Perché si è dimesso il capo dell'esercito francese

Mauro Zanon

Prima crisi per Emmanuel Macron, il generale De Villiers lascia il suo incarico dopo aver polemizzato con il presidente sui tagli alla difesa

Parigi. Per il Monde, è una “crisi storica”. Di certo, è la prima vera crisi del quinquennio per il neopresidente francese Emmanuel Macron. Questa mattina, sorprendendo tutti, il capo di stato-maggiore degli eserciti, Pierre de Villiers, ha rassegnato le dimissioni, dopo una settimana di polemiche e tensioni altissime per l’annuncio dei tagli alla spesa militare da parte dell’esecutivo, che hanno fatto trasalire l’alto ufficiale. “Nelle circostanze attuali, ritengo di non essere più in grado di assicurare la sostenibilità del modello di esercito in cui credo per garantire la protezione della Francia e dei francesi oggi e domani, e sostenere le ambizioni del nostro paese. Di conseguenza, mi sono assunto le mie responsabilità presentando oggi le dimissioni al presidente della Repubblica, che le ha accettate”, si legge nel comunicato scritto dal generale De Villiers.

 

Tutto inizia il 12 luglio, quando l’ex capo di stato-maggiore degli eserciti, davanti alla commissione difesa dell’Assemblea nazionale, fa sapere senza troppi giri di parole cosa ne pensa dell’annuncio del premier Edouard Philippe di ridurre di 850 milioni di euro la spesa militare: “Je ne vais pas me faire baiser”, ossia “non mi faccio fottere”, perché “lo scarto tra gli obiettivi assegnati alle nostre forze e i mezzi a disposizione non è più sostenibile. Abbiamo già dato tutto”. De Villiers chiede un aumento di 2 miliardi del budget della Difesa, per arrivare a 34,8 miliardi, sulla scia delle promesse di Macron, che da candidato aveva affermato di voler consacrare il 2% del Pil alla spesa militare e non una sola volta aveva evocato l’ipotesi di tagli.

 

Ma il 13 luglio, alla vigilia della festa nazionale per la presa della Bastiglia, il capo dello stato mostra i muscoli agli Invalides e con toni fin troppo duri riafferma la sua leadership davanti agli eserciti: “Sono io il vostro capo. Non ritengo degno diffondere certi dibattiti sulla pubblica piazza - il riferimento, ovviamente, è a De Villiers, ndr –. Gli impegni che ho preso davanti ai nostri concittadini e davanti agli eserciti, so mantenerli. E a questo proposito non ho bisogno di alcuna pressione e di nessun commento”.

 

Il 16 luglio, in un’intervista al Journal du Dimanche, Macron ribadisce il concetto: “Quando nasce un diverbio tra il presidente e il capo di stato-maggiore, si cambia il capo di stato-maggiore”. I due si sarebbero dovuti incontrare venerdì all’Eliseo per un faccia a faccia. Ma De Villiers, sentitosi umiliato pubblicamente dalle parole di Macron, ha preferito mettere fine alla suspese con quarantotto ore di anticipo. È un fatto senza precedenti dal 1958, ossia dall’anno di nascita della Quinta Repubblica gollista. Mai nessun capo di stato-maggiore degli eserciti era stato spinto a dimettersi, ragione per cui le critiche nei confronti dell’inquilino dell’Eliseo, sia a destra che a sinistra, sono molto aspre. “Le dimissioni del capo di stato-maggiore degli eserciti rappresentano un fatto storico che pone due questioni estremamente preoccupanti per le nostre istituzioni”, si legge nel comunicato del gruppo Les Républicains (Lr) all’Assemblea nazionale, “la fiducia tra il presidente della Repubblica e il nostro esercito è gravemente in discussione e forse definitivamente rotta”. “Istituzioni ridicolizzate”, ha tuittato Luc Carvounas, deputato del Partito socialista, “essere stato obbligato a dimettersi è un fatto grave per i nostri eserciti e per il Parlamento che vota la finanziaria”, ha dichiarato l’ex ministra socialista Delphine Batho. Ma il commento più duro è quello di Vincent Desportes, generale dell’esercito di terra, che ha attaccato l’“autoritarismo giovanile” di Macron, che “ha fatto scoppiare una crisi latente”: “È una crisi di fiducia estremamente grave tra il capo degli eserciti e un esercito che è sconvolto, sotto choc, perché (De Villiers, ndr) è il migliore tra noi, un uomo unanimemente rispettato e apprezzato, vicino ai suoi uomini, che è stato spinto a dimettersi per un errore che non ha commesso, dopo essere stato umiliato in pubblico. È l’istituzione militare che è stata umiliata con lui la sera del 13 luglio”.

 

La Francia, dai tempi della guerra d’Algeria, non ha mai avuto così tanti soldati impegnati. È presente in tutti i teatri di guerra più complicati, dal medio oriente alla Repubblica Centrafricana, passando per il Sahel e la Libia, senza dimenticare il fronte interno con la dispendiosa operazione antiterrorismo Sentinelle. Non solo il generale de Villiers, bensì tutti gli alti ufficiali dell’esercito lamentano da oramai cinque anni la scarsità di risorse a disposizione dei soldati e le difficoltà di portare avanti operazioni di ampio raggio con mezzi che non sono all’altezza. “Dice la verità, non è un cortigiano”, ha detto l’ex coordinatore nazionale dell’intelligence francese, Didier Le Bret, a proposito del dimissionario De Villiers. Al suo posto, è già stato nominato il generale François Lecointre, fino a ieri capo del gabinetto militare del primo ministro.