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La Spagna, la Catalogna e il guaio della Ragion di stato

Giuliano Ferrara

Tra la legge che non ammette eccezioni e i catalanisti illegali che giocano al vittimismo elettorale cosa scricchiola nel quadro di riferimento materiale della politica moderna da secoli

Bel pasticcio questo degli arresti catalani. E’ nei guai la Ragion di stato, lo strumento concettuale e il quadro di riferimento materiale della politica moderna da secoli. E’ vero, come scrive El País, giornale progressista e unionista ma non propriamente un foglio di propaganda borbonica, che il rispetto della legge e dello stato di diritto non ammette eccezioni. E l’interesse dello stato spagnolo, e del popolo che esprime sovrane istituzioni democratiche, impone che sia sanzionata la sedizione separatista. Non le idee, la sedizione. Che è in questo, come si sa: invece di cercare di cambiare la Costituzione con una clausola favorevole all’indipendentismo delle regioni autonome, la maggioranza parlamentare e il governo della Generalitat di Barcellona hanno perseguito la via breve dell’unilateralismo sovversivo, indicendo un referendum sull’addio a Madrid contro il divieto del Tribunale costituzionale, utilizzando i mezzi di bilancio e della forza (i Mossos d’Esquadra) nelle mani dell’autonomia catalana per tenerlo illegalmente, e alla fine proclamando con atto pubblico solenne l’indipendenza della Catalogna, scatenando un’agitazione popolare di sostegno all’illegalità, coronando il tutto con una grottesca fuga dell’ex presidente della Generalitat a Bruxelles allo scopo di giocare la parte del governo in esilio e internazionalizzare la causa antispagnola. Tutto questo non è poco, ed è grave.

 

La legge costituzionale non può farsi intimidire dalla demagogia secessionista fatta non di idee legittime ma di fatti illegittimi e illegali. C’è però una questione non irrilevante che complica il percorso della Ragion di stato. Il secessionismo ha con sé più o meno mezza Catalogna, e questo non c’entra con la sovranità della legge ma ha influenza sull’interesse profondo della nazione e delle sue istituzioni. Inoltre, con l’applicazione dell’articolo 155 della Costituzione, non è stata decretata una emergenza sine die, con sequestro centralistico dell’autonomia catalana, anzi, sono state indette libere elezioni per il 21 dicembre, a distanza temporale ravvicinata dai fatti (il referendum scombiccherato e chiassoso si tenne il primo di ottobre, e nelle settimane successive si arrivò allo showdown della proclamazione unilaterale di indipendenza). Ora, in questo gioco elettorale che riparte, e che dovrebbe incanalare la situazione verso una specie di normalità ripristinata, almeno nelle intenzioni lodevoli del governo di Madrid, i catalanisti in carcere o in esilio giocano al vittimismo.

 

Nel conflitto di legittimità si arrogano la pretesa di denunciare come invalida la divisione dei poteri, e considerano le decisioni di giustizia come un golpe politico contro la loro libertà. Balle, ma l’immagine della libertà vittima e prigioniera contro lo stato che punisce e mette sotto tutela ha un sapore forte, e rischia di aiutare la causa anormale dei sediziosi di Barcellona. Sarebbe quindi nell’interesse dello stato, detto quel che si è detto sul profilo indiscutibilmente legale e eticamente inattaccabile degli atti del giudice Carmen Lamela dell’Audiencia Nacional, modulare il suo comportamento sanzionatorio in forme compatibili con lo spirito di pacificazione e in uno sforzo di negoziato, che non può esserci alla pari tra ribelli e gendarmi della legge, ma deve pur trovare un suo spazio nel rapporto con l’opinione catalanista in vista delle elezioni, e oltre. Il giudice Lamela ha messo dentro un sacco di membri del partito di Rajoy per violazioni di legge, e nessuno può onestamente chiedergli di ignorare totalmente la fuga di Puigdemont, l’insubordinazione allo stato di diritto, l’attiva spinta alla cospirazione antispagnola che resiste da quelle parti. Ma la Ragion di stato, più o meno come avvenne quando il giudice ribaldo Baltasar Garzón pretese di sequestrare nella gestione del diritto le prerogative della politica e degli altri poteri dello stato, richiede un di più di iniziativa politica e istituzionale, e una oculata gestione giudiziaria del caso (Madrid val bene una cauzione o una libertà provvisoria) per evitare che nascano disastri dallo schema carnefici-vittime che è nell’interesse dei sediziosi affermare nella comunicazione politica, una volta detta propaganda. Vaste programme.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.