Un'inchiesta spiega perché all'islam in Francia tutto è perdonato
L’accusa di islamofobia è un’arma. Judith Waintraub ci spiega come la gauche ha sviluppato una “cultura delle scuse”
Roma. Gli agenti d’influenza dell’islam. Titola così l’ultima edizione del Figaro Magazine, in edicola da venerdì scorso, che ha pubblicato una lunga inchiesta su politici, intellettuali e associazioni che vedono “il musulmano come nuovo oppresso” da difendere contro le accuse razziste di una parte dell’opinione pubblica. La tesi della rivista conservatrice è che non si possa più evidenziare i legami tra terrorismo e religione islamica senza passare per islamofobi, razzisti e reazionari. La laicità, strumento francese che ha espulso la religione dallo spazio pubblico, che vieta il velo integrale come il presepe nelle scuole, sarebbe diventata ad esempio, secondo lo storico Jean Baubérot “un mezzo per stigmatizzare i musulmani”. Geoffroy de Lagasnerie, sociologo e filosofo, dalle colonne di Libération ha giustificato l’assalto e l’incendio di una volante della polizia, visto che gli autori dell’aggressione non facevano altro che “esprimere un’inquietudine e una collera collettiva”. Non è solo Libé a dare spazio a interpretazioni simili, Edwy Plenel, cofondatore della rivista Mediapart, ritiene che “oggi l’islam sia diventato il capro espiatorio principale nei discorsi di molti intellettuali, politici e giornalisti”.
Judith Waintraub, la giornalista che ha scritto l’inchiesta, ha spiegato in una chiacchierata con il Foglio perché ha deciso di occuparsi del tema e raccogliere dichiarazioni, comportamenti e prese di posizione di una parte dell’opinione pubblica francese. “In Francia è sempre esistita una sorta di ‘cultura delle scuse’, la tendenza a trovare giustificazioni per gli atti di violenza della comunità musulmana. Credevo che dopo la moltiplicazione degli attentati questo atteggiamento scomparisse, e invece si è rafforzato, arrivando persino in Parlamento. Ecco perché ho sentito il bisogno di sottolinearlo, è necessario rendersene conto”.A proposito di “teoria della giustificazione”, il candidato socialista alle presidenziali, Benoît Hamon, cercò di minimizzare quanto accadeva in una serie di bistrot gestiti da musulmani della periferia parigina che non ammettevano donne: “Storicamente anche nei caffè operai non c’erano donne”, commentò. Dopo giorni di polemiche Hamon fece marcia indietro, riconoscendo l’errore e spiegando di aver soltanto voluto dire che il “sessismo non è appannaggio dell’islam”.
Secondo Waintraub però, è con l’exploit elettorale della France insoumise di Jean Luc Mélenchon che discorsi del genere sono diventati patrimonio di una forza politica ben rappresentata e al centro del dibattito politico. La settimana scorsa Daniéle Obono, deputata insoumise, ha difeso un conducente di autobus musulmano che si era rifiutato di guidare il suo mezzo dopo che l’aveva fatto una donna: “Quest’uomo ha un pregiudizio nei confronti delle donne, ma che cosa c’entra il radicalismo?”, ha dichiarato su Bfm tv. “In politica il discorso giustificazionista era confinato al Nouveau parti anticapitaliste, una formazione di sinistra radicale marginale”, dice Waintraub. “Oggi la France insoumise ha sdoganato queste invettive. Basta vedere la campagna elettorale violentissima che ha subìto Manuel Valls nella sua circoscrizione alle legislative, attaccato proprio perché portatore di una laicità senza compromessi.
La sua avversaria ha ricevuto il sostegno di Dieudonné (un comico condannato per antisemitismo e apologia del terrorismo, candidato nella stessa circoscrizione) senza mai dissociarsi apertamente.” Manuel Valls, che si è distinto negli anni per un discorso molto netto sui temi dell’integrazione, è in effetti una delle personalità politiche più attaccate dalla sinistra radicale e dalle associazioni islamiche. Intervistato nello stesso numero dal Figaro Magazine, ha definito la France insoumise una formazione “islamogauchiste”, a tratti complice con l’islam politico: “Quando si mettono sullo stesso piano dei passaggi violenti dell’Antico Testamento e i sermoni degli imam radicalizzati, si è complici e colpevoli. Non è in nome dell’Antico Testamento che si uccide in Francia e nel mondo oggi, è in nome dell’islam radicale. Questi discorsi della sinistra radicale sono un attacco in piena regola al nostro modello repubblicano”. “La violenza nei confronti di Valls è inaccettabile”, dice Waintraub. “Un deputato della France insoumise, Ugo Bernalicis, ha respinto la definizione di Valls dicendo che lui non tratta l’ex primo ministro come un ‘giudaico-fascista’ a causa delle sue amicizie con la destra israeliana. Insomma, l’antisemitismo è ancora presente, anche se si fa finta di non vederlo”. La cultura delle scuse non è una retorica presente solo a sinistra, spiega la giornalista, esistono alcuni sindaci di destra che portano avanti discorsi simili per preservare “la pace sociale” nei loro comuni, ma nessuno di questi viene costantemente invitato in televisione, e soprattutto non ha un seguito comparabile tra i propri simpatizzanti: “In Francia il senso di colpa per il nostro passato coloniale incide molto, ed è un sentimento che si riscontra soprattutto a sinistra. La gauche, dopo il crollo del comunismo e la fuga degli operai verso il Front national, non aveva più un oppresso di cui farsi paladina. Ecco perché ha scelto il musulmano, ed ecco perché si moltiplicano le frasi come ‘questo non ha nulla a che vedere con l’Islam’”.
Queste stesse persone, ci spiega, non si scandalizzano quando Charlie Hebdo pubblica copertine contro la religione cattolica, proprio perché per l’approccio francese non c’è sacro che tenga. “In Francia è accettabile tutto, tranne che criticare o prendere in giro l’islam. Quando lo si fa, ecco che si è razzisti o islamofobi”, attacca Waintraub. Per la giornalista parte dei discorsi ambigui nei confronti dell’islam politico, specialmente da parte della France insoumise, è fondata su un calcolo elettorale: “Loro credono di parlare all’elettorato musulmano. Ma è un calcolo sbagliato, perché la maggior parte della comunità musulmana francese rigetta questo discorso complice con le frange più estreme”. Judith Waintraub è stata molto attaccata per l’articolo, specialmente su Twitter. Le chiediamo se era preparata alla violenza di alcuni commenti: “Si figuri, so che non è normale, ma è logico. Una donna, ebrea, che scrive su una rivista di destra e mette in discussione la retorica benpensante del momento. Io ho fatto solo il mio lavoro, gli attacchi fanno capire che non ho inventato nulla”.
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