Sotto il naso dell'Onu

Ipotesi su una strage con armi chimiche. Cosa è successo ieri a Damasco?

Daniele Raineri

Tre giorni dopo l’arrivo a Damasco degli ispettori delle Nazioni Unite incaricati di investigare sull’uso di armi chimiche in Siria, l’opposizione siriana denuncia la morte di centinaia di civili in un attacco con armi chimiche. Ci sono numeri eccezionalmente diversi sui morti: da poche decine a 213 a oltre 650 fino alla cifra impensabile di 1.400 e arrivano tutti dai gruppi di attivisti anti Assad che hanno contatti sul posto, non ci sono conferme indipendenti. Il governo nega. Di certo c’è che ci sono video e foto di decine e decine di cadaveri anche di bambini che non presentano ferite evidenti, sembrano morti per soffocamento e quindi è plausibile che la causa della loro morte sia un qualche tipo di arma chimica.

    Tre giorni dopo l’arrivo a Damasco degli ispettori delle Nazioni Unite incaricati di investigare sull’uso di armi chimiche in Siria, l’opposizione siriana denuncia la morte di centinaia di civili in un attacco con armi chimiche. Ci sono numeri eccezionalmente diversi sui morti: da poche decine a 213 a oltre 650 fino alla cifra impensabile di 1.400 e arrivano tutti dai gruppi di attivisti anti Assad che hanno contatti sul posto, non ci sono conferme indipendenti. Il governo nega. Di certo c’è che ci sono video e foto di decine e decine di cadaveri anche di bambini che non presentano ferite evidenti, sembrano morti per soffocamento e quindi è plausibile che la causa della loro morte sia un qualche tipo di arma chimica.

    L’attacco chimico presunto è arrivato all’inizio di una massiccia offensiva dell’esercito siriano per allontanare i ribelli dalla periferia orientale di Damasco. I siti colpiti sono nella Ghouta, ovvero nella lunga striscia semiurbana a sud e a est della capitale che avvolge la città come la lunga coda di una cometa e da mesi è controllata dalla guerriglia – anche dalle fazioni più estremiste, come il Jabhat al Nusra. I razzi con le testate chimiche secondo i testimoni hanno colpito alle quattro del mattino a Duma, Irbin, Hamuriya, Zamalka, Ein Tarma, Kafar Batna, Daraya e Muaddamiya. All’alba è seguito un bombardamento di artiglieria convenzionale e brutale, forse uno dei più intensi della guerra. I video mostrano i primi soccorritori prestare aiuto alle vittime degli agenti velenosi lavando le bocche e gli occhi con aceto e Seven up; si vedono alcune vittime schiumare dalle labbra e boccheggiare; pupille dilatate (possibile sintomo di un’aggressione chimica) e file e file di cadaveri.

    I siti della strage – perché armi chimiche o no ieri c’è stata una strage di civili – sono in media a 15 chilometri di distanza dall’ albergo a cinque stelle Four Seasons di Damasco, dove da domenica alloggia la squadra dell’Onu che per mesi era stata tenuta fuori, a Cipro, prima di poter entrare finalmente in Siria per indagare sul possibile uso di armi chimiche. Il capo svedese, Ake Sellström, dice di aver visto le immagini e che “c’è sicuramente qualcosa su cui indagare”. Il suo mandato però è valido soltanto per Khan al Asal, vicino Aleppo (dove a febbraio c’è stato un presunto attacco chimico), e per altri due siti non specificati. Se il governo siriano non consentirà l’accesso, la squadra non potrà percorrere quei pochi chilometri che sarebbero cruciali, perché la scena di un attacco “fresco” contiene molte più prove e molto più forti rispetto ai siti vecchi di mesi. Washington, Londra e Parigi chiedono all’Onu di negoziare con la Siria un nuovo mandato del team e ieri era in programma una riunione d’emergenza del Consiglio di sicurezza. La Russia, però, è alleata del presidente Assad, sostiene a priori che le notizie sull’attacco chimico “sono false” e ha potere di veto.

    Il massacro arriva esattamente un anno dopo il discorso del presidente americano Barack Obama sulla “linea rossa”, era il 20 agosto 2012. L’uso di armi chimiche, disse, sono la linea rossa che se attraversata farà scattare il nostro intervento. Obama pensava probabilmente a uno scenario tipo Halabja, la cittadina del nord iracheno gassata nel 1988 (morirono 5.000 curdi). Intere famiglie morte a terra in un panorama spettrale di devastazione. Quelle parole sulla linea rossa sono state rinfacciate molto a Obama a causa di una serie di presunti attacchi chimici minori avvenuti in Siria negli ultimi otto mesi e mai chiariti del tutto e che non hanno fatto mai scattare alcuna reazione da parte dell’Amministrazione Obama, se non di blanda “preoccupazione”.

    L’uso “tattico” delle armi chimiche
    Cosa può essere successo? Qui si entra nel campo della speculazione pura. Nei mesi scorsi il Monde ha parlato di uso “tattico” di armi chimiche sul fronte di Damasco: sono attacchi minori con agenti chimici meno potenti del gas nervino e hanno lo scopo di fare arretrare i ribelli senza doverli sloggiare con combattimenti casa per casa. C’è chi fa il confronto con il gas usato dai russi per il blitz nel teatro Dubrovka nel 2002 – avrebbe dovuto neutralizzare gli occupanti ma uccise molti ostaggi. L’ipotesi è che gli agenti chimici facessero parte del bombardamento preventivo prima dell’inizio della massiccia offensiva di ieri, che a terra vede anche l’impiego della quarta divisione corazzata, la più fedele, guidata da Maher el Assad, il fratello del presidente. Qualcuno tra i militari avrebbe esagerato con il gas e ha causato il più grave attacco chimico dal 1988, invece che l’ennesimo incidente minore che si sarebbe confuso nella nebbia della guerra come finora.

    • Daniele Raineri
    • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)