Il ministro inglese per la Brexit, David Davis

Quel che Davis si aspettava, e come è effettivamente andata

Alberto Nardelli*

Il ministro inglese per la Brexit ha stabilito punti fissi nel negoziato che non compaiono nell’accordo con l’Ue

[Pubblichiamo questo articolo per gentile concessione di BuzzFeed News. Qui la versione originale]

 


 

David Davis è il ministro inglese per la Brexit, il capo del dipartimento per l’Uscita dall’Unione europea, e il capo del team di negoziatori che conduce le trattative con Bruxelles.

Però è il primo ministro inglese, Theresa May, che sta gestendo la reazione dei parlamentari conservatori dopo che la Commissione europea ha stabilito che sono stati fatti “progressi sufficienti” nel negoziato per muoversi così alla seconda fase delle trattative – e gli altri 27 paesi membri ora sono convinti di firmare l’accordo.

Durante la scorsa settimana (l’accordo è stato trovato venerdì scorso) Davis ha scioccato Westminster rivelando che il governo non ha elaborato nessun documento sull’impatto dell’uscita dall’Ue, l’ultima delle tante apparenti inconsistenze e previsioni poco concrete che hanno scandito il suo mandato al dipartimento della Brexit.

Qui di seguito c’è il racconto di come sono andati i negoziati rispetto a quanto il ministro per la Brexit si aspettava.

 

La timetable

Davis disse a maggio che stabilire le date del negoziato, la road map, sarebbe stata “la lotta dell’estate”. Ma poche settimane dopo, con l’estate che ancora doveva iniziare, il ministro per la Brexit ha accettato l’approccio sequenziale proposto dall’Ue per l’inizio dei negoziati.

 

Il costo del divorzio

Per mesi il governo britannico è stato molto deciso nel ribadire che non avrebbe mai accettato di pagare come “divorce bill” per la Brexit 50 miliardi di sterline, e ha smentito ogni notizia che sostenesse il contrario.

A settembre il ministro per la Brexit ha definito questa cifra “spazzatura”, “insensata” e “completamente sbagliata”. Pure se l’accordo stabilito venerdì scorso non prevede alcuna cifra precisa, Downing Street ha confermato di aspettarsi un costo del divorzio tra i 35 e i 39 miliardi di sterline, mentre il Financial Times ha scritto che l’Ue ha fissato questa cifra a 55 miliardi di euro (48 miliardi di sterline). Il calcolo finale può variare a seconda di quel che si conteggia, se per esempio i fondi per l’Ucraina o quelli per lo sviluppo sono inclusi o no.

 

Il mercato unico e l’unione doganale

Il ministro per la Brexit in molte occasioni ha lasciato intendere che il Regno Unito lascerà il mercato unico e l’unione doganale nel 2019, e che la libertà di movimento delle persone sarà in quel momento sospeso.

Parlando al Ceo Summit del Times a giugno, Davis spiegò ai leader del mondo del business che il Regno Unito avrebbe lasciato il mercato unico e l’unione doganale nel marzo del 2019, e disse che firmare un accordo commerciale con l’Unione europea in due anni sarebbe stato “semplice”. Disse anche che il Regno Unito avrebbe siglato accordi commerciali indipendenti subito dopo la Brexit nel 2019. Quando gli fu chiesto se il regno Unito sarebbe uscito anche dall’unione doganale, disse: “E’ così che la vedo”.

 

A marzo, Davis disse alla commissione per la Brexit riguardo agli accordi di transizione: “Quando venni qui lo scorso anno, parlammo lungamente degli accordi di transizione e sottolineai che era necessario distinguere tra le diverse visioni in discussione, che è anche il motivo per cui parlammo di ‘periodo di implementazione’ come espressione più adatta da utilizzare. Le diverse visioni, giusto per ricordarlo, comprendono quella della Commissione europea che prevede il ‘divorzio’, l’accordo dell’uscita, e un accordo di transizione durante il quale garantiremo gli impegni finanziari e la libertà di movimento delle persone. Queste cose sono ancora in discussione e l’accordo di lungo periodo sarà fatto in modo lento. Ma non è a questo che noi puntiamo, che sia chiaro fin da ora”.

 

Le linee guida che i 27 paesi europei firmeranno al vertice di questa settimana dicono chiaramente che il Regno Unito resterà nell’unione doganale e nel mercato unico (con tutte le quattro libertà di circolazione garantite, compresa quelle delle persone) durante il periodo di transizione. Il Regno Unito deve accettare l’intero corpo di leggi europee e di responsabilità durante i due anni di transizione, ma perderà il suo posto al tavolo delle istituzioni europee: “Per assicurare un campo di gioco basato sulle regole che vengono applicate in tutto il mercato unico, i cambiamenti adottati dalle istituzioni europee e dagli enti collegati si applicheranno al Regno Unito e all’Ue. Tutti gli strumenti regolatori, budgetari, di supervisione e giudiziari esistenti saranno applicati”.

Un accordo di questo tipo prevede anche che il Regno Unito non potrà concludere accordi commerciali indipendenti quando uscirà dall’Ue, nel marzo del 2019.

 

La Corte europea di giustizia

Nello scorso maggio, Davis si scagliò con una certa veemenza contro qualsiasi coinvolgimento della Corte europea di giustizia nel Regno Unito dopo la Brexit e disse all’emittente Itv: “La semplice verità è che ce ne stiamo andando. Saremo fuori dalla giurisdizione della Corte europea, saremo fuori da ogni legislazione prevista dall’Ue. Ci sono molti modi per garantire i diritti dei cittadini europei, non pensiamo che sia giusto sottostare all’ideologia della Corte europea, abbiamo tribunali nostri molto competenti”.

 

La verità non si è dimostrata semplice. L’accordo di oggi stabilisce che la Corte europea giocherà un ruolo nel garantire e proteggere i diritti dei cittadini per otto anni dopo la Brexit. “Nel contesto dell’applicazione o dell’interpretazione di questi diritti, le corti britanniche devono considerare le decisioni rilevanti della Corte europea dopo la data specificata. L’accordo stabilisce anche un meccanismo che permetta alle corti e ai tribunali britannici di decidere, dopo aver preso in considerazione se esiste già una giurisprudenza al riguardo, di fare alla Corte europea richieste di interpretazione di questi diritti quando pensano che una sentenza della Corte europea sia necessaria per la corte britannica o per il tribunale per produrre una sentenza in un caso su cui devono esprimersi. Questo meccanismo dovrebbe essere disponibile per le corti e i tribunali britannici per le dispute presentate negli otto anni successivi alla data di applicazione dei diritti dei cittadini”.

Nel frattempo dunque i termini della transizione stabiliti dai 27 prevedono che il Regno Unito debba continuare a rispettare le leggi europee e le sue corti durante la fase di transizione.

 

Negoziare un accordo commerciale durante il periodo di transizione

Guardando avanti, il ministro Davis ha detto che non “immagina” che il Regno Unito continui a negoziare un accordo commerciale durante la transizione.

Ma le linee guida dei 27 che saranno approvate questa settimana mettono in chiaro che “un accordo sulla relazione futura può essere finalizzato e concluso soltanto una volta che il Regno Unito è diventato un paese terzo (dopo il 29 marzo 2019)”. Prima di allora, l’Ue si impegna soltanto in “discussioni preliminari e preparatorie con l’obiettivo di identificare un quadro di massima per la relazione futura” e “questo quadro di massima, per il quale saranno necessarie ulteriori linee guida del Consiglio europeo, deve essere elaborato in una dichiarazione politica che accompagni l’accordo di uscita”.

Molti esperti, compreso l’ex ambasciatore inglese all’Unione europea Ivan Rogers, crede che non ci sia tempo sufficiente per concludere un accordo commerciale prima della Brexit, e lo stesso governo inglese ha effettivamente ammesso che l’accordo di uscita non è condizionato da un accordo commerciale.

  

*Alberto Nardelli è Europe Editor di BuzzFeed News