Per non perire di Brexit

Redazione

Stallo nei negoziati con l'Unione europea. Perché è necessario valutare un “periodo addizionale”

Il negoziato sulla Brexit, come previsto, è arrivato a un punto di rottura sul conto che il Regno Unito deve pagare per uscire dall’Unione europea. Nel quinto round di trattative tra Londra e Bruxelles, che si è chiuso ieri, “non sono stati fatti grandi progressi”, ha detto il capo negoziatore per l’Unione europea, Michel Barnier. Ma dimenticate i diritti dei cittadini e l’Irlanda. E’ sull’accordo finanziario che c’è “una impasse estremamente preoccupante”, ha spiegato Barnier, annunciando di non essere in grado di raccomandare ai capi di stato e di governo, la settimana prossima, di passare alla seconda fase dei negoziati sul periodo di transizione e le relazioni future, come invece chiede il premier britannico, Theresa May. Il capo negoziatore inglese, il ministro per la Brexit David Davis, ha risposto lanciando un appello ai capi di stato e di governo dell’Ue a 27 affinché allarghino il mandato di Barnier e gli permettano di essere più flessibile su sequenza e contenuti dei negoziati. Fatica sprecata: Barnier avrebbe voluto inviare un segnale di apertura a Londra, ma è stato bloccato da Francia e Germania che insistono per la linea dura. Lo stallo è dunque totale e al Consiglio europeo del 19 e 20 ottobre i leader dei 27 si limiteranno a prenderne atto.

 

Il Regno Unito ha molte colpe per il vicolo cieco in cui si è infilato. La scelta della Brexit è quella democratica e sovrana dei britannici, certo. Ma la May ha sbagliato ad attivare così presto l’articolo 50, senza avere il consenso del paese e nemmeno dei conservatori, su che tipo di Brexit perseguire. Barnier e Davis vivono in mondi separati: il primo con le mani legate dal mandato, il secondo rinchiuso nella tattica. A meno che May non capitoli sul “Brexit bill”, non ci saranno “progressi sufficienti” nemmeno alla prossima scadenza, che è il Consiglio europeo di dicembre. Del resto Davis e Barnier hanno iniziato a parlare di un “no deal”. Il governo ha il dovere di “pianificare tutti gli scenari”, ha detto Davis. “Un mancato accordo sarà un pessimo accordo”, ma “per parte nostra saremo pronti a fronteggiare ogni eventualità”, ha risposto Barnier. In questo contesto, più che del “periodo di transizione” che ha monopolizzato l’attenzione delle ultime settimane, questi negoziati hanno bisogno di un “periodo addizionale”. Mettere l’orgoglio da parte, azzerare i contatori e prolungare le trattative oltre i due anni previsti dall’articolo 50 e che scadranno il 29 marzo 2019 è una cosa ragionevole da valutare per evitare una Brexit catastrofica per tutti.

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