Guida al Congresso. Cosa cercare per capire la strategia di Xi

Eugenio Cau

Politica, economia, sicurezza e alleanze. Si apre oggi il diciannovesimo conclave del Partito comunista. No, non è uguale a tutti gli altri, anche perché il mondo intanto si è un po’ capovolto

Roma. Cinque anni fa, il 18 novembre del 2012, l’unico indizio di come stavano andando i negoziati a porte chiuse nel grande conclave della leadership cinese, nel congresso di Partito che ogni cinque anni sceglie gli uomini più potenti di Cina, era il nastro adesivo. Sette pezzi di nastro adesivo appiccicati uno di fianco all’altro sul pavimento della Grande Sala del Popolo di Pechino, da cui i giornalisti intuirono che il Comitato permanente del nuovo Politburo – vale a dire il gruppo ristretto di uomini che, dalla sommità del Partito comunista, decide i destini della superpotenza asiatica – sarebbe stato composto da sette persone. Quando i sette emersero e si mostrarono al mondo, con Xi Jinping al centro, molti rimasero sorpresi: alcune delle nomine non erano state previste dai pechinologi. Sarebbe stata solo la prima di una lunga serie di previsioni sbagliate compiute negli ultimi cinque anni, in cui Xi ha sfidato l’incredulità delle élite comuniste e dell’occidente per presentarsi al Congresso che si apre domani come dominus incontrastato del sistema cinese e – Economist dixit – uomo più potente del mondo intero.

 

Il compianto sinologo Simon Leys scrisse quasi tre decenni fa che studiare i movimenti della burocrazia comunista era “l’arte di interpretare iscrizioni che non esistono scritte con inchiostro invisibile su una pagina bianca”. Qui non azzarderemo che poche previsioni, ma cercheremo di rendere chiaro cosa potrebbe succedere, e perché.

 

Il quando, anzitutto. Il Congresso, l’abbiamo detto, inizia oggi con la cerimonia di apertura e il discorso di Xi Jinping che riassume gli ultimi cinque anni di governo. Sarà un discorso importante, che darà la misura di quello che succederà nei prossimi anni. La chiusura del Congresso è prevista per il 24 ottobre, ma il giorno chiave sarà il 25: sarà allora che saranno svelati i membri del nuovo Comitato permanente.

 

Il cosa: il Congresso del Partito comunista cinese si tiene ogni cinque anni, ma la carica di segretario generale dura dieci anni. Per Xi Jinping, segretario del Partito e presidente dello stato, questo è dunque il Congresso di mid-term: lui sarà riconfermato a un altro mandato, tutti gli altri saranno rinnovati, o quasi. Al Congresso parteciperanno 2.287 delegati, i quali eleggono i circa 200 membri del Comitato centrale del Partito. Questi, a loro volta, eleggono i 25 membri del Politburo, compresi i sette membri (ma il numero è variabile) del Comitato permanente, di cui fa parte anche il segretario generale Xi Jinping. Ovviamente i termini “votazione” ed “elezione” sono eufemismi: le cariche sono decise a tavolino in settimane, mesi e perfino anni di contrattazioni.

 

Il chi: questa è la parte difficile. Dei sette membri del Comitato permanente, cinque hanno superato il limite non ufficiale d’età di 68 anni e dovrebbero ritirarsi (vedi infografica a pag. III). Resterebbero solo lo stesso Xi e il premier Li Keqiang, che però è considerato un politico debole e inefficace, e dunque ci sono dubbi perfino su di lui. Per di più, tra i pensionandi c’è Wang Qishan, lo zar anticorruzione che a tutti gli effetti negli ultimi cinque anni è stato il secondo uomo più potente di Cina. Da mesi gira voce che il segretario potrebbe fare uno strappo alla regola e tenerlo nel Comitato permanente, perfino promuovendolo al ruolo di premier. E’ lui il vero uomo da tenere d’occhio. Chiunque sarà nominato nel Comitato permanente, si tratterà molto probabilmente di fedelissimi di Xi, di alleati provenienti dalla province dove Xi ha governato da giovane, il Fujian lo Zhejiang, la città di Shanghai. Wang sarebbe l’unico dotato della personalità e del carisma necessari per influenzare le politiche del nuovo mandato, ed è per questo che molti sperano che Xi lo faccia premier e lo metta a capo delle questioni economiche. Wang infatti è il più esperto operatore finanziario di tutta l’amministrazione cinese, con un rapporto di lavoro eccellente con gli Stati Uniti. Secondo il sinologo David Shambaugh, solo se Wang sarà premier c’è la possibilità che Xi faccia davvero le riforme necessarie al paese.

 

Il background: Xi è definito il leader cinese più potente dai tempi di Mao non per caso: negli ultimi cinque anni, grazie anche alla guerra anticorruzione, è riuscito a schiacciare le fazioni a lui avverse e a mettere i suoi uomini in molti posti di rilievo. Nel 2015 è stato nominato “commander in chief”, nel 2016 “fulcro della leadership”, e oggi il suo obiettivo è quello di inserire i princìpi della sua ideologia politica personale nella Costituzione, come successo con Mao Zedong e Deng Xiaoping, i due padri della patria comunista. In quel grande rituale che è il Congresso, l’unica variabile che vale davvero la pena misurare è quanto sarà forte lo strapotere accentratore dell’uomo più potente del mondo.

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  • Eugenio Cau
  • E’ nato a Bologna, si è laureato in Storia, fa parte della redazione del Foglio a Milano. Ha vissuto un periodo in Messico, dove ha deciso di fare il giornalista. E’ un ottimista tecnologico. Per il Foglio cura Silicio, una newsletter settimanale a tema tech, e il Foglio Innovazione, un inserto mensile in cui si parla di tecnologia e progresso. Ha una passione per la Cina e vorrebbe imparare il mandarino.