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L'ultimo tormento del Regno Unito alle prese con la “volontà popolare”

Paola Peduzzi

Cos’è un tradimento? Un ribelle è un traditore? Dopo aver trovato un accordo con Bruxelles per la Brexit, gli inglesi si mettono di nuovo a discutere di lealtà e correttezza 

Cosa vuol dire tradire? Cambiare idea è un tradimento? Il Regno Unito non si fa mancare niente in questi suoi anni di malcontento, e da un paio di giorni si è messo a discutere (di nuovo) di lealtà, di correttezza, e di tradimento. Dopo aver trovato un accordo con Bruxelles, la premier Theresa May si è ributtata nel tran tran londinese, faticosissimo, e ai Comuni due sere fa ha subìto una sconfitta piuttosto umiliante. Non disastrosa, sostengono molti conservatori ormai abituati alla faida famigliare e quindi molto lucidi, ma pur sempre problematica: nelle votazioni sugli emendamenti alla legge sull’Uscita dall’Unione europea (Withdrawal Bill), è passato quello che prevede un voto vincolante da parte del Parlamento britannico sull’accordo che il governo firmerà con Bruxelles prima del 29 marzo del 2019, che è la data in cui ci sarà la Brexit. La May ovviamente era contraria all’emendamento, e ora che ha trovato una nuova formula per vendere la sua idea di Brexit – “liscia e ordinata” – ha ribadito che un voto parlamentare dopo trattative che già sono parecchio complicate e tese (non miglioreranno, anzi) potrebbe rivelarsi un ulteriore tormento che il Regno Unito dovrebbe risparmiarsi. Non è stata ascoltata, come ormai accade con fastidiosa frequenza: undici conservatori hanno votato a favore dell’emendamento, e pure i laburisti brexiteers si sono disuniti (soltanto due su sei sono rimasti fedeli alla linea pro Brexit), dopo che i compagni di partito hanno fatto loro intendere che un voto contro il governo è sempre più rilevante della loro coerenza nei confronti delle circoscrizioni in cui sono stati eletti. Così, con 309 voti contro 305 è passato l’emendamento che prevede il voto parlamentare. L’esultanza degli anti Brexit è stata immediata: gli undici “eroi” sono stati celebrati dai media contrari all’uscita dall’Ue e alcuni di questi si sono lasciati fotografare mentre brindavano all’impresa riuscita. I giornali pro Brexit invece hanno riservato agli “ammutinati” il solito trattamento: il Daily Mail ha messo le foto in prima pagina e il titolo “Orgogliosi di voi stessi?”. Sì, hanno risposto alcuni di loro (uno ha perso il lavoro), mentre l’indefesso Nigel Farage, leader dei falchissimi della Brexit, tuittava furibondo: “Il mio disprezzo nei confronti dei politici di carriera è senza confini”.

   

Questa è la storia del tradimento, ma come ha sottolineato Faisal Islam di Sky News (forse il più bravo di tutti) “è ormai normale usare le parole traditore/tradimento per definire ‘le persone che non la pensano come me’. Non sono sicuro di come il sistema politico possa fare il suo lavoro di mediazione per un compromesso democratico sostenibile in queste circostanze”. Traditori sono gli avversari, insomma, e a questa evoluzione si accompagna una questione più antica e profonda: chi è il legittimo interprete della volontà popolare, il governo, il Parlamento, i giudici? Vogliamo indietro il controllo del paese, hanno detto i brexiteers votando contro l’Europa, abbiamo ripreso il controllo festeggiavano i traditori, ma il controllo ora chi ce l’ha? I parlamentari hanno deciso di tenerselo per loro, e così voteranno sull’accordo negoziato dal governo – se dovessero bocciarlo, il Regno Unito farà comunque la Brexit, ma senza accordo, che è l’ipotesi-incubo che tutti tranne i falchi vogliono scongiurare. E’ la democrazia bellezza, dicono gli anti Brexit gongolando e intravvedendo in questa riscossa parlamentare la possibilità di un ribaltamento completo della Brexit. I ribelli sono traditori dunque? Forse si tratta solo di dare dignità alla possibilità di cambiare idea, ma sui fondamentali di questa Brexit, confini e controllo, ancora non ci si è chiariti, e mentre il dibattito s’affolla di metafore sentimentali, almeno c’è qualcuno cui dare la colpa: i whip, quelli che dovrebbero far votare i parlamentari secondo la volontà del partito, e che di certo non controllano più nulla.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi