Manifestanti filo governativi a Teheran (foto LaPresse)

Cosa succede in Iran, dopo la repressione delle proteste

Redazione

Messa al bando la lingua inglese nelle scuole primarie. Per i leader islamici il suo insegnamento spiana la via "a un'invasione culturale" occidentale. E girano voci non confermate su un possibile arresto di Ahmadinejad

Domenica scorsa centinaia di persone si sono radunate sotto la neve, fuori dalla prigione di Evin: attivisti politici ma soprattutto famigliari e amici dei detenuti. Il carcere, un complesso tentacolare costruito ai piedi di una montagna, è il più antico e più noto di Teheran. Più di 500 persone sono state arrestate nella capitale iraniana da quando sono iniziate le proteste antigovernative, il 28 dicembre, nelle quali sarebbero morte almeno 21 persone. Le organizzazioni della stampa locali affermano che gli arresti a livello nazionale sarebbero più di mille, probabilmente una stima prudente. L'età media degli arrestati è inferiore ai 25 anni, ha detto al sito web semi-ufficiale Jamaran il vice ministro dell'interno, Hossein Zolfaghari. Secondo il parlamentare riformista Mahmoud Sadeghi, almeno 90 studenti si troverebbero agli arresti benché molti di loro non sarebbero nemmeno coinvolti nelle manifestazioni e sarebbero stati fermati “a titolo preventivo”.

  

 

Le Guardie rivoluzionarie dell'Iran hanno accusato i nemici stranieri di fomentare i disordini e Khamenei martedì scorso puntava il dito contro agenti della sedizione non meglio specificati, indicati come i sobillatori delle rivolte. Anche se l’annuncio non è stato direttamente collegato alle proteste, l'Iran ha messo al bando la lingua inglese nelle scuole primarie dopo il monito lanciato da leader islamici secondo i quali l'insegnamento precoce di questa lingua spiana la via "a un'invasione culturale" occidentale. E mentre nella capitale oggi si terrà una riunione straordinaria del Parlamento per esaminare le proteste scoppiate nei giorni scorsi in numerose città dell'Iran e i Pasdaran ribadiscono di aver posto fine all'ondata di contestazioni, l’emittente di Dubai al Arabiya ha diffuso la notizia del possibile arresto per "incitamento alla rivolta" dell’ex presidente conservatore Mahmoud Ahmadinejad. Il fermo, tuttavia, non è ancora stato confermato: a riferirlo è stato per primo il quotidiano del Golfo al Quds al Arabi, che cita “fonti affidabili a Teheran” ma che è decisamente di parte: sebbene abbiano con l’Iran un solido rapporto economico e commerciale, i rapporti con la repubblica islamica restano tesi. Anche a causa delle diatribe sulla linea anti-iraniana dettata da Riad, la grande alleanza araba contro il terrorismo ha interrotto nel giugno scorso le relazioni diplomatiche con il Qatar. Sul fatto che ci fosse proprio Ahmadinejad dietro alle prime manifestazioni di piazza scoppiate nella seconda città dell’Iran, Mashhad, erano circolate voci fin dall’inizio. Alcuni analisti hanno parlato persino della possibilità che i conservatori abbiano istigato le manifestazioni per danneggiare il presidente in un momento in cui l’economia è debole – i prezzi per i beni di base sono alle stelle e la disoccupazione è endemica – e per dimostrare che l’accordo sul nucleare non è riuscito a migliorare l’economia del paese.

 

L’attuale presidente Hassan Rohani aveva già suscitato la rabbia contro il governo tra gli iraniani delle classi medie e basse, quando erano stati resi noti alcuni dettagli del Bilancio del 2018 e rivelata la parte astronomica di fondi statali destinati a entità religiose e militari. Ma le proteste, inizialmente dirette contro Rohani, si sono ben presto trasformate in dimostrazioni anti-regime che si sono diffuse in tutto il paese. Del resto i conservatori hanno interessi vitali in gioco. Il leader supremo, l'ayatollah Khamenei, ha 78 anni e la sua salute da tempo è fonte di speculazioni. Rohani farà parte di un consiglio direttivo che sostituirà il leader supremo fino alla nomina del suo successore. Inoltre, il presidente può usare la sua influenza, a seconda della sua appartenenza politica, nella scelta del prossimo leader. Sono queste due posizioni, la presidenza e la suprema leadership, che i conservatori sono determinati a controllare. Le prossime elezioni sono previste per il 2021.

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