All'Unesco comandano i carnefici di Liu Xiaobo, Asia Bibi e dei dissidenti iraniani

Giulio Meotti

La francese Audrey Azoulay eletta segretaria generale. Gli aguzzini della cultura a Place de Fontenoy

Roma. Scossa dall’uscita annunciata di Stati Uniti e Israele, l’Unesco si prepara ad accogliere il nuovo segretario generale, l’ex ministro della Cultura francese, Audrey Azoulay, eletta venerdì sera. La crisi con l’America e lo stato ebraico si è consumata stavolta sui “pregiudizi anti israeliani” palesi da parte dell’agenzia dell’Onu per la cultura, l’educazione e la scienza (le risoluzioni antisemite su Gerusalemme e Hebron). Ma c’è di più. C’è che nel board esecutivo dell’Unesco, l’autogoverno dell’agenzia, siedono alcuni dei regimi più oppressivi della terra per la cultura.

 

C’è il Libano, che ha appena arrestato il regista Ziad Doueiri all’aeroporto di Beirut di ritorno dalla mostra del cinema di Venezia. Doueiri è stato accusato di “collaborazionismo con Israele” per aver girato alcune scene nello stato ebraico. C’è la Cina, che ha appena lasciato morire in carcere Liu Xiaobo, lo scrittore e premio Nobel, l’autore di Carta 08, manifesto per la democrazia in Cina, condannato a undici anni di detenzione per “istigazione alla sovversione”, passato anche dai campi di rieducazione al lavoro. La morte in carcere di un poeta ha riportato alla memoria il terribile Novecento di Osip Mandel’stam, Isaak Babel e Dietrich Bonhoeffer.

 

All’Unesco c’è l’Iran, dove Rahim Safavi, capo dei pasdaran della Repubblica islamica, aveva promesso: “Dovremo tagliare la gola a qualcuno e la lingua a qualche altro”. La Repubblica islamica è oggi la più grande persecutrice al mondo di scrittori, poeti, editori. Come il poeta Said Sultanpour, rapito il giorno del matrimonio del figlio e ucciso in prigione a Teheran. L’Iran di Siamak Pourzand, che si è gettato dal sesto piano della sua abitazione a Teheran. Era uno scrittore e un decano del giornalismo iraniano, accusato di aver dichiarato la “guerra contro Dio” e di “consumo di vino”. Scriveva per la rivista francese di critica cinematografica Cahiers du Cinéma. C’è l’Algeria, dove gli imam sono liberi di condannare a morte scrittori come Kamel Daoud. Ci sono paesi, come Camerun, Ciad, Oman, Sudan e Uganda, dove scrittori, poeti e giornalisti sono gettati in carcere e perseguitati soltanto per sillabare qualcosa di ironico sui regimi al potere, dove non esiste libertà editoriale, accademica, letteraria. C’è il Pakistan, il paese dove una donna cristiana, Asia Bibi, sconta in carcere la propria condanna a morte da viva, “rea” di blasfemia, con la famiglia che si nasconde, l’avvocato minacciato di morte, governatori e ministri uccisi perché intervenuti a sua difesa. C’è l’Egitto, dove scrittori come Ahmed Naji, l’autore del romanzo “Using life”, sono arrestati e imprigionati per “oscenità”, per aver descritto la vita sessuale degli egiziani. C’è il Qatar, dove il poeta Rashid al Ajami ha scontato tre anni di prigione per aver composto una poesia critica del sovrano, l’emiro al Thani.

 

Negli anni Ottanta, Stati Uniti e Inghilterra uscirono dall’Unesco di fronte al grottesco più assurdo propugnato dall’Unione sovietica e dai suoi alleati. Mosca era riuscita a imporre all’ordine del giorno un orwelliano “nuovo ordinamento mondiale dell’informazione e della comunicazione”, in cui l’Unesco propugnò il filtraggio delle notizie attraverso Minculpop nazionali, discriminando fra le notizie “utili” ai cittadini e quelle “nocive”. Trent’anni dopo, le satrapie africani e mediorientali sono riuscite a impossessarsi a loro volta della cittadella della cultura, usando la propria posizione per mettere a tacere le critiche ai propri regimi e ideologie, comuniste e islamiste. Nell’emiciclo di Place de Fontenoy, dove c’è la sede dell’Unesco a Parigi, costruita da Pier Luigi Nervi con gli affreschi di Pablo Picasso, oggi comandano i carnefici della cultura.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.