’Università Bocconi a cura di Magda Antonioli Corigliano rivela infatti che sul popolare sito di house sharing, attraverso il quale secondo stime prudenti passa ormai quasi l’8% delle notti trascorse in città, gli alloggi proposti si con-figurano solo per una piccola quota (16%) come locazione di uno spazio all’interno, verosimilmente, di abitazioni private. Nel restante 84%, “tale attività appare come un vero e proprio progetto di investimento immobiliare a tariffe concorrenziali, facendo somigliare pericolosamente il fenomeno a una forma di concorrenza sleale nei confronti dell’offerta ricettiva regolare, alberghiera e non”. Per batterla, e per essere più competitivi, l’unica soluzione è rafforzare presenza e autonomia digitale del brand Milano e dei suoi asset turistici. Da questo punto di vista, se arriverà, la convention del turismo arcobaleno funzionerà meglio di qualsiasi gay pride.

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