Foto LaPresse

Le chiese come i musei? La Francia si interroga sul biglietto di ingresso

Giulio Meotti

“Poi che faremo, porteremo i capolavori cristiani al Louvre?”. La proposta di Stéphane Bern e le rimostranze della Conferenza dei vescovi di Francia

Roma. Succede ormai in ogni angolo della vecchia Europa. Per entrare a Santa Croce a Firenze bisogna pagare un biglietto. Si paga per visitare il Duomo di Milano, San Carlo Borromeo a Vienna, il Duomo di Cracovia, la cattedrale di Siviglia e, dal 1998, anche chi voglia ammirare i tesori di San Marco a Venezia. Perché non farlo anche in Francia, dove lo stato ha la custodia di moltissime chiese e cattedrali?

 

Ad aprire il dibattito ci ha pensato Stéphane Bern che, su incarico di Emmanuel Macron, ha il compito di studiare i modi per salvaguardare il patrimonio francese. “Siamo l’unico paese dove il loro accesso è gratuito”, ha detto Bern. “A Londra si pagano 24 euro per visitare Westminster Abbey”.

 

Il patrimonio cristiano francese ha urgente bisogno di manutenzione. Notre Dame, dove si pagano dieci euro per visitare le torri, la scorsa estate ha lanciato un crowdfunding per restaurare la facciata millenaria (una media di venti edifici cattolici finiscono sul mercato ogni anno). La Conferenza dei vescovi di Francia ha detto di no alla proposta di Bern, dicendo che “le cattedrali sono prima di tutto luoghi di preghiera e culto il cui accesso deve essere libero”.

 

I biglietti d’ingresso hanno avuto un drastico impatto su molte cattedrali inglesi, le prime ad adottare una simile misura. Come la cattedrale di Chester, che ha invertito la decisione di far pagare i visitatori dopo un calo da 700 mila a 60 mila visitatori all’anno. Il vice decano Peter Howell-Jones ha detto allo Spectator: “Far pagare l’ingresso è un pendio scivoloso che porta all’oblio”. Ma al di là della proposta pratica di autofinanziamento, c’è il problema culturale. Lo ha sollevato sul Figaro il redattore capo di Famille Chrétienne, Samuel Pruvot: “Il cristianesimo occidentale finirà in un museo? La sacra corona di spine passerà da Notre Dame al Louvre? E la statua della Madonna lascerà la Grotta di Lourdes per viaggiare nei musei nazionali? Questa prospettiva ci fa sorridere o rabbrividire. Ma non è del tutto impossibile”.

 

C’è la sensazione che in Francia sia in corso uno smottamento. In una settimana, la magistratura ha tirato giù la croce dalla statua di Giovanni Paolo II che dominava la cittadina di Ploërmel e ha eliminato il presepe dal comune di Beziers. Il settimanale conservatore Valeurs Actuelles gli ha dedicato l’ultima copertina. “Nella mente tormentata di una certa laicità integralista, la società francese soffrirebbe delle aggressioni quotidiane della chiesa”. E quali sarebbero queste minacce? “Una statua della Vergine, una croce sul cancello di un cimitero, un dipinto di Cristo nella città di Rambouillet o il poster ‘per i cristiani orientali’ nella metro”. Macron, visitando la mostra “Cristiani orientali. Duemila anni di storia” all’Istituto del mondo arabo, a settembre ha evocato un “passato glorioso”. “Ma non dimentichiamo che anche i cristiani occidentali sono ora nell’elenco delle specie in pericolo” scrive Pruvot parlando di “desertificazione”. “C’è un mondo che sta scomparendo davanti ai nostri occhi. E’ il mondo dei nostri genitori con i suoi papaveri, piccoli municipi e torri secolari. Ci vorrebbe un Verlaine a cantare questo autunno della nostra civiltà”.

 

E’ in corso un passaggio di testimone di cui è stato un esempio due giorni fa, proprio nella cattedrale di Notre Dame, l’incontro fra i vertici cattolici e Mohammed al Issa, segretario della Lega Islamica Mondiale, istituzione con sede alla Mecca, addetta alla promozione dell’islam nel mondo e che ha finanziato molte moschee in Francia. Come ha scritto La Croix in una sua inchiesta, “in Francia sono stati creati tanti luoghi di culto musulmani negli ultimi trent’anni quante chiese cattoliche in un secolo”. Dall’Andalusia all’Ile-de-France, la mezzaluna smania di edificare nuove moschee. Noi non sappiamo neppure come fare a tenere in piedi le nostre chiese.

Di più su questi argomenti:
  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.