Martin Schulz (foto LaPresse)

In Bassa Sassonia ognuno sogna una rivincita, soprattutto Schulz

Daniel Mosseri

Domenica al voto, testa a testa tra socialdemocratici e cristianodemocratici. Il leader dell’Spd dice che comunque vuole restare

Berlino. Il voto in Bassa Sassonia era in programma per il gennaio del 2018, ma una deputata ecologista è passata al gruppo della Cdu e ha mandato in frantumi la risicata maggioranza rosso-verde del Ministerpräsident socialdemocratico Stephan Weil, che aveva un solo seggio di differenza. Il voto è stato così fissato per domenica 15 ottobre, una “rivincita” delle elezioni di tre settimane fa per il rinnovo del Parlamento federale. Tutti devono vincere. Se la Cdu non lo fa, la cancelliera Angela Merkel perderebbe un’occasione di consolidare il partito dopo il -8,5 per cento di fine settembre (ma non sarà una tragedia: ad Hannover il suo partito resterà all’opposizione). Martin Schulz non può invece farsi sfilare il terzo governo regionale socialdemocratico di fila: da quando l’ex presidente del Parlamento europeo ha assunto la guida del partito (a marzo), l’Spd ha perso la guida prima dello Schleswig-Holstein (7 maggio), poi del Nord Reno-Vestfalia (14 maggio), fino alla sconfitta a livello federale. Schulz però ha intenzione di restare: vuole ricandidarsi alla testa dell’Spd al congresso di dicembre, e la decisione “non dipende dall’esito di alcuna elezione statale”. Ma la necessità di una vittoria elettorale è evidente.

 

E’ anche vero però che solo il voto nel Nord Reno-Vestfalia, Land con 17,9 milioni di abitanti e 13,2 milioni di elettori, può essere considerato una prova generale delle elezioni federali. Gli altri stati federati fanno storia a sé. In Bassa Sassonia, regione prevalentemente agricola eppure detentrice del 20,2 per cento del gruppo Volkswagen, la partita è aperta: il governatore uscente è un politico popolare e stimato, e i sondaggi dicono che Stephan Weil sbaraglierebbe lo sfidante cristianodemocratico Bernd Althusmann 49 a 29 se esistesse l’elezione diretta del premier regionale. Poiché Spd e Cdu sono oggi appaiate al 33 per cento, i conti vanno però fatti anche con i possibili partner di coalizione: Verdi e Linke per i socialdemocratici, liberali per la Cdu. Senza dimenticare i socialcomunisti: la Linke si batte per superare la soglia del 5 per cento. Weil non ama i socialcomunisti ma non esclude di formare un governo rosso-rosso-verde se i numeri lo renderanno necessario. Allo stesso modo i Verdi non sembrano ben disposti a unirsi alla Cdu dopo che il cambio di casacca della deputata Elke Twesten ha provocato la crisi di governo ad Hannover. Nessuna combinazione è però esclusa. Come ricorda Niels Diederich, decano dei politologi della Freie Universität Berlin, “in Germania il primo principio della politica afferma che ogni partito democratico è libero di coalizzarsi con un altro partito democratico”. Ecco spiegate le coalizioni Kenya (nero-rosso-verde), Giamaica (nero-giallo-verde) o semaforo (rosso-giallo-verde) che colorano il cielo più o meno grigio di alcune città tedesche. Il gioco ovviamente non riguarda l’Alternative für Deutschland (sebbene la Cdu si tenga ben lontana anche dai socialcomunisti). Alle comunali di un anno fa in Bassa Sassonia, la formazione xenofoba ha sfiorato l’8 per cento ma i sondaggi la situano oggi attorno al 7: ad Hannover l’accesa campagna elettorale è incentrata su scuola e formazione, temi che lasciano l’AfD ai margini del dibattito. In Bassa Sassonia il trend è diverso da quello federale: nel giro di due mesi la Cdu di Althusmann, che non è un grande oratore, ha perso dieci punti di vantaggio sulla Spd di Weil. La Cdu, dunque, cala ma tiene le posizioni di quattro anni fa mentre i socialdemocratici, in lieve crescita sul 2013, continua a sperare.

 

La cancelliera ha convocato Verdi e liberali per i colloqui per la coalizione di governo. Nel 2013 ci vollero 86 giorni per la stesura del programma della grande coalizione. Il chief of staff di Merkel, Peter Altmaier, auspica a questo giro tempi più brevi.

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