Angela Merkel (foto LaPresse)

La Germania dopo la Giamaica

Daniel Mosseri

A Berlino appelli alla responsabilità. Meglio un nuovo voto che un governo di minoranza, dice Merkel

Berlino. “L’impazienza è anche una virtù”. Il leader del Partito liberale tedesco (Fdp), Christian Lindner, è stato di parola. Nella notte fra domenica e lunedì Lindner ha applicato al negoziato per la formazione del nuovo governo uno degli slogan utilizzati in campagna elettorale. A sorpresa i liberali hanno rovesciato il tavolo del negoziato esplorativo attorno al quale cristiano-democratici, cristiano-sociali, Verdi e, appunto, l’Fdp, stavano cercando di scavare le fondamenta del Merkel-quater. La decisione dell’impaziente leader liberale classe 1979 ha scosso la politica tedesca precipitandola in una crisi senza precedenti nella storia della Repubblica federale e la reazione degli altri partiti non fa che confermarlo. Il verde Michael Kellner ha definito l’uscita dei liberali “una sceneggiata molto male allestita,” decisa poco prima di raggiungere un accordo. Secondo la numero due della Cdu, Julia Klöckner, l’annuncio dello stop al negoziato sarebbe spettato ai quattro leader dei quattro partiti, mentre l’Fdp si è prodotta in un “gesto di spontaneità molto ben preparato”.

 

Il risultato comunque non cambia: Angela Merkel non può più varare un governo basato sull’alleanza nero-giallo-verde, la cosiddetta Giamaica. Fra le ipotesi di scuola ci sarebbe quella del governo di minoranza. Alleandosi con i soli Verdi, il duo Cdu-Csu mancherebbe la maggioranza al Bundestag di 42 seggi; se invece scegliesse i liberali sarebbe sotto di 29. Numeri impossibili per una leader abituata da dodici anni a guidare la Germania e l’Europa e che in un’intervista alla Zdf dice che un nuovo voto è garanzia di stabilità. Tanto più che l’esecutivo di minoranza non fa parte del vocabolario politico tedesco. Il politologo della Freie Universität Berlin, Gero Neugebauer, ricorda al Foglio solo due brevi passaggi in cui l’esecutivo non aveva la maggioranza al Bundestag: “Nel 1966, quando i liberali lasciarono il governo Erhardt e nel 1982 quando abbandonarono quello di Helmut Schmidt”. In entrambi i casi, i due cancellieri procedettero per pochi mesi in minoranza, ma un Parlamento appena eletto eppure incapace di dare un governo al paese non si era ancora visto.

 

Merkel potrebbe salvarsi se i socialdemocratici (Spd) tornassero sulla propria scelta di andare all’opposizione. Una decisione maturata dopo il misero 20,5 per cento raccolto a settembre dopo quattro anni di governo assieme alla Cdu della cancelliera. Al momento l’Spd non è però intenzionata a fare da ruota di scorta alla donna che l’ha ridotta ai minimi termini. Anche la sinistra vorrebbe tornare alle urne, spiega Neugebauer, secondo cui “in caso di una polarizzazione della scena politica, con un ritorno al voto si potrebbe avere un effetto Bassa-Sassonia”. Quello cioè osservato nel Land con Hannover un mese fa, quando Cdu e Spd hanno rivaleggiato testa a testa fino alle fine lasciando alle formazioni minori solo le briciole. Bocciato tanto il governo di minoranza come quello di grande coalizione, alla Germania non resterebbe che tornare alle urne. E qua entra in gioco il presidente federale Frank-Walter Steinmeier. Sta a lui dare il ritmo delle procedure previste dalla Costituzione per sciogliere il Parlamento e far tornare il paese al voto. “Se i tempi saranno stretti, c’è da scommetterci che Merkel sarà ancora la candidata della Cdu alle prossime elezioni”, afferma Neugebauer, osservando anche che la perdurante mancanza di un erede al trono cristiano-democratico è tipica nei partiti guidati da un leader forte. “Anche Kohl fece fuori Schäuble mentre Merkel ha già bruciato almeno Ursula von der Leyen e Thomas de Maizière”.

 

Nella sua prima uscita pubblica sull’impasse politica, Steinmeier si è tuttavia ben guardato dal menzionare nuove elezioni ricordando al contrario che “il mandato più alto assegnato dagli elettori ai partiti è quello di formare il governo” e che tale mandato non può essere restituito a cuor leggero. In carica da appena nove mesi e davanti alla crisi più ingarbugliata degli ultimi 70 anni, il capo dello stato ha assicurato che parlerà con tutti i partiti affinché “rivedano le proprie posizioni”. Starà ai socialdemocratici stabilire come ricevere le parole del presidente targato Spd. Steinmeier ha anche sottolineato che il ruolo della Germania in Europa impone di impegnarsi al massimo per dare un governo al paese. Per Neugebauer, tuttavia, l’inaspettata iniezione d’instabilità nel sistema politico tedesco è l’ennesimo segnale che la Repubblica federale si sta facendo ogni giorno più simile ai propri vicini di casa. “Il primo passo è stato l’arrivo dei populisti di Alternative für Deutschland in Parlamento”, come negli altri paesi Ue. Nei confinanti Paesi Bassi l’ultimo governo è stato varato dopo 208 giorni di negoziato fra i partiti”.

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