Donald Trump (foto LaPresse)

Le minacce del mondo spiegate a Trump

William McKenzie e Miguel Howe

Anteprima dell'intervista a Robert Gates, ex Segretario della Difesa sotto i presidenti George W. Bush e Barack Obama che verrà pubblicata sulla rivista quadrimestrale "Il Nodo di Gordio"

[Pubblichiamo in esclusiva per il sito del Foglio un'intervista a Robert Gates, ex Segretario della Difesa sotto i presidenti George W. Bush e Barack Obama. L'intervento di Gates – su gentile concessione di The Catalyst del George W. Bush Institute – sarà pubblicato sulle pagine della rivista quadrimestrale "Il Nodo di Gordio" in distribuzione da lunedì 18 dicembre].

 


Robert Gates ha visto i problemi di sicurezza nazionale da angolazioni diverse, come qualsiasi americano in servizio pubblico. Ex ufficiale della CIA, ne è poi salito al vertice e ha infine servito come Segretario della Difesa sotto i presidenti George W. Bush e Barack Obama. Gates ha preso parte ai più importanti dibattiti nazionali sulla sicurezza nazionale fin dagli anni 70, quando ha servito al Consiglio di Sicurezza Nazionale sotto i presidenti Richard Nixon, Gerald Ford e Jimmy Carter.
In questa intervista con William McKenzie, editor di The Catalyst, e con il Colonnello a riposo Miguel Howe, direttore del George W. Bush Institute’s Military Service Initiative, il Segretario Gates descrive le minacce a cui ritiene che la nazione e i suoi militari debbano prepararsi per il futuro.

 

Prima di analizzare se le forze armate statunitensi siano pronte per le prossime sfide, quali crede che siano le minacce prioritarie per gli Stati Uniti? È questa Russia più aggressiva? Il nostro rapporto con la Cina? Stati canaglia come la Corea del Nord? Attori non statali come l’ISIS? La guerra cibernetica? O altro ancora?

Lei punta il dito sulla sfida maggiore che i nostri militari affrontano, ovvero la vasta gamma di potenziali minacce e conflitti nonché la loro letalità. Vorrei dire ai nostri leader militari e ai cadetti nelle accademie che la nostra più grande sfida è stata formare l'esercito attraverso formazione e equipaggiamenti che avessero la maggiore versatilità possibile per la più ampia gamma possibile di conflitti e letalità. Questa è una enorme sfida. Come ci si può preparare? Dato questo scenario, direi che questa è una sfida a lungo e a breve termine. Ci sono sei sfide a breve termine che sono preoccupanti. La prima è la Corea del Nord, in parte a causa della sua imprevedibilità e in parte a causa dei suoi rapidi progressi nei missili balistici e nei programmi nucleari. C’è il rischio di un’azione da parte dei coreani del nord che ci porta a reagire in qualche modo. La seconda sfida è l’Iran e la possibilità di una provocazione deliberata nel Golfo Persico. Questi potrebbero essere due conflitti che derivanti da provocazioni deliberate di questi due governi che stanno determinando un’escalation. Più in generale aumenta il rischio di uno scontro involontario con la Cina o la Russia. Uno di questi scontri potrebbe verificarsi con la Cina nel Mar Cinese Meridionale, o con la Russia che si avvicina troppo a una delle nostre navi o che in qualche modo abbatte o danneggia uno dei nostri aerei. Queste situazioni sarebbero molto pericolose e potrebbero scaturire da un episodio involontario. Poi, certamente, c’è la minaccia dell’ISIS e quella globale del terrorismo. E c’è anche la minaccia cibernetica. Più a lungo termine, quegli stessi quattro paesi rappresentano la maggiore preoccupazione. La Cina ha certamente la determinazione o l’intenzione di diventare militarmente una potenza regionale in Asia. Non credo che ci sfideranno a livello mondiale. Il secondo paese è la Russia, che è una potenza in declino economicamente e in ogni aspetto, ad eccezione di quello militare. E, come hanno scoperto i Sovietici, non puoi sostenere un esercito del XXI secolo se il resto del tuo paese sta andando a rotoli. Come sfide regionali a più lungo termine ci sono infine la Corea del Nord e l’Iran. Quella cyber è una seria sfida a lungo termine per il paese.

 

Cominciamo con la Russia. Come si fa a raggiungere migliori relazioni con la Russia con Vladimir Putin che ostenta il proprio potere militare e politico?

Come ho detto quando ho presentato Rex Tillerson alla sua udienza di conferma, la sfida per questa amministrazione sta nel trovare un equilibrio tra il respingere l’interventismo, l’aggressione e la follia generale di
Putin e tuttavia evitare il pericoloso peggioramento nelle relazioni diplomatiche. Questo si inizia facendogli sapere che c’è un nuovo sceriffo in città e che risponderemo con più forza ai fatti. Se fossi stato Segretario della Difesa quando quel velivolo russo si avvicinò a 30 piedi circa da una nave da guerra americana nel Baltico, avrei raccomandato di far sapere a Putin che la prossima volta che si fossero avvicinati li avremmo agganciati col radar e avremmo potuto sparare. Ciò significa anche considerare se sia possibile fare militarmente di più per l’Ucraina, anche se dobbiamo stare attenti. Gli ucraini hanno tanti problemi interni. Allo stesso tempo, respingendo Putin, devi trovare il modo di inviare un messaggio: la situazione non deve essere questa e siamo pronti a migliorare i nostri rapporti, ma questo necessariamente implica che tu cambi il tuo approccio globale.

 

Che approccio strategico vede per Corea del Nord e Cina, che sono piuttosto legati?

Personalmente, penso che una delle lezioni che abbiamo imparato dall’Iraq sia il pericolo della guerra preventiva basata sull’intelligence. Tutti credevano che Saddam Hussein avesse armi di distruzione di massa perché lui voleva che tutti lo credessero. Quindi, quanto sono davvero capaci queste forze nordcoreane? Il problema di qualsiasi guerra è che, quando i primi colpi vengono sparati, non hai idea di dove andrà a finire. E’ importante che l’amministrazione stia cercando di far pressione sui cinesi affinché svolgano un ruolo più attivo in modo che il Nord freni o blocchi i propri programmi. Lasciare che i cinesi sappiano che stiamo considerando un ventaglio di altre opzioni è probabilmente una strategia intelligente. Hanno bisogno di sentire pressione. Chiaramente, negli ultimi anni non si sono preoccupati delle possibili azioni statunitensi abbastanza da assumersi dei rischi nei loro rapporti con il Nord. Per fermare i programmi della Corea del Nord, o congelarli al minimo, servirà molta più pressione da parte dei cinesi. L’unico modo perché lo facciano è che si preoccupino che la nostra reazione possa crear loro significativi pericoli nella regione. Non fraintendetemi. Avremo una relazione competitiva militarmente con la Cina in Asia. Non è inevitabile che sia conflittuale. Hanno i loro interessi da salvaguardare. Hanno le proprie linee di approvvigionamento e vie di navigazione che vogliono proteggere. E noi vogliamo continuare ad affermare i nostri diritti di libertà di navigazione. L’amministrazione Obama ha commesso un errore nell’aspettare così a lungo a sfidare le costruzioni (delle isole artificiali, ndr) cinesi nel Mar Cinese Meridionale, ed anche ad affermare che stavamo esercitando la nostra libertà di navigazione, quando in realtà stavamo compiendo principalmente solo dei passaggi innocenti. L’amministrazione così cercava di minimizzare la reazione cinese. Un modo per far sapere ai cinesi che esiste un approccio più rigoroso da parte degli Stati Uniti è fare degli effettivi esercizi di libertà di navigazione attorno ad alcune di quelle isole. Questo costituirebbe un messaggio piuttosto potente. Devono essere preoccupati anche a lungo termine. Se gli Stati Uniti aumentano notevolmente le dimensioni della Marina, la Cina dovrà comprendere che le loro azioni hanno contribuito a provocare tale aumento. C’è un modo per entrambe le parti di allontanarsi dal conflitto.

 

Torniamo a un’altra minaccia che lei ha delineato per il breve termine: l’Iran. Quale dovrebbe essere la nostra strategia con l’Iran? E come il nostro approccio con l’Iran influenza il resto dei nostri interessi di sicurezza nella regione, specie riguardo a Iraq, Siria e le minacce transnazionali?

L’Iran e il Golfo Persico sono un altro luogo in cui non siamo stati abbastanza duri negli ultimi anni. Dovevamo accompagnare la firma dell’accordo sul nucleare con un’affermazione molto assertiva per cui non avremmo consentito agli iraniani di utilizzare il denaro ottenuto dalle fine delle sanzioni per aumentare la loro presenza e le loro attività nella regione. E’ invece quello che hanno fatto chiaramente in Siria. E stanno tenendo un atteggiamento ancora più aggressivo nel Golfo Persico. Dobbiamo far loro sapere che se continuano a avvicinarsi alle nostre navi da guerra, con qualsiasi nave di qualsiasi dimensione a che appaia una minaccia, essa sarà affondata o colpita. Lo dovrebbero già sapere del resto, perché siamo in acque internazionali. Abbiamo anche bisogno di trovare un modo per spingere più efficacemente i nostri alleati contro le aree in cui l’Iran si intromette, come lo Yemen. Un ruolo più attivo lì, e a sostegno dell’Arabia Saudita e degli UAE [Emirati Arabi Uniti], è una cosa buona.

 

Come vede la minaccia della guerra cibernetica?

Abbiamo molte capacità. E’ estremamente improbabile che grandi stati come la Russia e la Cina e l’Iran, usino le loro direttamente contro gli Stati Uniti per disattivare parti significative della nostra infrastruttura. L’attribuzione di eventuali attacchi è difficile ma non impossibile e penso che sappiano che noi reagiremmo. Penso che loro abbiano delle capacità. Ma le considerano un po’ come fanno con le armi nucleari. Devono essere preparati a utilizzarle in caso di un conflitto aperto con gli Stati Uniti, ma altrimenti le tengono nel cassetto. La mia grande preoccupazione per la tutela della nostra infrastruttura riguarda il caso di un attore non statale o di uno stato canaglia come la Corea del Nord, dove essi fondamentalmente ti sfidano alla rappresaglia. Gli attori non statali sono il più grande rischio in termini di infrastrutture, senza conflitto aperto con un’altra grande potenza.

 

Torniamo al punto da cui abbiamo iniziato questa conversazione, e cioè la gamma di potenziali minacce, l’imprevedibilità dell’ambiente operativo attuale e futuro. Come costruire una strategia e una forza che fornisce questa vasta versatilità e capacità? Come affrontiamo la prontezza e la modernizzazione della forza dati i vincoli di risorse che abbiamo? Come costruirebbe oggi le forze armate del domani?

Se dovessi consigliare l’amministrazione, direi che il più grande pericolo per la prontezza e le capacità delle nostre forze armate oggi è la continua imprevedibilità del bilancio. Negli ultimi 10 anni, il Dipartimento della Difesa ha iniziato l’anno fiscale con un disegno di legge di stanziamenti adottati un tempo, ossia quasi 10 anni fa.
Quando si avvia ogni anno con una risoluzione continua e / o un sequestro, non è possibile affrontare in modo efficace domande di prontezza o di capacità. Un finanziamento una tantum, con un aumento di 54 miliardi di dollari, come l’amministrazione ha proposto, non ti porta da nessuna parte. Il Dipartimento della Difesa ha bisogno di prevedibilità a lungo termine in merito a risorse disponibili affinché esse possano essere assegnate nel lungo periodo e perciò sia offerta la capacità e la prontezza di cui c’è bisogno. La prima necessità è evitare il sequestro. Poi, torni alla budgetistica regolare dove sai che avrai alcune risorse per tre, quattro o cinque anni. Infine, puoi programmare. L’approccio del Segretario [della Difesa] [James] Mattis ha senso. Una volta che ottiene qualche finanziamento, vuole prima risolvere la disponibilità, quindi sostituire gli equipaggiamenti già usurati, aumentare le scorte di munizioni e tornare alla modernizzazione. Ma l’unico modo per farlo è quello di avere una certa prevedibilità a lungo termine nel bilancio della difesa. Il mio bilancio per il 2012 è stato l’ultimo messo insieme sulla base delle esigenze della difesa.

 

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