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Gli "omini verdi" di Putin tornano nella guerra ucraina dimenticata dall'Ue

Micol Flammini

In Ucraina le repubbliche separatiste si fanno guerra per dimostrare chi è più fedele a Mosca. Intanto l'Europa potrebbe congelare la Eastern Partnership e chiudere le porte a Kiev

Roma. Carri armati, fucili, uomini in uniforme verde con il volto coperto. Lugansk è una repubblica separatista filorussa dell’Ucraina orientale che martedì mattina si è risvegliata con un colpo di stato in atto. Le truppe di “omini verdi”, quell’esercito senza insegne che è l’espressione della presenza russa nel paese, secondo il quotidiano Novaya Gazeta, venivano dalla vicina repubblica di Donetsk per aiutare Igor Kornet, il ministro dell’Interno destituito lunedì da Igor Plotnitsky, il leader separatista. Plotnitsky aveva tentato di rimuovere Kornet già un mese fa. Iniziando una lenta operazione di diffamazione, era riuscito a coinvolgere il ministro dell’Interno in molti scandali. Con l’accusa di corruzione, lunedì Kornet era stato deposto, ma Plotnitsky non aveva considerato che cosa il suo rivale rappresenta per la parte orientale dell’Ucraina.

 

Igor Kornet è il simbolo dell’ortodossia del separatismo ucraino, come la stessa repubblica di Donetsk che, non a caso, ha deciso subito di correre in suo soccorso presidiando le strade e bloccando i palazzi del centro di Lugansk, incluso il Parlamento. Il ministro dell’Interno ha riferito che le voci sulla sua rimozione sono infondate e che l’arrivo delle truppe, riporta la Tass, è “solo un’esercitazione militare”.

 

Lugansk preoccupa Mosca. A renderla nota agli occhi della Russia non sono state le battaglie o la tenacia delle truppe come nel caso di Donetsk, ma le faide interne dalle quali Plotnitsky era uscito vincitore, eliminando tutti i suoi rivali: Aleksander Bednov, comandante del battaglione “Batman” morto nel 2015 in circostanze misteriose; poi Alexei Mozgovoi, conosciuto come il “comandante poeta” assassinato durante un’imboscata; infine Pavel Dryomov, il leader cosacco ucciso durante i festeggiamenti del suo matrimonio.

 

Kornet è un filorusso radicale, ha legami con la repubblica popolare di Donetsk, controlla le forze dell’ordine e, come riporta Novaya Gazeta, potrebbe essere appoggiato dall’Fsb, i servizi segreti russi che, secondo alcune agenzie ucraine, sarebbero stanchi dell’instabilità causata da Plotnitsky. Il leader di Lugansk ha chiesto aiuto a Mosca che ha risposto: “Si tratta di affari interni, non sappiamo che cosa Donetsk e Lugansk abbiano intenzione di fare. Seguiamo con attenzione i fatti”.

 

Prima ucraini contro filorussi, poi filorussi contro filorussi. La guerra civile, in Ucraina, è un conflitto silenzioso che la Russia ha imparato a gestire senza rumore, mentre i suoi “omini verdi” continuano a operare. I riflettori europei si sono allontanati e tra i leader delle repubbliche separatiste va avanti una battaglia per dimostrare fedeltà a Mosca, un corteggiamento armato, che dopo questi ultimi eventi potrebbe fare in modo che Plotnisky venga destituito e che Donetsk e Lugansk si fondano in un’unica repubblica. Un’enclave russa in un territorio che vorrebbe essere parte dell’Europa.

 

Domani ci sarà il vertice europeo sulla Eastern Partnership e Bruxelles ha intenzione di bloccare, per il momento, il processo di ampliamento dei confini a est. La partnership è stata formata per condurre Ucraina, Moldavia, Georgia, Azerbaijan, Bielorussia e Armenia nell’Ue. Se le ultime tre avevano deciso di rimanere nell’orbita russa, le prime, invece, hanno già firmato accordi commerciali e di libero scambio. Ma l’Ue ci sta ripensando e vuole congelare le richieste di Kiev. Nonostante la rivolta di Maidan sia stata vista da molti come una preghiera a Bruxelles, l’Europa non se la sente. Tra le motivazioni ci sono i populismi che imperversano nella parte orientale del continente, la Brexit che determinerà una diminuzione dei fondi nelle casse europee e quindi meno soldi da destinare all’allargamento dell’Unione. Kiev è alla ricerca di risposte e mentre l’Europa la relega in una sala d’attesa, la parte orientale dell’Ucraina è in guerra. Mosca invece è presente, e senza mai aver ammesso il proprio coinvolgimento, alimenta il conflitto.