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Gli arrabbiati in Iran hanno scoperto quanti soldi vanno ai seminari

Rolla Scolari

A innescare l’inquietudine nelle periferie impoverite sono stati anche i dettagli, resi per la prima volta pubblici da una fuga di notizie, del bilancio di stato consegnato dal presidente Rohani al Parlamento

Milano. In uno dei molti video che circolano sul Telegram la folla prende d’assalto la filiale di una compagnia di assicurazioni di proprietà dei Guardiani della Rivoluzione, i pasdaran. Accade nel Lorestan, una delle 31 province iraniane. A Takestan, nel nord, i manifestanti ripresi da uno smartphone hanno incendiato un “seminario per la propaganda religiosa”. “Il popolo vive nella povertà mentre Agha (la Guida Suprema, l’ayatollah Ali Khamenei) vive come un Dio”, hanno gridato a Dehloran, estremo confine occidentale dell’Iran.

      

L’ira dei manifestanti, in piazza dal 28 dicembre, ha come obiettivo sempre di più i simboli di corruzione e potere dei vertici della teocrazia iraniana. La folla si accanisce contro banche, assicurazioni, istituti di credito controllati dai Guardiani della Rivoluzione, contro i seminari in cui il ceto religioso è formato, addestrato e coccolato.

      

A innescare l’inquietudine nelle periferie impoverite dell’Iran sono stati anche i dettagli, resi per la prima volta pubblici da una fuga di notizie, del bilancio di stato consegnato a metà dicembre dal presidente Hassan Rohani al Parlamento. Benché, come ricorda il Financial Times, l’inflazione sia scesa, l’economia cresca dopo anni di recessione, il greggio iraniano sia tornato sui mercati esteri, la percezione interna è che la situazione economica sia peggiorata. La cancellazione di sussidi finanziari e l’aumento del 50 per cento del prezzo del carburante proposti nella bozza del bilancio aumentano la sensazione di impoverimento della popolazione, in un momento in cui si registra un’importante crescita dei prezzi del cibo nei mercati.

      

Con la fuga di notizie gli iraniani hanno scoperto come centinaia di milioni di dollari – su un budget di 337 miliardi – finiscano nelle casse di istituti religiosi. Abbastanza per innescare immediatamente la polemica sui canali Telegram, gli stessi attraverso cui viaggia il dissenso di queste ore. Un istituto legato a un membro del clero, Mohammad Taghi Mesbah-Yazdi, prende otto volte in più rispetto a dieci anni fa. Le somme stanziate per diverse istituzioni religiose sono cresciute: 110 milioni di dollari per l’Alto Consiglio dei Seminari Religiosi, scrive Radio Farda, emittente in persiano sostenuta dal dipartimento di stato americano. Altri 150 saranno versati all’inizio dell’anno iraniano, a marzo, alla cassa pensioni degli uomini di religione e delle loro famiglie. Mentre associazioni femministe lamentano un taglio della somma dedicata al miglioramento della condizione della donna nel paese, 64 milioni di dollari serviranno a rafforzare l’espansione di seminari religiosi femminili. La rete di università internazionali al Mustafa, per l’educazione religiosa sciita nel mondo, ottiene 75 milioni di dollari, mentre 17 milioni serviranno a mantenere il mausoleo di Ruhollah Khomeini, padre della Rivoluzione islamica del 1979, e a preservare la sua eredità attraverso la pubblicazione di libri e l’organizzazione di conferenze.

     

Questi dati hanno fatto infuriare quella folla che oggi attacca seminari e si accanisce con i suoi slogan contro i mullah additati come “ladri”. E contro la Guida Suprema. Proprio Khamenei gestisce un impero non più segreto attraverso una rete di istituti con scopi umanitari. Nel 2013, Reuters aveva raccontato nel dettaglio la storia della Setad Ejraiye Farmane Hazrate Emam, il “quartier generale per l’esecuzione degli ordini dell’imam”, “sconosciuta organizzazione per aiutare i poveri” che nascondeva asset da 95 miliardi di dollari riconducibili al leader.

     

“No Gaza, no Libano”, “Lasciate stare la Siria”, gridano da giorni i manifestanti. E non è un caso: il bilancio dedicato alle forze militari è salito a 11 miliardi di dollari, del 20 per cento. I pasdaran, sempre più impegnati in conflitti all’estero con l’obiettivo di espandere l’influenza di Tehran nella regione, sono l’altro polo di controllo dell’economia nazionale. E quando la folla oggi colpisce una banca manda loro un messaggio. Tre milioni di dollari del bilancio 2018 sono dedicati alla ristrutturazione del sistema bancario che, spiega Bloomberg, è afflitto da cattivi prestiti ma anche dalla presenza di istituti di credito non autorizzati. La maggior parte di questi – dove milioni di iraniani hanno depositato i loro risparmi – sono controllati dai pasdaran, che si appoggiano a questa rete per accedere al sistema finanziario internazionale. Sono loro a gestire il 25 per cento delle transazioni bancarie in Iran.

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