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Il piano per riportare Cesare Battisti in Italia

Angela Nocioni

Così si cerca di aggirare il problema del decreto presidenziale firmato da Lula che respinge la richiesta d’estradizione italiana

Una gran fretta. C'è un piano concordato per estradare Cesare Battisti e rispedirlo in Italia prima possibile. Un aereo delle forze armate è già pronto da giovedì per decollare alla svelta dal Mato Grosso, confine brasiliano con la Bolivia, per portare l'ex terrorista in Italia a scontare le sue condanne per quattro omicidi.

 

Come si aggira il problema dell’esistenza di un decreto presidenziale firmato il 31 dicembre 2010 dall’allora presidente della Repubblica Lula da Silva che respinge la richiesta d’estradizione italiana? Con un nuovo decreto presidenziale (pronto da giorni, manca solo la firma del presidente Michel Temer che ha già dato parere favorevole).

 

Come si risponde a chi contesta che dopo cinque anni un decreto presidenziale non può essere modificato? Non si risponde, per ora. E a chi contesta l’inappellabilità di un rifiuto all’estradizione già espresso da un presidente, considerandola decisione definitiva e immodificabile, si risponde nel modo seguente: nel 2009 il Tribunale supremo s’è espresso favorevolmente alla estradibilità di Battisti, fu il presidente Lula a negare l’estradizione con una decisione legittima dell’esecutivo, decise cioè di non estradare una persona considerata estradabile perché ciò rientrava nei poteri del presidente; ora c’è un nuovo presidente che di fronte a una richiesta di estradizione si attiene al giudizio di estradibilità già espresso dal Tribunale supremo nel 2009 e firma un nuovo decreto.

 

Perché tanta fretta? Perché probabilmente si vuole evitare che salti fuori un giudice che dica: “Fermi un attimo, siete certi che il decreto presidenziale si possa ribaltare? Prima di imbarcare di gran corsa quest’uomo su un aereo, verifichiamo la correttezza della sentenza del giudice che ne ha convalidato l’arresto”. E poiché la procedura è discutibile e la sentenza di convalida tutt’altro che impeccabile, le possibilità di un’estradizione express si ridurrebbero.

 

O Globo, giornale che aveva già preannunciato l’accordo tra Italia e Brasile per rispedire a Roma Battisti, ha scritto che il Brasile avrebbe chiesto e ottenuto l’assicurazione che Battisti non sconti l’ergastolo, ma trent’anni. Ma questo è avvenuto altre volte, con altri estradati. È quasi una prassi.

 

E comunque c’è un altro ostacolo all’estradizione. Il giudice monocratico del Tribunale supremo federale, Luis Fux, non si è ancora espresso sul ricorso della difesa contro la sentenza di convalida del fermo, considerata illegale perché esportare valuta (1300 euro e 6000 dollari trovati addosso a Battisti al confine con la Bolivia) è un illecito amministrativo che non prevede l’arresto e, dicono gli avvocati, non ci sono gli estremi per l’imputazione di riciclaggio. Attraversare il confine, nella condizione in cui era mercoledì Battisti, ossia con uno status di libero cittadino straniero con permesso di permanenza permanente, non è reato. Gli avvocati contestano anche la veridicità della dichiarazione della polizia che dice di aver trovato un rimasuglio di cocaina, e parlano di montatura. Chissà. Certo è strano e estremamente pericoloso entrare con della cocaina in Bolivia dove, di sicuro, la droga non manca. Per di più se ci si chiama Cesare Battisti e si sta cercando di scappare per cercare nuove protezioni oltre frontiera, accompagnati da un amico avvocato, perché si è saputo che tira aria di estradizione. Da notare che Battisti è stato fermato due volte quel giorno. Prima lungo la strada, quando ha detto che stava andando a pescare. E poi alla frontiera.

 

Intanto la difesa di Cesare Battisti ha avanzato un nuovo ricorso alla Corte suprema, chiedendo che venga analizzata “con urgenza” la richiesta di habeas corpus per il loro assistito presentata allo stesso tribunale lo scorso 27 settembre.

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