Xi Jinping (foto LaPresse)

Il panopticon cinese

Eugenio Cau

Nei primi cinque anni di Xi la censura è peggiorata. Nei prossimi cinque andrà ancora peggio

Roma. Tutti gli analisti sono concordi nel dire che in questi cinque anni di governo di Xi Jinping il livello della censura online e della sorveglianza governativa è peggiorato, e di molto. In pochi se lo aspettavano nel 2012, quando Xi fu presentato al mondo come un leader riformatore che avrebbe mantenuto la Cina nella strada di sempre maggiore apertura economica e, in parte, politica intrapresa dai suoi predecessori. Durante tutta l’epoca di Jiang Zemin e poi di Hu Jintao, gli osservatori commentavano positivamente che non era in questione se la Cina si sarebbe infine avvicinata al modello politico e sociale dell’occidente, ma quando lo avrebbe fatto. Xi Jinping in soli cinque anni ha rovesciato tutte queste speranze e inaugurato un nuovo modello di sviluppo autoctono, in cui le libertà civili occidentali sono un ostacolo alla realizzazione del “sogno cinese”.

 

Il peso della censura e dei sistemi di sorveglianza e repressione è diventato soffocante negli anni di Xi. Internet è stato regolamentato da una legge sulla cybersicurezza approvata negli scorsi mesi che dà al governo poteri illimitati di censura e di controllo delle compagnie digitali, anche straniere. Per i cittadini cinesi è diventato molto più difficile superare il “Grande firewall” che impedisce loro di visitare i siti internet occidentali dopo che il governo ha bloccato la maggioranza delle Vpn. Negli ultimi anni, il governo ha messo in atto campagne di repressione contro tutti i possibili focolai di disturbo sociale o, più semplicemente, contro tutti i tentativi di associazione a livello di società civile. Xi ha colpito le ong straniere e i gruppi femministi. Ha lanciato una campagna contro le associazioni di avvocati che difendevano i dissidenti e ha prescritto a tutte le università e ai luoghi educativi una rinnovata e rigida osservazione dell’ideologia del Partito, anche a discapito della libertà di ricerca.

 

Il governo è stato attento a non toccare gli interessi del grosso della popolazione e a colpire solo i gruppi potenzialmente pericolosi, con il risultato che oggi la gran massa dei cinesi non si sente meno libera – anche i ricercatori indipendenti confermano che Xi è molto amato dai suoi concittadini. Ma la situazione è oggettivamente peggiorata, tanto che il corrispondente veterano Jamil Anderlini ha scritto sul Financial Times che la Cina di Xi si avvia a diventare una dittatura in senso classico.

 

L’obiettivo dei prossimi cinque anni di governo cinese, però, è molto più ambizioso di così. Nel corso del prossimo mandato, il governo punta a trasformare il sistema di sorveglianza e censura più efficiente del mondo nel panopticon descritto da Michel Foucault, un dispositivo che vede tutto in ogni momento, senza zone d’ombra. Può farlo grazie allo sviluppo delle tecnologie digitali, due in particolare. Anzitutto i big data: già da un paio d’anni sono in fase di sperimentazione in alcune province e città vari sistemi di “credito sociale” in cui i dati anagrafici, l’attività online, le transazioni finanziarie e ogni elemento tracciabile della vita privata dei cittadini dovrebbero (usiamo il condizionale perché i progetti sono ancora parziali, ma questo è l’obiettivo finale) essere contenuti in un unico database che stabilisce chi è un buon cittadino e chi no, e che garantisce servizi sociali e finanziari (prestiti, lavori pubblici e così via) sulla base dei punteggi ottenuti da ciascuno. La realizzazione di questo progetto è altalenante, di recente ha subìto una battuta di arresto quando sono state ritirate le licenze ad alcune grandi compagnie di internet per costruire il proprio sistema di credito sociale, ma tutti i segnali dicono che alla fine il governo lo realizzerà e che, anzi, sta lavorando per espanderlo. Pochi giorni fa il South China Morning Post ha raccontato che il ministero della Sicurezza pubblica sta realizzando un sistema di riconoscimento facciale automatico per tutti gli 1,3 miliardi di cinesi. Vale a dire un sistema che, attraverso telecamere, riconosce automaticamente il volto di un cittadino e lo associa al database di informazioni personali di cui sopra. Anche questo sistema è in fase di costruzione, ma è la realizzazione definitiva del panopticon: un luogo in cui nessuno può essere anonimo, in cui nessuno si può nascondere.

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  • Eugenio Cau
  • E’ nato a Bologna, si è laureato in Storia, fa parte della redazione del Foglio a Milano. Ha vissuto un periodo in Messico, dove ha deciso di fare il giornalista. E’ un ottimista tecnologico. Per il Foglio cura Silicio, una newsletter settimanale a tema tech, e il Foglio Innovazione, un inserto mensile in cui si parla di tecnologia e progresso. Ha una passione per la Cina e vorrebbe imparare il mandarino.