Theresa May (foto LaPresse)

C'è un "Brexit bill"! Il costo del divorzio dall'Ue, nei dettagli (diabolici)

David Carretta

Londra si prepara a fissare il conto a 64 miliardi di euro. La rivolta dei Breexiteers e il numero che non sapremo mai

Bruxelles. Theresa May sta vivendo il suo momento-Alexis-Tsipras nei negoziati sulla Brexit. Come il premier greco dopo il lungo scontro del 2015 era stato costretto a cedere di fronte ai creditori della zona euro sotto la minaccia di una Grexit, così la premier britannica si prepara a firmare un assegno da 64 miliardi di euro per evitare la prospettiva di una “Crash Brexit”. Il governo di Londra martedì sera ha fatto sapere, via fuga di notizie sul Daily Telegraph, di aver accettato gran parte delle condizioni poste dall’Unione europea sul conto della Brexit. Michel Barnier, il capo-negoziatore dell’Ue, ha raffreddato gli entusiasmi parlando di semplici “voci”. Diverse capitali hanno fatto sapere di voler vedere la conferma per iscritto nei documenti ufficiali. La coreografia istituzionale prevede ancora una cena tra la May e il presidente della Commissione Jean-Claude Juncker il 4 dicembre, cui dovrebbe seguire una lettera congiunta dei negoziatori per formalizzare le promesse. L’obiettivo di May è arrivare a una svolta al Vertice europeo del 14 e 15 dicembre, quando i capi di stato e di governo dei 27 dovranno dire se ci sono “progressi sufficienti” nei negoziati per passare alla seconda fase su periodo transitorio e relazioni future. Un altro rinvio dopo quello di ottobre aumenterebbe l’incertezza sulla capacità di arrivare a un accordo per un’uscita ordinata del Regno Unito, che già oggi sta avendo un impatto considerevole sull’economia britannica. L’annuncio sul “Brexit bill” (il conto della Brexit, ndr) ha fatto risalire la sterlina al massimo da due mesi. Ma sulla svolta del 14 e 15 dicembre pesa ancora un’incognita enorme: l’Irlanda insiste affinché il governo May capitoli anche sulla frontiera tra Irlanda e Irlanda del nord.

 

In termini lordi, il costo dell'uscita dall'Ue sfiora i 100 miliardi di euro. Farage: è una "svendita".
I liberaldemocratici: quanto
è stupido lasciare un'istituzione
a tale prezzo? A Bruxelles si dice:
la May è come Tsipras. Ecco cosa comprende la cifra, e cosa no. Resta un'enorme incognita: la questione irlandese

Dopo aver detto a inizio anno che “i giorni in cui il Regno Unito faceva grandi contributi all’Ue finiranno presto”, May si trova di fronte a una rivolta a Londra. Il Labour ha presentato un emendamento affinché sia la Camera dei Comuni ad avere l'ultima parola sul “Brexit bill”. Ma la vittoria degli europei si misura soprattutto dalla reazione di Nigel Farage, l’ex leader dell’Ukip che ieri ha detto che “Natale è arrivato in anticipo per l’Ue”, che “non ne vale minimamente la pena”, che “non abbiamo votato per pagare altri soldi all’Ue”. Secondo Farage, la May sta “svendendo” il Regno Unito: meglio un “non accordo” sulla Brexit. Vince Cable, il leader dei libera-democratici, ha avuto gioco facile a ricordare che “se questi numeri sono corretti, significa che stiamo pagando un altissimo prezzo per lasciare un’istituzione che ha portato benefici al paese per decenni”. Il Regno Unito onorerà tutti gli impegni finanziari per il periodo di programmazione finanziaria 2014-2020, compresi i cosiddetti “reste à liquider”: i pagamenti che saranno effettuati fino al 2023 sui progetti già avviati. Londra pagherà fino all’ultimo euro le pensioni dei funzionari europei con passaporto britannico, rispetterà gli impegni presi fuori bilancio comunitario come le risorse promesse alla Turchia per i rifugiati, e si farà carico della sua quota di passività potenziali. Secondo le stime della Commissione, il conto della Brexit ammonta a poco meno di 100 miliardi in termini lordi. Una volta che si sottraggono le risorse comunitarie destinate al Regno Unito (Politica agricola comune, Politica di coesione, capitale della Banca europea degli investimenti, eccetera), il “Brexit bill” netto scende a circa 64 miliardi. Il governo May sta facendo circolare una cifra più bassa (tra i 40 e i 50 miliardi), perché comunque l’ammontare non sarà mai definitivo, almeno fino al decesso dell’ultimo eurocrate britannico. Ma nel conto della Brexit non sono ancora inclusi i costi del periodo transitorio chiesto dalla May né il contributo che Londra dovrà effettuare per continuare a partecipare a programmi come Erasmus (scambio di studenti) o Horizon 2020 (ricerca). Contrariamente alla promessa della May di porre fine ai trasferimenti al bilancio dell’Ue – e ancor più a quella dei brexiteers di rimpatriare 350 milioni di sterline la settimana da usare per il servizio sanitario nazionale – il Regno Unito continuerà a pagare per decenni. All’Ue non importa tanto la cifra, quanto un doppio principio contabile e politico: i 27 non devono pagare di più o ricevere di meno a causa della Brexit e l’uscita dal club comporta costi impressionanti.

 

La concessione britannica sul “Brexit bill” rischia di non bastare all’Ue per concedere la svolta che la May chiede il 14 e 15 dicembre. Il Parlamento europeo ieri ha detto che nei negoziati ci sono progressi, ma non sufficienti. Sui diritti dei cittadini c’è stata una “marcia indietro” rispetto agli impegni presi da Londra negli scorsi mesi, ha scritto il coordinatore dell’Europarlamento per la Brexit, Guy Verhofstadt, in una lettera a Barnier. Sull’Irlanda, occorre un “impegno chiaro” a tenere la frontiera aperta con un “allineamento regolatorio tra nord e sud”. Tradotto: il Regno Unito dovrebbe cedere all’Ue la sovranità sull’Irlanda del nord per tutte le questioni che riguardano il mercato interno, spostando la frontiera fisica sul canale di San Giorgio che separa l’isola irlandese da quella britannica. Il governo May ha già detto che è inaccettabile: una soluzione alla questione irlandese “non può significare creare una nuova frontiera interna al nostro Regno Unito”, ha avvertito il ministro della Brexit, David Davis, il 10 novembre. Secondo diversi osservatori, una capitolazione della May sull’Irlanda potrebbe decretare la sua fine politica. Ma l’Ue attende un altro momento-Tsipras. “Nello stesso modo in cui abbiamo visto movimenti nelle ultime 24 ore sull’accordo finanziario, mi aspetto di vedere dei movimenti nei prossimi giorni anche a questo riguardo (sulla frontiera irlandese, ndr)”, ha detto il commissario all'Agricoltura, l'irlandese Phil Hogan: “Nessuno vuole vedere emergere una situazione in cui siamo nuovamente costretti, in dicembre, a dichiarare che i progressi sono insufficienti per passare alla prossima fase”.