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L'immigrazione condiziona il governo Merkel. Ma forse c'è già una soluzione

Daniel Mosseri

La cancelliera tedesca deve affrettarsi a formare un governo e una nuova proposta dei liberali potrebbe aiutarla

Berlino. Il tempo lavora contro Angela Merkel. Se la Costituzione tedesca non le mette fretta, altri fattori la obbligano a lavorare a ritmi serrati. In Germania ogni Land vota in un momento diverso e il 15 ottobre tocca alla Bassa Sassonia, capitale Hannover, un’ora e mezzo di treno a ovest di Berlino. Allo scopo di riscattare il 33 per cento appena raccolto, la Cdu merkeliana tenta di rovesciare il governo rosso-verde al potere in quel Land. L’operazione non è impossibile: la Bassa Sassonia è abituata all’alternanza e gli ultimi sondaggi danno l’accoppiata Cdu-liberali al 42 per cento contro il 41 di Spd e Verdi. Per essere credibile, il partito cristianodemocratico deve però presentarsi. La Cdu è invece divisa fra i centristi della cancelliera e l’ala conservatrice particolarmente scottata dal recente -8,5 per cento attribuito proprio a Merkel. Intanto scricchiola la sedia del segretario generale Peter Tauber. Il suo tentativo di trasformare la Cdu in un partito “più giovane, più plurale e più al femminile” è fallito, sentenzia la testata conservatrice Cicero nel ricordare anche l’errata valutazione del pericolo AfD. Anche la rielezione di Volker Kauder a capogruppo Cdu/Csu dà il segno che il mal di pancia nei due partiti di ispirazione crisitiana non è passeggero: eletto dal 2005 con oltre il 90 per cento dei consensi, Kauder è stato riconfermato con il no di 53 deputati e l’astensione di sei sui 239 del gruppo.

 

Su tutte, è la questione immigrazione a dividere il primo partito tedesco, anche su base geografica. Alle elezioni i cristianosociali bavaresi (Csu) hanno fatto peggio di tutti, perdendo il 10,5 per cento. Investiti direttamente dagli arrivi dei profughi attraverso il confine con l’Austria dal settembre del 2015, gli elettori hanno punito il leader del partito e governatore statale Horst Seehofer. Per mesi Seehofer ha alzato la voce contro la politica di accoglienza della cancelliera, minacciando sconquassi e ricorsi alla Corte costituzionale a tutela degli interessi del Libero Stato di Baviera, ma non ha ottenuto nulla in cambio. Eppure non chiedeva la chiusura delle frontiere ma un tetto all’accoglienza, die Obergrenze, a quota 200 mila rifugiati l’anno. Nell’ottobre dello scorso anno, la tensione era tale che per la prima volta Merkel non si è presentata al congresso della Csu. La questione profughi è cruciale anche per la costruzione del governo con liberali e Verdi. La Csu e l’ala destra della Cdu vogliono che il quarto mandato della cancelliera – Merkel IV – fissi la tanto attesa Obergrenze, i Liberali sono formalmente contrari, il resto della Cdu tace, e i Verdi si oppongono con forza. “A un governo che fissi un limite agli arrivi noi non parteciperemo”, ha detto la co-presidente degli ecologisti Simone Peter. Merkel tuttavia non può temporeggiare: rischia di perdere la Bassa Sassonia prima e di destabilizzare la Baviera poi (autunno 2018).

 

A dare una mano alla cancelliera è giunta in queste ore una proposta dei liberali (Fdp). Merkel ha ceduto loro il ministero delle Finanze candidando l’attuale titolare Wolfgang Schäuble alla presidenza del Bundestag. I liberali ringraziano proponendo un compromesso: da un lato rifiutano ogni tetto all’accoglienza nel rispetto della Costituzione tedesca e delle convenzioni internazionali; dall’altro la segreteria generale dell’Fdp, Nicola Beer, ha chiesto “una legge che ci permetta di decidere quanti immigrati possano accedere al mercato del lavoro”. Beer ha suggerito di “riflettere con gli altri partiti su quali limiti fissare e quali parametri utilizzare”. Galvanizzati dal ritorno al Bundestag con un comodo 10,7 per cento, i liberali spiegano ai possibili partner di governo che “l’integrazione non sta funzionando tanto bene e molti cittadini sono affaticati”. Da cui la proposta, ancora in lavorazione, di una legge per scegliere gli immigrati più qualificati e che meglio si integreranno. Si tratta del modello a punti mutuato dai sistemi canadese e australiano e già parte del repertorio elettorale di AfD. Sì ai profughi per fare contenti i Verdi e legge più dura sull’immigrazione. Se va bene all’AfD, può piacere anche alla Csu.

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